"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

venerdì 8 giugno 2012

Considerazioni sul biogas a S. Michele Tiorre

Il piano di sviluppo aziendale presentato dall'azienda 'La Grande' certifica, di fatto, la sua trasformazione dal carattere agricolo a quello industriale. 
Il biodigestore anaerobico da 1 Mw assorbirebbe in toto la sua produzione agraria, non più indirizzata ad alimentare le vacche da latte, ma ad alimentare lo stesso con coltivazioni espressamente dedicate. Non solo, il suo sovradimensionamento costringe l'azienda stessa ad affittare ettari di terreno per coprire tale produzione e nel contempo cercare di ottemperare alle normative per la spandimento del digestato, senza, peraltro, arrivare ad avere gli ettari richiesti dalla normativa. A nostro parere è necessario tener conto principalmente del fatto che le colture che accompagnano la realizzazioni di impianti di questa levatura e la produzione del digestato che da essi consegue hanno ricadute su tutto il territorio circostante. 
Tale ricaduta configura la pericolosità degli effetti dell'insilato di mais e di tutti gli altri insilati vegetali in un territorio vocato alla produzione del grana e che la DOP del consorzio del Parmigiano-Reggiano evidenzia da tempo. 
Il diffondersi di tali impianti sovradimensionati nel vicino Cremonese, alimentati principalmente con coltivazioni dedicate e solo in subordine con deiezioni animali, deve farci riflettere sul carattere eminentemente speculativo che le energie rinnovabili possono assumere nell'ambito delle biomasse. Abbiamo già assistito alla trasformazione dell'agricoltura in agroindustria e dell'allevamento in allevamento intensivo-industriale con sofferenze e problemi cui occorre assolutamente porre mano, come l'eccesso di azoto ammoniacale nei suoli. 
Non si può accettare che l'introduzione delle rinnovabili nell'ambito agricolo stravolgano del tutto il territorio, assoggettandolo completamente alla speculazione industriale. 
Nel nostro territorio ci sono due visioni opposte circa lo smaltimento delle deiezioni zootecniche. 
Da una parte, quella dell'azienda che col suo biodigestore da 1 Mw tra Corcagnano e Carignano, ha fatto da apripista all'attuale richiesta dell'azienda 'La grande', configurandosi come mera speculazione col pretesto dello smaltimento delle deiezioni. 
Dall'altra, il progetto del comune di Montechiarugolo che intende affrontare a livello comprensoriale il problema dello smaltimento, attraverso due impianti separati da 500 Kw ciascuno con trattamento SBR dell'azoto e senza il rilascio del digestato nei campi. Da ciò si evince che la linea di demarcazione tra l'uso delle biomasse per pura speculazione e il loro uso sostenibile è estremamente sottile e quindi è assolutamete necessario che sia esplicitata da parte delle istituzioni. 
Le istutuzioni debbono adottare norme inequivocabili in tal senso. 

Reteambiente ritiene che gli impianti a biogas debbano essere ritagliati sull'effettiva esigenza di smaltimento delle deiezioni animali da parte di ciascuna azienda agricola in base ai capi allevati. Ritiene, altresì, che gli incentivi pubblici debbano servire principalmente ad aiutare l'azienda a coprire i costi di depurazione dall'azoto del digestato, arrivando così ad evitare il suo spandimento. Confagricoltura ha delineato un'ampia fascia del territorio provinciale, comprendente l'area collinare e tutta la pedemontana fino alla città, come suolo a rischio, in cui occore limitare lo spandimento di azoto a 170 kg. per ettaro, dimezzando così quello usuale. 
Le emissioni odorigene del biodigestore sito tra Corcagnano e Carignano ammorbano ogni sera i quartieri della città tra via Langhirano e via Montanara, costringendo i cittadini tener chiuse le finestre anche d'estate. Le emissioni odorigene del progettato biodigestore della ditta 'La Grande' ammorberebbero l'intero assetto pedemontano in questione a chiara vocazione agroturistica. 
Non crediamo, infine, nonostante le rassicurazioni prodotte, che l'azienda in questione si servirà principalmente delle sue produzioni vegetali, ma che piuttosto le acquisirà da industrie specializzate del Cremonese, o addirittura dallo steesso Consorzio agrario di Cremona, come è solita fare un'azienda di Selvanizza che, per il suo biodigestore da 250 Kw, usa una miscela di nutrienti per microorganismi chiamata CH4 SPRINT, composta da farina di granoturco, panello di germe di granoturco e melasso di canna. 
Questi impianti da 1 Mw sono forniti, ormai, chiavi in mano da società per azioni. 
Le stesse propongono al cliente una partnership energetico-finanziaria, che prevede un preciso scaglionamento dei costi per anno : 490.000 euro per manutenzione, consumi elettrici e gestione impianto; 450.000 euro per circa 17-18.000 t. di miscele vegetali ; 400.000 euro per quota ammortamento investimento. 
A fronte di ricavi annui totali di 2.240.000 euro, restano 900.000 euro netti di reddito annuo. 

Da tutto questo si evince che lo smaltimento dei liquami per costoro diventa solo pretesto per far soldi. Che il digestato risultante conterrà tutto l'azoto dei componenti iniziali. Che il suo spandimento pregiudicherà gravemente i suoli del territorio, la produzione del grana e la vocazione agrituristica dell'intera zona. 

Le minacce di tali speculatori di adire a vie legali contro i comuni per rivalersi del mancato benestare e dei mancati introiti negli anni a venire : 36 milioni di euro, devono essere respinte. Di tali minacce devono essere messi al corrente i cittadini, gli unici in grado di garantire sostegno alle istituzioni medesime.

Serioli Giuliano