"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

giovedì 25 ottobre 2012

Pietre Verdi, ultimo atto?

La risoluzione Sel Verdi è stata approvata in assemblea regionale e impegna la Giunta ad andare verso la graduale chiusura e riconversione delle cave ofiolitiche presenti sul suolo regionale.

Nel 2010 la proposta similare del Movimento 5 Stelle era stata bocciata dalle stessa aula, tra l'indifferenza generale.

La rivincita del 5 Stelle è però arrivata con la decisione del comune di Parma di vietare l'utilizzo delle pietre verdi su tutto il territorio comunale, un atto che ha fatto da apripista per il pronunciamento regionale.

Per la fine dell'anno dovrebbe vedere la luce una nuova legge sulle cave, che recepirà le indicazioni emerse dal voto assembleare.


Era stata la stessa regione, nel 2004, con lo studio Pietreverdi,

http://www.arpa.emr.it/pubblicazioni/amianto/generale_1281.asp

a mettere nero su bianco i rischi connessi con l'attività di estrazione di questa particolare pietra nera, tenera e poco costosa per la lavorazione, ma dal grande impatto ambientale e sanitario, visto che contiene fibre di amianto in quantità differenti in base alla tipologia.

Nello stesso volume si era sottolineato come “l’OMS ha riconosciuto l’impossibilità di individuare un valore soglia di concentrazione di fibre di amianto nell’aria al di sotto del quale non ci sia rischio.”

Nel territorio di Parma e Provincia esistono molti giacimenti affioranti, 8 le cave attive, ed in particolare a Bardi, Pietranera, e a Borgotaro, Roccamurata, si sono attivati comitati di cittadini per fare luce sulla situazione e richiederne la chiusura.

Si tratta di Cave all'amianto no grazie, http://www.caveallamiantonograzie.info/

e No Cava Le Predelle http://www.roccamurata.com/

In Italia, è possibile dimensionare il fenomeno dei decessi per malattie asbestocorrelate intorno ai 3.000 casi l'anno. E a morire non sono solo i lavoratori, ma anche le persone il cui unico torto è stato quello di abitare nelle vicinanza di un sito contaminato.

La triste contabilità delle vittime in Italia raggiungerà un picco tra il 2015 e il 2018, mentre in Europa occidentale le proiezioni si attestano su 500.000 morti nei primi 30 anni del 2000.

Il fermo no alle cave ofiolitiche arriva anche da scienziati esperti: “Solo una comunità irresponsabile può decidere di manipolare, movimentare e commercializzare una merce a rischio cancerogeno; la ratio di questa scelta pare essere unicamente il margine di profitto economico per chi coltiva la cava”, Prof. Vito Totire - medico del lavoro, docente di igiene e sanità pubblica Università di Venezia.

Insomma l'evidenza del rischio sanitario c'è.

Che ci siano ancora delle cave aperte che liberano in atmosfera questa micidiali fibre sembra davvero una assurdità. Non sarà mai troppo presto per chiuderle definitivamente.


Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

martedì 16 ottobre 2012

La montagna spogliata

La montagna sta morendo.
I primi a dirlo sono i montanari stessi
Tutti ne parlano, tutti temono che la cosa si avvererà.
Chiunque prometta soldi, non importa per cosa, è ben accetto.
I tagli fanno assomigliare i boschi alla gruviera,il formaggio coi buchi.
Ma la realtà è peggio di ciò che appare perchè molti hanno capito di  dover tagliare nei retroversanti, lontano dalla visibilità delle strade.
L'agricoltura e l'allevamento tradizionali sono spariti. L'agricoltura industriale ha sbaragliato il campo. L'artigianato è ormai del tutto soppiantato dall'industria manifatturiera.
I famosi saperi e mestieri, di cui i politici si riempiono la bocca, rischiano di finire dimenticati definitivamente in qualche museo.
La montagna ha cominciato ad essere abbandonata da tempo e non si vede uno spiraglio di attività economica che tenga su i giovani, mentre la città appare loro con tutto il luccichio delle promesse di soldi, sesso e socialità.
Un funzionario della Provincia ha detto che "siamo seduti su un altro petrolio"e il mercato della legna da ardere ha risposto aumentando la domanda, complice la crisi economica e il prezzo dei carburanti.
In montagna, molti si sentono spinti a tagliare più legna possibile, come fossero consapevoli che si stanno dividendo le spoglie di un mondo destinato a sparire.
Nell'indifferenza delle amministrazioni.
Anzi, con amministratori pronti a giustificare la cosa e a raccontare in giro che, essendoci il doppio di boschi di quarant'anni fa, si può arrivare a tagliare tutto ciò che è ricresciuto, recuperando ( udite, udite! ) la biodiversità dei prati di una volta.

Cosa dirà di ciò la Regione che afferma la rinnovabilità intoccabile e al 4% massimo del totale dei boschi ?

Gli unici dati sul taglio dei boschi forniti da Provincia e Comunità Montana sono del 2010 e si riferiscono al quinquennio precedente. Fino al 2008 gli ettari richiesti al taglio erano più o meno gli stessi. Nel 2009, di botto, quasi raddoppiano : 2.000 ettari, corrispondenti a circa 200.000 t.

Da allora più nessun dato esce dalle amministrazioni.

La percezione è che ogni anno vi sia un ulteriore incremento dei tagli.
Percezione confermata dai muri di legna tagliata ai lati delle strade, da interi versanti denudati e soggetti a futuro dissesto idrogeologico, dalla rabbia dei boscaioli per imprese di taglio che nascono da un giorno all'altro utilizzando in nero gente dell'est-europa, dalle stesse voci allarmate di alcuni sindaci.
Ma, soprattutto, confermata dall'analisi dei dati nazionali degli stessi operatori del settore.
Da Annalisa Paniz, di AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali), viene la fotografia del settore che vede l’Italia prima nel mondo per importazione di legna da ardere e prima in Europa anche nella produzione e vendita delle stufe a pellet. “Le biomasse legnose consumate dagli italiani nel 2012 saranno vicine ai 20 milioni di tonnellate: per l’80% (16 milioni di t.) costituite da legna da ardere e per il 9% da pellet (2 milioni)".
" Si prevede che nel 2012 siano importati in Italia ben 3,3 milioni di tonnellate di legna da ardere", dice la Coldiretti.
La biomassa legnosa prelevabile annualmente, senza pregiudicare la rinnovabilità, è stimata nel 4% del totale del ceduo presente nel nostro paese, 3.663.000 ha circa, e pari a 14.620.000 t.
Conoscendo la stima dei consumi previsti per il 2012, circa 16.000.000 di t. e quella della legna da ardere importata, 3.300.0000 t., si può arrivare facilmente alla stima della legna effettivamente tagliata, cioè
16.000.000 - 3.300.000 = 12.700.000 t. di legna, pericolosamente vicina alla soglia di rinnovabilità ( 14,6 mln ).
Se però si aggiunge la previsione del pellet prodotto nel 2012, circa 800.000 t. si arriva a 13.500.000 t. di legna tagliata, pari al 92% dell'interesse, oltre il quale vien meno la sostenibilità e si comincia ad intaccare la
rinnovabilità.
Ma questi sono dati nazionali. Nella realtà ci sono regioni in cui si taglia di meno ed altre di più. L'Appennino Tosco-Emiliano è il fornitare più rigoglioso e vicino dell'enorme mercato della pianura padana e delle centrali a cippato impiantate nelle Alpi.
Il dissesto delle strade di montagna, lo sfondamento in certi casi del manto d'asfalto per il via e vai dei camion di legna, testimonia ampiamente quanto supposto: che la rinnovabilità dei boschi del nostro  appennino sia già intaccata.

La speculazione sulla legna e i tagli si fermeranno?

Da soli no.

La green economy applicata alle biomasse si è sommata al mercato della legna da ardere, moltiplicando la domanda. Legna portata via coi camion per essere cippata e bruciata chissà dove o trasformata in pellet. Nel
2011 sono state vendute in Italia 200.000 stufe a pellet!
I tagli si sono moltiplicati al punto che l'offerta ha superato di gran lunga la domanda, portando il prezzo di vendita dagli 8 euro al quintale iniziali, agli attuali 5,5 euro.

E'pensabile che si tagli di meno per riequilibrare il prezzo di mercato?

No, sarà il contrario!
La gente che si è abituata a quella fonte di denaro non sarà disposta a rinunciarvi, men che meno con la crisi in atto. Anzi, taglierà di più per raggiungere lo stesso gruzzolo dell'anno precedente. D'altra parte il ribasso dei prezzi di mercato della legna non farà altro che renderla sempre più conveniente rispetto a quello dei carburanti fossili e più appetibile per un sempre più vasto bacino di utenti.
Una spirale senza fine che arriverà a consumare i nostri boschi.
Cui seguirà il dissesto idrogeologico diffuso, l'inquinamento delle acque e dell'aria.
La montagna, lasciata a se stessa e alla miopia dello sfruttamento delle sue risorse, diventerà terra di conquista.
Con lo sviluppo, poi, delle centrali termiche a cippato anche nella nostra provincia, della cogenerazione per produrre energia elettrica (Monchio) e delle aziende di taglio industriale della legna (Albareto e Neviano), le amministrazioni sembrano accettare il dettato della green economy: soldi in cambio di risorse.

Cosa può salvare la montagna?

L'uso delle rinnovabili senza intaccare le risorse può far rinascere i borghi.
Le innovazioni tecnologiche possono legarsi agli antichi mestieri, farli rivivere.
Il solare fotovoltaico e il solare termico uniti alla ristrutturazione dei borghi per il risparmio energetico possono essere il volano di nuova occupazione e di autonomia energetica.
Possono costruire la base ricettiva adeguata per un turismo diverso da quello di massa.
Un turismo capace di far nascere la domanda di produzioni alimentari biologiche e artigianali di pregio. L'Alto Adige e il Trentino insegnano.
I fondi europei, quelli regionali e provinciali devono andare al risparmio energetico che vuol dire edilizia. Devono allargarsi alle produzioni alimentari di eccellenza ed alla ricezione turistica diffusa dei borghi. Solo così la montagna non perderà i suoi giovani, anzi ne attirerà altri dalla città.

Il principio deve essere che l'economia non deve consumare le risorse.

Serioli Giuliano

martedì 9 ottobre 2012

Barilla & Laterlite, convivenza possibile?

Si inaugura il nuovo stabilimento di Rubbiano a fianco di Laterlite, co-inceneritore di rifiuti speciali e pericolosi. Quale compatibilità?


Lunedì 8 ottobre giungerà a Rubbiano il Presidente del Consiglio Mario Monti per inaugurare il nuovo stabilimento che Barilla ha realizzato a fianco dell’insediamento storico.

Il sito produttivo è costato circa 50 milioni di euro e permetterà all'azienda di internalizzare la produzione dei sughi pronti, mercato in forte crescita in Europa.

Non abbiamo però notato nessuna considerazione sulla localizzazione del nuovo polo produttivo, i cui impianti sono situati a poche centinaia di metri dal camino del co-inceneritore di Laterlite. L'azienda, che produce Leca ed altri isolanti per l'edilizia, incenerisce ogni anno oltre 60 mila tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi, in particolare oli esausti ed emulsioni oleose, per alimentare il forno di cottura. Tale attività immette in atmosfera 100 mila metri cubi all'ora di aria contenente inquinanti come diossine, metalli pesanti, ossidi di azoto e zolfo, idrocarburi policiclici, policlorobifenili, ed altre molecole preoccupanti.

Da tempo il Comitato Rubbiano per la Vita pone la questione dell’impatto ambientale di questa attività, proprio ed anche in relazione alla posizione centrale rispetto alla Food Valley. I nostri territori, alla congiunzione tra Valtaro e Valceno, fanno delle condizioni ambientali e delle attività agroalimentari un proprio punto di forza.

Da una parte uno dei marchi simbolo del food emiliano ed italiano, che fa della qualità e della sicurezza dei cibi uno dei propri dogmi aziendali.

Dall'altra un'attività insalubre e di riconosciuto impatto ambientale, così come certificato dall'autorizzazione attualmente in vigore, che parla appunto di combustione di rifiuti pericolosi.

Il pastificio più importante d'Italia ritiene che un co-inceneritore di rifiuti pericolosi situato accanto al proprio polo produttivo abbia un impatto trascurabile?

Non vi è nulla da eccepire e segnalare rispetto al potenziale impatto ambientale e sanitario dell’attività di co-incenerimento di Laterlite? Si pensa di mettere in campo azioni di controllo delle condizioni ambientali (aria, acqua e terreni) anche per tutelare i propri dipendenti che aumenteranno notevolmente?

Le domande sono per tutti.
I sindacati, ad esempio, sono solo organismi di tutela dei lavoratori e delle loro condizioni contrattuali oppure si occupano anche della salubrità e dell’ambiente in cui i lavoratori operano? E l’AUSL, data la presenza di tante attività agricole ed agroalimentari, ritiene del tutto inutile un monitoraggio delle matrici ambientali per valutare le reali condizioni del territorio?

I Consorzi di tutela di Parmigiano-Reggiano e Prosciutto di Parma, come giustificano un impianto in zona di produzione DOP?

Domande per ora senza risposte, che noi continueremo tenacemente a riproporre.

Quotidianamente vengono sponsorizzate azioni rivolte alla sostenibilità ed alla tutela dell'ambiente, vedi il “Center for Food & Nutrition”, tutti i giorni nei comunicati e sui siti web si ragiona su “Alimentazione e benessere per una vita sana”, ponendo attenzione ai concetti di “impronta ecologica” e di sostenibilità ambientale.

Questo lodevole intento è poi applicato anche alle realtà produttive?

Quale compatibilità esiste fra una attività di coincenerimento di rifiuti speciali pericolosi e quella di un produttore di specialità alimentari?


Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

lunedì 8 ottobre 2012

Ultimo appello a Mario Monti

I cittadini di Parma interpellano il Primo Ministro

Lei si presenta come l’uomo super partes chiamato a governare l’Italia in crisi, l’uomo di cultura e di grande prestigio, non politico enon anti politico, che deve fare ciò che i politici non hanno saputo o potuto fare.

Noi sinceramente Le auguriamo, nel nostro stesso interesse, che Lei riesca ad assolvere al suo non facile compito. Ed anche perquesto ci rivolgiamo a Lei.

Parma ed il suo territorio può essere un perfetto laboratorio, un banco di prova per il suo governo: come l’Italia, Parma, oberata didebiti, deve affrontare gravi problemi irrisolti, primo fra tutti quello dell’inquinamento ambientale, per essa, cuore della food valley,più essenziale e vitale che mai.

In questo non esaltante quadro, spicca e si impone come massimo ed urgente, il problema del mega inceneritore, pianificato e volutoda amministratori di varie parti politiche interessati ai grandi affari ed alle imprese colossali più che al consenso ed alle esigenze vitalidel territorio.

Inutilmente e per anni più voci si sono opposte a questo progetto, combattendo con grande civiltà ma con determinazione e costanzatra mille difficoltà perché si riconoscesse la lacunosità e l’inaffidabilità dei dati forniti e l’assurda potenzialità dell’impianto.

Anche la magistratura ha finalmente indagato e sta indagando sulle irregolarità emerse.

Oramai tutti i parmigiani hanno capito.

Ciò nonostante gli interessati sostenitori restano abbarbicati al contratto e cercano solo di ultimare i lavori per mettere tutti di fronte alfatto compiuto.

I cittadini di Parma, ben stretti attorno alla Giunta da poco eletta, non vogliono e non possono rassegnarsi e percorreranno ogni stradalecita e possibile per contrastare quel progetto e quel contratto combattuti da sempre.

Sentirsi dire che oramai è troppo tardi dopo anni di proteste e di proposte disattese perché non c’era premura è davvero inaccettabile.

Sarebbe bene per tutti, anche per Iren, trovar invece un’intesa che consenta di evitare l’irreparabile e ridurre i danni del comune edell’impresa costruttrice.

Di questo dovrebbe discutersi, con il consiglio e la regia Sua e del Suo governo.

Parma non vuole, non deve, non può permettersi di diventare una nuova Taranto!



Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma – GCR
Comitato Rubbiano per la Vita
Rete Ambiente Parma
Associazione per l'Informazione Ambientale a San Secondo Parmense