"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

martedì 10 luglio 2012

Reteambiente Parma e il Movimento 5 Stelle

La proposta di Favia, dei 5*, all'assemblea regionale, che qui di seguito riporto, è significativa del lavoro che stanno facendo sull'ambiente e della loro visione sull'argomento. In linea di massima, noi di reteambiente, siamo d'accordo con loro.
Tuttavia alcune differenze tra noi e i 5* vengono al pettine e le aveva già rimarcate Vagnozzi all'assemblea di Fornovo su Laterlite, dopo un mio intervento.  

Loro dicono 


1) bisogna limitare le coltivazioni energetiche e il loro uso negli impianti a biogas.

Noi diciamo : le coltivazioni energetiche tolgono spazio a quelle alimentari e non vanno fatte.


Non diciamo questo per scavalcarli, nè perchè siamo dei fondamentalisti.
Siamo convinti che gli impianti  a biogas debbono servire solo ad eliminare l'inquinamento da azoto dei suoli agricoli e quindi devono essere alimentati solo con reflui zootecnici, non con prodotti di coltivazioni dedicate. 
Di più, diciamo che la quantità di azoto che entra nell'impianto a biogas non deve essere la stessa di quella del biodigestato in uscita, che verrà poi sparso nei campi.
E' necessario abbattere il tenore di azoto del digestato del 70%, con tecnologie di depurazione. Queste sono costose e gli incentivi statali alla cogenerazione elettrica debbono servire proprio ad alleviare di tali costi gli agricoltori e gli allevatori. 
Noi affermiamo che gli impianti a biogas devono essere tarati sugli allevamenti. Debbono servire ad eliminare l'eccesso di azoto ammoniacale dai suoli agricoli. Nella food-valley, una vasta fascia degli stessi ne è largamente impregnata, al punto che il limite dell'azoto per ettaro è stato ridotto a 170 kg, dimezzandone il  valore usuale.
Diversamente, tali impianti a biogas sono solo speculazione industriale, che niente ha a che fare 
con l'agricoltura.
Gli scarti agro-alimentari sono altra cosa. Gli impianti a biogas che li usano andrebbero situati dove questi si producono, prevalentemente vicino ai mercati, non certo nelle campagne.

Loro dicono 
2) bisogna alimentare le centrali termiche a biomassa con gli scarti forestali.

Noi diciamo che gli scarti forestali esistono solo se si fanno tagli. 
Che nessun tagliaboschi o azienda di taglio recupera le ramaglie, piuttosto li lascia sul posto. Diciamo che nessuno fa più la pulizia del  bosco come una volta, quando in montagna c'era tanta gente e poca legna. 
Oggi la parola PULIZIA DEL BOSCO è un eufemismo, un non senso.
Affermiamo che l'attività di una cooperativa di raccolta delle ramaglie dei tagli altrui sarebbe antieconomica. Se una cooperativa raccogliesse scarti forestali sarebbero solo quelli dei suoi tagli, non altro. 
Quindi, affermiamo che per alimentare centrali termiche a legna è necessario tagliare dei boschi.E'  necessario un diradamento del bosco, con strade di servizio che permettano la raccolta delle ramaglie e la loro cippatura sul posto. Si tratta di un taglio industriale che ha bisogno di mezzi meccanici e di finanziamenti e la cui ragione d'essere economica non può essere il cippato o il suo mercato ma il mercato più remunerativo della legna da ardere. 
Affermiamo, perciò, che le "piccole" centrali termiche a legna andranno ad accrescere i tagli boschivi e ad alimentare ulteriormente la speculazione sulla legna da ardere. 
Ma la problematicità delle centrali termiche che bruciano legna non finisce qui. 
Per essere economiche, nonostante gli elevati costi fissi di impianto, devono bruciare cippato di legna vergine, cippato fresco. Non certo cippato di legna stagionata due anni, come i montanari sono soliti usare nelle loro stufe.
Ebbene, il cippato fresco ha un'umidità superiore al 50%  e la sua combustione ha un rendimento molto basso tra il 10 e il 15%, motivo per cui ne occorre tanto. Ma soprattutto tale cattiva combustione causa emissioni nocive e ceneri superiori a quelle effettivamente dichiarate dalle ditte costruttrici e automaticamente certificate da Ausl o Arpa, senza alcun minitoraggio effettivo.
In sostanza, le centrali termiche a cippato causano diradamento dei boschi, inquinamento dell'aria superiore a quello di stufe a pellet-legna che vorrebbero eliminare, inquinamento delle acque di superficie per lo scarico di quelle di raffreddamento e inquinamento del suolo per le
quantità di ceneri che vi verranno smaltite. 


Le decine di centrali termiche a cippato che la Provincia ha dichiarato di voler impiantare in Appennino, col contributo di finanziamenti regionali, contribuiranno a consumare le risorse naturali che sono l'unica ricchezza rimasta alla montagna su cui fondare il suo recupero sociale  ed economico.   

Serioli Giuliano


(La proposta di Favia)

L’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna:

Premesso che:

·         il contributo degli impianti di produzione di energia da biogas e da biomasse al raggiungimento degli obiettivi comunitari in tema produzione energetica e di tutela ambientale è fondamentale in ragione del fatto che questi impianti possono contribuire alla drastica riduzione di emissioni inquinanti, nel processo di produzione di energia, convertendo gli scarti della filiera agroalimentare in energia e ammendanti per l’agricoltura;

·         negli ultimi mesi si stanno moltiplicando, su tutto il territorio regionale, le proposte di impianti di produzione di energia elettrica attraverso la combustione di biomasse o la digestione anaerobica delle che non sono giustificati da una sufficiente copertura di scarti della citata filiera agroalimentare e che dovranno essere quindi alimentati attraverso l’impianto di colture dedicate, ovvero, nel caso di produzione da combustione di biomasse, anche attraverso l’importazione di prodotti ottenuti mediante lo sfruttamento intensivo di foreste vergini (ad esempio olio di palma) o di materiali di incerta provenienza;

·         la costante e continua conversione di porzioni di terreno dedicato a produzioni agricole di pregio a produzione di colture dedicate alla filiera energetica (il mais in particolare) sta mettendo a rischio non solo la qualità dei prodotti tutelati dai marchi di qualità, ma anche la stessa autonomia alimentare del paese, senza contare inoltre delle forti ricadute, in termini di emissioni inquinanti e disagi per i cittadini, derivanti dal traffico dei mezzi di trasporto dei materiali;

·         l’attuale sistema di incentivazione che attualmente non prevede nessuna modulazione mirata a finanziare solo gli impianti che utilizzano gli impianti virtuosi ad esempio filiera corta dei materiali, nessun utilizzo di colture dedicate, recupero del calore prodotto


Considerato che:

·         alla luce di quanto premesso le recenti linee guida, approvate dalla Regione Emilia-Romagna, si sono dimostrate non sufficientemente adeguate, alla definizione di un preciso quadro normativo finalizzato alla riconversione dell’attuale sistema industriale, di produzione energetica, in un sistema produttivo maggiormente rispettoso dell’ambiente, e quindi della salute, e delle caratteristiche socio economiche del territorio.

·         nella seduta dell’Assemblea legislativa del 26 luglio 2011 è stato approvato un ordine del giorno sull’individuazione delle aree e dei siti per l’istallazione di impianti di produzione di energia elettrica mediante l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili con cui si è impegnata la Giunta regionale a provvedere in modo da:

·         coinvolgere l'intero sistema delle Autonomie Locali, anche attraverso l'elaborazione di loro piani energetici, capaci di governare il disegno localizzativo degli impianti, pianificare la loro alimentazione, predisporre efficaci ed efficienti sistemi di monitoraggio e di controllo;

·         privilegiare la realizzazione d'impianti ad alto rendimento energetico, in regime di cogenerazione e trigenerazione, evitando lo spreco energetico con la sola produzione di energia elettrica e sfruttando il calore per usi residenziali e industriali;

·         indicare che la biomassa necessaria per il funzionamento degli impianti provenga prevalentemente dagli scarti agro-alimentari e forestali o da colture energetiche collocate in aree del territorio dove si garantisca equilibrio fra colture agricole e dedicate, limitando la conversione della produzione agricola verso colture bioenergetiche;

·         prevedere la valutazione dell'intero ciclo di vita delle biomasse in modo da contemplare tutte le fasi di produzione agricola e di trasformazione ed i trasporti, in modo da privilegiare gli accordi di filiera corta nel rispetto di cui all'art. 2, lettera c), del Decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali del 2 marzo 2010 Attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296 sulla tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica;


Valutato

·         Necessario ed urgente rivedere le Linee guida approvate dalla Regione Emilia-Romagna nel luglio scorso al fine di limitare questa eccessiva proliferazione di impianti che non solo impoveriscono i nostri terreni e quindi l’agricoltura di qualità ma, attraverso l’importazione dei materiali, annullano uno dei principali effetti positivi che il ricorso a questo tipo di energie produce, ovvero la riduzione delle emissioni inquinanti nella nostra Regione.


L’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna:

·         a ridefinire il quadro normativo finalizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

·         evitare concentrazioni di impianti e i lunghi trasporti delle biomasse, prevedendo che l’autorizzazione alla realizzazione degli impianti venga concessa solamente a seguito dell’elaborazione di Piani Energetici Locali (comunali, sovracomunali, provinciali), che consentano di tenere conto della produzione e del consumo di energia a livello locale, delle conseguenti emissioni, e della disponibilità di biomasse per la produzione di biogas.

·         In questo modo si possono indirizzare gli impianti solo in quelle zone in grado di fornire biomassa locale sufficiente ad alimentare una centrale;

·         deciso limite alle colture dedicate, prevedendo il ricorso esclusivo o prevalente di reflui, sottoprodotti da allevamenti zootecnici, dall’agricoltura, dalle industrie agroalimentari e rifiuti organici prodotti dai cittadini, prevedendo inoltre l’obbligatorietà della rotazione triennale delle colture;

·         un attento e corretto utilizzo dei digestati che, se utilizzati in modo scorretto, si trasformano da risorsa per l’agricoltura, a fonte di inquinamento è necessario quindi prevedere norme più stringenti sul loro corretto utilizzo;

·         per quanto riguarda la produzione diretta di energia da biomasse, prevedere l’obbligatorietà del funzionamento in regime di cogenerazione e trigenerazione, con rendimenti non inferiori al 70%;

·         evitare l’aggiramento delle soglie limite previste per impianto attraverso la “frammentazione” delle richieste prevedendo che, in tutti i casi in cui più impianti ubicati nella stessa località possano essere ricondotti ad un solo imprenditore, si tenga conto della potenza complessiva degli impianti stessi ;

·         prevedere un preciso piano di monitoraggio e di controlli teso sia alla verifica e alla tracciabilità dei materiali in entrata sia ad un periodico controllo delle emissioni, dei digestati, dei sottoprodotti e degli scarti di lavorazione di questi impianti e del loro conseguente trattamento e/o smaltimento..


Bologna, venerdì 13 aprile 2012
Il Consigliere
Giovanni Favia
Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna - Viale Aldo Moro, 50 - 4