"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

giovedì 29 dicembre 2011

CENTRALI TERMICHE A CIPPATO: INQUINANTI ED ANTIECONOMICHE

"Poco più di un anno fa mi sono collegato in video conferenza ( con SKIPE) con il comitato "No Centrali a Biomasse" di Villadossola, a pochi chilometri da Domodossola. Durante la conferenza ho chiarito come le biomasse siano un combustibile povero e inquinante e che la prassi consueta di quasi tutti gli impianti a biomasse che si propongono in Italia, sia quella di buttare letteralmente all'aria, come calore non utilizzato, oltre il 70% dell'energia termica delle biomasse bruciate."              (Federico Valerio)
Quello cui fa qui riferimento Federico Valerio, noto chimico Genovese, sono inceneritori a cippato di legna per produrre energia elettrica e per incamerare certificati verdi da incentivi pubblici. 
Impianti, sottolinea, che lasciano inutilizzato il 70% dell'energia termica prodotta.
Federico Valerio afferma comunque che tutti gli inceneritori a legna bruciano un combustibile povero ed inquinante.
Lo prendiamo in parola e andiamo oltre. Sosteniamo che sono inquinanti ed antieconomici anche i piccoli inceneritori sorti per produrre solo energia termica. Per intenderci, quelli sotto il Mw di cui Regione e Provincia stanno finanziando l'installazione in tutto l'Appennino. 3 sono già funzionanti e 5 sono già stati finanziati. Dall'Olio, funzionario della Provincia e candidato alle primarie del Pd, ha firmato un documento che comproverebbe la larga disponibilità di legna utilizzabile dal punto di vista energetico nonostante i massicci tagli dovuti alla speculazione sulla legna da ardere, arrivando ad affermare che di tali inceneritori a cippato se ne potrebbero installare, senza problemi, addirittura una trentina nei borghi del nostro Appennino.
Gli argomenti addotti per giustificare tale scelta sono ormai dei mantra, frasi fatte ripetute ad ogni piè sospinto e ritenute certezze intoccabili. Sarebbe il caso, invece, di sottoporli a giudizio critico.

il primo mantra è dato dalla certezza che la combustione delle biomasse non contribuisca all'effetto serra. Viene detto che la stessa CO2 assorbita durante la crescita viene restituita durante
la combustione. Cioè sarebbero impianti a somma zero di emissioni CO2.
In astratto è vero : la CO2 emessa è quella incorporata nel legno. 
Ma non si considera il fattore tempo. In natura le piante hanno una vita di molte decine di anni e ne impiegano altrettanti, una volta morte, a seccarsi, marcire, diventare humus e rilasciare CO2. 
Nel concreto dalla combustione di cippato di legna viene emessa anidride carbonica in quantità industriale che gli ettari di bosco, tagliati per fornirlo, impiegheranno anni prima di avere la massa arborea sufficiente a ricatturare la stessa quantità di CO2 di prima.

il secondo mantra è dato dalla certezza che una centrale termica a cippato, fornendo teleriscaldamento in sostituzione delle vecchie caldaie a legna delle case, abbia emissioni meno nocive di queste e che l'aria dei borghi in inverno diventi addirittura più salubre.
Sbagliato. La gente ha già provveduto in questi ultimi anni a dotarsi di moderne caldaie funzionanti sia a pellet che a legna, con abbattimento dei fumi. La caldaia è programmata per accendersi automaticamente col pellet ed è poi rifornita manualmente di legna durante la giornata. Il pellet ha un contenuto idrico dell'8%. La legna usata è secca, stagionata due anni, ha un contenuto di umidità inferiore al 20% e produce basse emissioni, ulteriormente abbattute dal filtro della caldaia. 
La centrale a biomassa, al contrario, brucia cippato fresco con umidità del 50-60%. Produce una cattiva combustione con eccessi di fumi e con residui di ceneri anche del 5%. Ma soprattutto supera ampiamente il range massimo di 100 mg/m3 di polveri previsto dalla normativa nazionale.     
L'ingegner Saviano della SIRAM, la ditta costruttrice della centrale a cippato dentro l'ospedale di Borgotaro, ha dovuto inventarsi alchimista per dosare la quantità di calore della caldaia a metano con quella della caldaia a cippato in modo che questa avesse la minor quantità di emissioni e di ceneri possibile per un ospedale e ha dovuto approviggionarsi di cippato di legna stagionata, per non dover servirsi di cippato fresco, così difficile da bruciare e così inquinante.

Il terzo mantra è dato dalla certezza del risparmio con la centrale a cippato.
Forse è vero rispetto al gasolio che si usava prima, ma non rispetto ad altre possibilità.
Il costo di una centrale come quella di Palanzano, con due caldaie da 350 Kw l'una, è di 426.000 euro e il costo di quella di Monchio, da 926 Kw, è di 650.000 euro. Il costo aggiuntivo della rete di teleriscaldamento è di 500 euro al metro. Monchio ha già speso 100.000 euro solo per una parte della rete di teleriscaldamento. Il comune di Palanzano, viste le conseguenze nel bruciare cippato fresco : grandi emissioni di fumi e grosse quantità di ceneri, è passato a bruciare pellet. Costa di più ma rende molto di più, ha emissioni e ceneri 10 volte inferiori al cippato fresco. Forti di questa esperienza avrebbero risparmiato molto di più mettendo caldaie a pellet in ognuno dei 5 fabbricati del comune, senza bisogno dei costi del teleriscaldamento. Una caldaia automatica a pellet da 60 Kw di potenza, capace di riscaldare una superficie di 800 m2, costa 36.000 euro( iva e installazione comprese), detraibili al 55% in 10 anni. Il costo reale diventerebbe di 16.000 euro.
Con neanche 100.000 euro avrebbero risolto il problema e avrebbero potuto destinare il resto dei finanziamenti  regionali ad interventi di ristrutturazione per il risparmio energetico, creando così anche lavoro.

- il quarto mantra è che non si intacca il patrimonio forestale perchè il cippato deriva solo dalla pulizia dei boschi. Falso. La pulizia dei boschi la si faceva una volta quando la legna era poca e la gente tanta. Ora non la fa più nessuno, tantomeno i boscaioli o le cooperative di taglio. 
Il cippato fresco, anzi, deriva proprio dal taglio meccanizzato del bosco, dall'esbosco a pianta intera, con cui il tronco diventa tondame da lavoro e i rami e il cimale, una volta tagliati, vengono subito cippati con foglie e tutto il resto. Per un tale taglio meccanizzato è prevista anche l'apertura di nuove strade e quindi un'ulteriore rimaneggiamento del bosco ed una sua maggiore esposizione al taglio generalizzato già in atto per la speculazione sulla legna da ardere che ha già superato la sostenibilità e che sta intaccando la rinnovabilità.

Il quinto mantra è che l'investimento strutturale nel teleriscaldamento sia necessario nei piccoli borghi perchè gli anziani non sono più in grado di essere autonomi nemmeno a casa loro. Risibile. Per chi non ce la fa ci sono le case di riposo attrezzate.
Sono necessari, invece, investimenti strutturali per creare lavoro, cosa che le centrali a cippato non fanno minimamente. Investimenti per la ristrutturazione dei borghi finalizzata al risparmio energetico ed alla ricezione agrituristica ed ospitativa, capaci di creare lavoro nell'edilizia e nell'indotto e a seguire nel turismo, ormai moribondo.

Ma nella nostra montagna, altrettanto grave dell'abbandono dei borghi e della mancanza di lavoro
è il taglio dei boschi causato dalla speculazione sulla legna da ardere. Le tonnellate di cippato che bruceranno nelle decine di future centrali termiche si andranno a sommare alle migliaia di tonnellate di legna che ogni anno vengono portate via su camion, con grave dissesto per i boschi, i versanti dei monti e le strade delle valli. 
Su circa 300.000 tonnellate potenzialmente prelevabili dai boschi del nostro Appennino, stando ai dati delle comunità montane, nel 2009 ne sono state effettivamente tagliate 190.000, sotto la voce di autoconsumo. Ma questa parola in borghi semiabbandonati è ormai un eufemismo, valida quando le case erano tutte abitate, ma non certo ora che lo è una casa su quattro.
Tutta quella legna viene portata via dal nostro territorio e venduta a caro prezzo chissà dove. 
Il prezzo di mercato della legna da ardere stagionata 3 mesi è di 11 euro al quintale, arriva anche a 18 euro se stagionata 2 anni. 
Di quei soldi in montagna resta ben poco.  Gli anziani dei borghi che fanno tagliare i loro boschi di proprietà incamerano solo 1.000 euro all'ettaro. 
La gran parte dei soldi del taglio finisce però giù in città.  
A coloro che vi si sono trasferiti da tempo e che hanno conservato la proprietà della casa e di appezzamenti boschivi. Certo, qualche boscaiolo in ogni borgo mette in tasca un pò di più, 4 o 5.000 euro per ogni ettaro tagliato, ma non si arricchisce di sicuro col sudore della sua fronte. 
Nè quel pò di euro in più che girano per i borghi ne cambiano l'assetto economico.
Ma soprattutto finiscono nelle tasche dei commercianti e grossisti della filiera del legno che non torneranno certo ad investirli lassù.
I dati degli ettari richiesti al taglio nel 2011 non sono ancora disponibili, ma non lo sono nemmeno quelli del 2010, nonostante siano stati richiesti per un anno intero. Tutti i boscaioli dicono che si è tagliato molto di più, forse molto più del doppio e che sono nate delle aziende che hanno assunto in nero extracomunitari che tagliano a più non posso e pagati un tanto a m3. 
A confermare l'enormità dei tagli e il mancato rispetto spesso delle regole minime sono le parole stesse del sindaco Bovis di Langhirano ad un'assemblea aperta del Pd sullo stato della montagna del settembre scorso : " Se dovessimo punire quest'anno chi ha sgarrato dalle regole dei tagli, dovremmo comminare ammende per alcune decine di migliaia di euro. Ma non so se è il caso di farlo : alcune aziende fallirebbero."
Ma se i tagli hanno ormai superato la sostenibilità e stanno intaccando la rinnovabilità dei nostri boschi, non si può più accettare che le autorità amministrative impongano il silenzio ai funzionari preposti. La risorsa verde dei boschi non è "il nuovo petrolio su cui siamo seduti", come affermato da un funzionario della Provincia, ma una risorsa preziosa che va salvaguardata proprio nell'interesse della montagna, di chi vi abita e del suo futuro possibile.
"Ogni burocrazia si adopera per rafforzare la superiorità della sua posizione mantenendo segrete le sue informazioni e le sue intenzioni. Cerca di sottrarsi alla visibilità del pubblico, perchè questo è il modo migliore per difendersi dallo scrutinio critico." ( Max Weber )

Serioli Giuliano

martedì 27 dicembre 2011

Amianto a Borgo Val di Taro

Amianto a Borgo Val di Taro ma non solo: sarebbe utile che anche negli altri comuni delle valli parmensi si facesse una lista dei siti da bonificare, a integrazione della mappatura regionale del 30-09-2011 (le cave di pietre verdi sono già incluse nella lista) Tanti tetti in ethernet si vedono percorrendo le nostre valli.
http://www.caveallamiantonograzie.info/2011/12/amianto-borgo-val-di-taro.html

giovedì 22 dicembre 2011

AMIANTO IN OGNI DOVE


La Regione Emilia - Romagna il 30/09/2011 ha reso nota la mappatura aggiornata dei siti contaminati da amianto, e in Valtaro – Valceno  ne risultano parecchi. Questa mappatura ha individuato e inserito solo i siti più estesi. Una elementare logica di tutela sanitaria avrebbe voluto che i Sindaci, nella loro funzione di autorità sanitaria, si fossero fatti parte diligente al fine di completare i rilievi sul territorio, finalizzati quantomeno ad individuare una priorità di interventi. Questo lavoro consentirebbe di prevenire almeno interventi di emergenza sanitaria che, nel prossimo futuro, stante l’attuale disinteresse, si renderanno sempre più frequenti.
Ricordo per inciso che la prima mappatura delle contaminazioni da amianto risale al 2005, che il decreto applicativo sulle metodiche di bonifica è del 1996, che la legge basilare che vieta l’uso dell’ amianto e dei materiali contenenti amianto e  dispone la bonifica dei siti contaminati è del 1992. Dunque da 19 anni tutti gli Amministratori Pubblici sanno.
Parlare più diffusamente sul tema mi imporrebbe di dare testimonianza di quanti  da tempo si battono in tutta Italia perché questo problema rientri nelle priorità assolute della politica e della  amministrazione pubblica.
Al problema dei manufatti in cemento-amianto, nelle nostre valli si aggiunge quello delle cave ofiolitiche che disperdono in ambiente nuove fibre di amianto, un vero tabù che dovrebbe risultare insopportabile per i cittadini più consapevoli e intellettualmente attivi.
Sul tema cave, sul   FORUM  di riferimento di Borgotaro, ho fatto qualche intervento totalmente ignorato. Negli ultimi in ordine di tempo scrivevo:
"Devo costatare con rammarico profondo che ancora oggi su questo tema la comunità Borgotarese non vuole riflettere, e quello delle cave ofiolitiche non è un problema localizzato, non riguarda solo il territorio di Bardi e di Borgotaro,  circostante alle aree di cava, ma coinvolge tutti i comuni e gli abitanti delle valli del Taro e del Ceno.
Da qualche mese seguo i dibattiti su FORUM  e ho potuto apprezzare la libertà di pensiero e la preparazione di molti interventi, ma sul tema il silenzio continua; ho l’impressione che la vicenda della cava di Roccamurata sia vissuta dalla maggioranza dei borgotaresi come problema locale, di pochi cittadini. Una impressione che mi turba parecchio e che vorrei mi venisse confutata.
Di questa problematica mi occupo ormai da due anni e mi sono radicato nella convinzione che nascondere e negare sarà sempre più difficile; e allora, Signori miei, rinviare ulteriormente una presa di coscienza  collettiva è autolesionismo puro.
"
 
Oggi assistiamo all’ultimo paradosso di avere dei Piani delle Attività Astrattive, approvati o in itinere, che prevedono il rilascio di nuove concessioni a cavare inerti in siti dichiarati dalla Regione contaminati da amianto, alla faccia della gente, della logica: la cava "Le Predelle", la cava "Groppo di Pietranera", la cava "Groppo di Goro", ma non solo, perché come ho già avuto modo di sostenere queste valli sono diventate, per volontà di una politica scellerata, il più grande polo estrattivo ofiolitico esistente in Italia.
Quanto ancora dobbiamo aspettare per vedere il coraggio civico di portare dentro i Consigli Comunali questo tema? In una recente intervista il presidente della giunta regionale Vasco Errani ebbe a dichiarare che la regione da Lui amministrata è l’unica in Italia dove non si apre una cava che il Sindaco non voglia.

Fabio Paterniti

sabato 17 dicembre 2011

Ospedale di Borgotaro, il cippato inquina. L'esposto ad Arpa e la risposta di Usl

Abbiamo denunciato in questi giorni la grave situazione venutasi a creare all'ospedale di Borgotaro, dove una centrale a biomassa a cippato, inaugurata da pochi mesi, sta creando non pochi problemi all'ospedale stesso, degenti ed operatori compresi.
La segnalazione, sviluppata in un esposto ad Arpa, verteva su diversi aspetti della vicenda, mettendo alla berlina le false rassicurazioni inerenti la corretta impostazione del progetto e lo sviluppo della sua messa in pratica.
Ieri Arpa-Usl hanno risposto tramite l'ufficio stampa (non proprio l'organo maggiormente deputato, ma ci dobbiamo accontentare), ammettendo di fatto che qualcosa non funzioni.
I problemi della centrale termica a cippato all'interno dell'ospedale di Borgotare rimangono diversi ed importanti, che qui è importante rimettere in evidenza, per far capire lo stato dell'arte della vicenda e cercare di porre rimedio a difetti macroscopici che fino a ieri erano stati del tutto ignorati, sostituiti da toni trionfalistici sull'aver realizzato un gioiello, che oggi si mostra appannato, e molto.

1) La tubazione in cui vengono convogliate le emissioni si presenta a livello del tetto, mentre dovrebbe esserci un camino più alto della sommità degli edifici di almeno 3 metri, per permettere un congruo allontanamento dei fumi
2) Una parte delle emissioni tende così a ristagnare all'interno dello spazio cortile dell'ospedale, soprattutto in caso di depressione delle condizioni atmosferiche, appestandone l'aria
3) Il ricambio d'aria delle sale di degenza e delle cucine, anche se attraverso i filtri, avviene pur sempre come scambio tra quella interna viziata e quella esterna, che con la nuova centrale si presenta nelle condizioni di cui sopra
4) La combustione di cippato di legna emette polveri sottili che nessun filtro a multiciclone, come quello esistente nell'impianto, può minimamente trattenere. La combustione della lignina e della cellulosa del cippato, inoltre, produce diossina che nessun filtro attuale può catturare.

La stessa Arpa, rispondendo alla nostra denuncia, comparsa su ParmaRepubblica.it del 15 dicembre scorso, ha dovuto ammettere che ripenserà alla possibilità di far applicare ulteriori sistemi di filtrazione.

Come dire, accidenti ci hanno beccato!

Giuliano Serioli

ASSEMBLEA BIOMASSE DEL 12 dicembre a BORGOTARO

Lo staff della provincia, Dall'Olio e Ferrari, il presidente della comunità montana ovest Bassi, nonchè sindaco di Varano, hanno annunciato e presentato la costruzione di 5 nuove centrali a cippato finanziate in
parte dalla Regione, a Berceto, Calestano, Neviano e Varano Melegari, oltre ad una più piccola alla fattoria di Vigheffio.
Ma il senso vero dell'incontro era tutto nella presentazione dei dati di funzionamento della centrale a cippato dell'ospedale S.Maria di Borgotaro da parte dell'ing. Saviano della Siram, la ditta costruttrice, e del dott. Francescato dell'AIEL, la filiera dell'energia da legno.
La cura dei tecnici nel monitorare i livelli della combustione nella centrale li ha portati a dosare la potenza della centrale a cippato su standard che permettessero contemporaneamente anche l'uso della caldaia a metano. Da quel che si è capito, hanno fatto in modo di non spegnere mai la centrale a cippato, mantenendola su valori che, alla bisogna, potessero essere integrati dall'intervento di quella a metano perchè le maggiori emissioni nocive si avevano proprio nelle fasi di spegnimento e di accensione della centrale a cippato. Solo con l'uso combinato delle due caldaie, a detta loro, è stato possibile smussare i bassi valori
della combustione del cippato e diminuire i volumi delle emissioni di polveri, facendoli rientrare nel range previsto dalle normative vigenti.
Ma da solo questo non sarebbe bastato, a detta dell'ing. Saviano. E' stato necessario ancorare la qualità del cippato e il suo stesso prezzo alla sua effettiva produttività in kw/h. A questo si è giunti, ha continuato Mortali, della comunalia fornitrice, con la miscelazione di vari tipi di pezzature di cippato, con l'aggiunta di segatura da segheria, ma soprattutto cippando solo legname stagionato ( abete e castagno ).
Tutti questi sforzi per rimanere nei range previsti dalla normativa. Ma proprio perchè si è all'interno di un ospedale, noi non crediamo che questo basti. Non crediamo che basti un filtro a multiciclone, capace solo di abbatere la fuliggine, a garantire dalle emissioni nocive gli ammalati, come ha invece assicurato il dott. Francescato, che però ha dovuto ammettere che sarebbe meglio aggiungere anche un filtro a maniche. Per questi motivi abbiamo dato seguito ad un esposto all'ARPA.
Inoltre, ci pare evidente che la modulazione di potenza attraverso due caldaie, di cui una a metano, non sia trasferibile alle altre centrali a cippato esistenti o in progetto e neppure ci pare possibile si possa realizzare tutta quella cura nella selezione del cippato che da altre parti è solo di legna fresca e stivato all'aperto.
Tutto questo, infatti, non lo si trova nelle centrali di Palanzano e di Monchio, nè lo si troverà nelle altre cinque centrali che saranno costruite. Perchè il cippato da pulizia dei boschi, come dice di volere la Provincia, ha un contenuto idrico elevato , anche più del 50%, producendo emissioni elevate ed un residuo di ceneri anche del 5%.
E' per questo motivo che il comune di Palanzano, dopo l'esperienza negativa col cippato fresco da pulizia del bosco, ha deciso di bruciare pellet fornito da una piccola ditta artigiana del vicino comune di Ramiseto che ne garantisce la tracciabilità. Il pellet è prodotto dal cippato per compressione ed ha un contenuto idrico inferiore al 10%, praticamente è asciutto. Col pellet, a detta dello stesso ufficio tecnico del comune, hanno emissioni e residui di cenere insignificanti, pari ad un decimo di quelle precedenti.
Il pellet ha un potere calorifico fino a 5 Kw per Kg, mentre nel cippato fresco si va da 1,5 a 1,8 kw per kg , circa 3 volte meno. Questo è il motivo per cui il pellet, pur costando 27 euro a quintale, avendo una resa molto più alta del cippato permette al comune di Palanzano non solo di avere molto meno in emissioni, ma anche di spendere meno : 16.000 euro contro i 18.000 euro dei 3000 q. di cippato che Monchio brucia per
riscaldare i medesimi edifici pubblici.
Ma a questo punto viene naturale chiedersi perchè spendere tanti soldi in queste centrali : 426.000 euro a Palanzano, 650.000 euro a Monchio, senza considerare la ulteriore spesa per il tracciato del teleriscaldamento. Perchè buttare i finanziamenti regionali in questi inceneritori inquinanti quando basterebbe dotare quegli stessi edifici comunali di normali caldaie a pellet automatizzate, come già sta facendo la gente dei borghi, il cui costo è molto inferiore e per di più detraibile al 55% dalla dichiarazione dei redditi in tre anni. E utilizzare, invece, tutti i finanziamenti per il risparmio energetico, cominciando a ristrutturare i borghi a tal fine e incentivando, in tal modo, una adeguata ricezione turistica assolutamente mancante.
Tali finanziamenti muoverebbero l'edilizia, coinvolgerebbero le piccole aziende artigiane del luogo, darebbero una continuità di lavoro che tratterrebbe i giovani dall'andarsene altrove, oltre a porre le condizioni necessarie per uno sviluppo turistico attualmente moribondo.

Parma 15/12/2011

Giuliano Serioli