"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

giovedì 29 agosto 2013

In giro per la montagna





Si sale in auto per le nostre valli e ci si accorge che le strade sono rovinate. Uno pensa che la causa sia il dissesto idrogeologico, le frane che hanno colpito la nostra montagna con le piogge della primavera ed è anche vero, ma non solo. Più si prosegue e più è chiaro che le strade sono letteralmente sfondate. Il piano stradale in molti punti fa delle conche, degli avvallamenti che solo un traffico costante di mezzi pesanti ha potuto provocare, non certo delle automobili.
Poi, si sale ancora e si vedono ai lati delle strade degli slarghi, delle piazzole che prima non c'erano. Piazzole colme di legna tagliata, pile di tronchetti da un metro.
Si sale ancora e le file di tronchetti tagliati, in certi punti, contornano quasi ininterrottamente la strada. Si alzano gli occhi al bosco e si cominciano a vedere anche dalla strada grandi buchi nei boschi, dove la pendenza dei versanti sconsiglierebbe di lasciarli praticamente denudati e in balìa del dilavamento delle acque
di scorrimento quando arriveranno le piogge.
Questo è il paesaggio attuale della nostra montagna: boschi coi buchi come fossero gruviera e strade sfondate dai camion che portano via la legna dei tagli.

Qualche amministratore dice "è indubbio che l'abbandono dei boschi sia palese ed evidente per i più svariati motivi e che questo non sia poi così tanto positivo lo denunciano i roghi estivi, che spesso derivano proprio da autocombustione degli arbusti abbandonati nel sottobosco. Una politica delle comunità montane che possa permettere la nascita di qualche centrale a biomassa che permetta la produzione di elettricità e
di teleriscaldamento non farebbe male e permetterebbe di monitorare e tenere puliti i boschi, garantendo la giusta turnazione delle piante, la pulizia del sottobosco ed in ultimo ma non meno importante garantire
lavoro a territori che continuano a spopolarsi a causa di mancanza di lavoro principalmente. Poter garantire elettricità a piccole comunità montane e teleriscaldamento sarebbe un'idea ecologica e ragionevole."

Si potrebbe rispondere che i roghi estivi per autocombustione accertati in italia si possono contare sulle dita di una mano, il restante è dato da incendi dolosi dettati da interessi vari e in più dall'incuria di chi
opera pulizie del sottobosco con il fuoco che gli sfugge.
Ma sollevare il problema degli incendi boschivi nel nostro Appennino è solo un pretesto, come del resto parlare di pulizia del bosco.


Discorsi che servono solo a far passare la speculazione dei tagli boschivi senza alcuna limitazione di fatto e a far accettare l'impianto di centrali a cippato di legna nei borghi.

Quasi mai le condizioni di rinnovabilità vengono valutate e rispettate.
Si ha l'impressione che ci stiamo mangiando i boschi e se il prelievo sarà folle come per altri combustibili a chi ci segue lasceremo una copia dell' isola di Pasqua.

Sarebbe utile leggere i regolamenti forestali dove si può vedere i tempi per le turnazioni del taglio della legna nelle zone montuose. Sono tempi lunghi e lunghissimi rapportati alle aspettative del taglio economico.
Questo permette a chiunque di rendersi conto quanto sia importante la sostenibilita di un prelievo regolamentato e non dettato dalla speculazione.
Ma la speculazione sulla legna da ardere oggi la fa da padrona. Senza un piano di tagli programmati che rispetti la rinnovabilità dei boschi, la proprietà privata e una legge che non pone alcun vincolo, se non quello
dei 6 ettari massimi contigui tagliabili, porteranno al disastro nel nostro Appennino.
Una montagna non solo sempre meno abitata e senza un'economia, ma spelacchiata al punto che non si potrà nemmeno più ipotizzare una ripresa del turismo.

Vi è l’opinione diffusa che le caldaie a cippato possano essere alimentate anche solo con cippato proveniente da scarti di potatura urbana, di potatura ripariale o con le ramaglie abbandonate nei boschi dai tagli economici .
Occorre precisare che ciò non è vero: le ramaglie in generale e quindi anche gli scarti di potatura urbana composti per lo più da rami e rametti di piccole dimensioni formano un cippato troppo ricco di corteccia che poi produrrebbe nelle caldaie problemi di combustione e più ancora la produzione di un quantitativo di ceneri
troppo elevato, fino al 5%. Per questi motivi le ramaglie possono comparire nel cippato solo in percentuali non superiori al 30% rispetto alla frazione di cippato composto invece da tronchi e parti legnose di
maggiori dimensioni.
Ad un tenore di cenere così elevato corrisponde una quantità di emissioni in aria delle stesse proporzioni : ossidi di azoto, particolato, ossidi di metalli pesanti e diossina e un malfunzionamento della combustione stessa, perchè il cippato di corteccia è più umido e provoca un minor rendimento della centrale.
Il sistema più utilizzato per la depurazione fumi di una centrale a cippato è il ciclone o multiclone che funziona in questo modo: il gas di scarico viene fatto passare in un condotto conico in cui, per effetto della forza centrifuga sviluppata da aria forzata, si ha il deposito delle particelle sulle pareti del ciclone e per la forza di gravità queste precipitano sul fondo dove in seguito vengono raccolte.
Queste ceneri, a differenza di quelle sotto brace grossolane, sono ceneri polverose e contengono in maggior quantità metalli pesanti nocivi ( piombo, zinco e cadmio).
In uscita, il gas che va al camino risulta ancora inquinato da particelle di piccole dimensioni che il sistema non riesce a separare.

Le emissioni con elevate quantità di polveri sottili sono il principale problema dei biocombustibili solidi, delle biomasse legnose in particolare.
Un recente studio, condotto con i criteri di analisi dei cicli di vita (LCA) ha stimato che, in un impianto di teleriscaldamento, il passaggio dal gas naturale al gas prodotto dalla combustione e gassificazione del
cippato di legna aumenterebbe di 6,2 volte l’impatto di inquinanti con significativi effetti sulla salute.

E' vero che il taglio della legna crea soldi, ma la maggior parte non restano in montagna.
Ogni ettaro sottoposto a taglio raso o con novellame ha prodotto quest'anno circa 13.000 euro.
Mille euro al proprietaio del bosco, che può essere un anziano del posto ma nei due terzi dei casi è uno che sta in città ed ha la seconda casa con terreno. Cinquemilamila euro vanno chi taglia, che può essere un boscaiolo o uno del posto ma anche uno coi soldi che fa tagliare in nero da gente dell'est.
per chi taglia ci sono da considerare,però, le spese per materiali, trattore e altri mezzi meccanici.
Il rimanente va a grossisti della pedemontana che rivendono la legna al minuto.
Più o meno, il 75% del denaro proveniente dai tagli non resta in montagna, va in pianura, in città o altrove. Va anche alle ditte che producono mezzi meccanici e di taglio.

Senza un progetto di tagli programmato, la nostra montagna sarà spelacchiata dalla speculazione, preda del dissesto idrogeologico e sempre più povera e abbandonata.

Serioli Giuliano