"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

venerdì 22 novembre 2013

Assemblea di Langhirano di sabato 16 novembre 2013

Una bella assemblea quella di sabato 16 Novembre a Langhirano. Amministratori e comitati, tanta gente di montagna. Un dibattito intenso che deve continuare.

Considerazioni emerse sui tagli della legna.

Il bosco ha smesso da tempo di essere risorsa economica per la vita della montagna in termini di legnatico. Assumono sempre maggior valore altre sue funzioni.
Dal suo carattere di attrattiva paesaggistica alla sua funzione di spugna contro il dilavamento e lo scorrimento selvaggio delle acque piovane ( assorbe le piogge e restituisce l'acqua più lentamente). Il suo ruolo di presidio per l'assestamento del suolo dei versanti impedendo frane di scivolamento ( tali frane nascono per scalzamento al piede di un versante ad opera di acque fluviali o ad opera dell'uomo, o per processi di disgregazione meteorica. Le frane che non dipendono dall'assetto del versante e del suo boscamento cui si riferiva il tecnico provinciale dei tagli, sono le grandi frane gravitative come quelle di Corniglio e di Capriglio).  
Il suo ruolo, inoltre, di assorbimento della CO2 dall'atmosfera e quello di incorporo di carbonio nel suolo dal degrado graduale della sua necromassa. 
Infine la sua funzione di polmone per il ricambio dell'aria impregnata di polveri ed ossidi della Val Padana.

Ma i tagli dei boschi nella nostra montagna sono ripresi con una intensità senza precedenti negli ultimi anni.

Se gli ettari richiesti al taglio e i tagli stessi riguardano solo in minima parte l'autoconsumo, significa una sola cosa : I TAGLI SONO DETTATI DAL MERCATO.
E' il mercato a decidere la quantità di esbosco del ceduo, la tempistica dei tagli e la destinazione della legna.
E nessuna legge o normativa lo può fermare. Non lo fanno le amministrazioni o la forestale, che al massimo comminano qualche multa che non funzionerà da deterrente perchè verrà poi discussa e ridotta in Comunità Montana.
Che, poi, il problema vero non è la qualità dei tagli, il modo in cui sono fatti ( anche se è un problema reale),ma il fatto che non c'è alcun limite alla loro quantità se non il mercato stesso e la sua domanda.
Il mercato, attraverso imprenditori e commercianti, scambia denaro con legna da ardere. Consuma una risorsa fondamentale per la montagna per pochi spiccioli.
Infatti, di tutto quel denaro resta poco in montagna.
La gran parte dei soldi per i proprietari dei boschi tagliati va in città ( i 3/4 delle case di montagna sono ormai seconde case e così presumibilmente anche le proprietà boschive). La gran parte della remunerazione per il lavoro di taglio va a gente dell'est-europa pagata in nero. Una quota consistente di denaro serve a ripagare
i macchinari necessari al taglio industriale. Ma la fetta più consistente va a chi commercia la legna, agli agenti del mercato.
Certo, anche in montagna c'è qualcuno che intasca soldi. Se uno che fa tagliare il suo bosco, riceve 1.000 euro per ettaro, ma poi per vent'anni non se ne parla più.
Se è uno che taglia in proprio, viene ripagato il suo sudore e la fatica che ha fatto.
Ma i pochi soldi che restano in più in montagna non creano un'economia. Non circolano lassù, non fanno lavorare altra gente, al massimo servono solo a comprare beni di consumo giù in città.
Se è uno di città che ha fatto tagliare, uno che ha ancora boschi lassù, incassata quell'una tantum di 1.000 o 2.000 euro non potrà più contare in futuro su quella misera rendita per far fronte alla crisi economica che morde. Non può, certo, esser quella la soluzione dei suoi problemi.
Pochi spiccioli che non mettono in moto un'economia e che consumano una risorsa naturale essenziale.
Pochi spiccioli divisi tra tante persone e tanti soldi, soldi veri solo per pochi, per i padroni del mercato.

Se il valore dei boschi è ormai altro, se la loro funzione è quella di un bene comune a tutti gli effetti, occorre ripensare la legge, le normative e il ruolo delle amministrazioni. Non basta progettare i tagli perchè siano fatti a regola d'arte, occorre limitarne la quantità e la distribuzione, disancorandoli dal mercato.
Probabilmente occorrerà sviluppare consorzi di proprietari che decidano in proprio le quote di taglio e il rapporto col mercato.

Se occorre ripensare alla loro funzione ad al loro valore, occorre contrastare la speculazione sulla legna da ardere.