"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

domenica 17 novembre 2013

Tagli boschivi e normative

I criteri attuali delle normative forestali sui tagli, orientati alla funzione produttiva di legna dei boschi, si rivelano inefficaci di fronte a crescenti richieste di conservazione della biodiversità ed al valore economico e turistico del bosco come componente del paesaggio. 
Esiste oggi la necessità di predisporre progetti di taglio alternativi e più aggiornati per costruire consenso sociale attorno a nuovi, più completi e trasparenti indirizzi di gestione del patrimonio forestale.
Il bosco ceduo si trova da tempo al centro di un dibattito tra chi ne riconosce il carattere di sostenibilità e chi invece non lo considera compatibile con tale requisito.
Il tentativo di far coincidere il concetto di sviluppo economico con la crescita del PIL si manifesta attraverso due eclatanti fenomeni presenti in quasi tutti i paesi industrializzati: una crescente disoccupazione e un crescente degrado dell'ambiente.
Il taglio raso generalizzato del ceduo, come si sta di nuovo realizzando oggi, non risolve assolutamente il problema dell'occupazione in montagna mentre accresce notevolmente il degrado dell'ambiente.
La crescita economica non ha niente a che fare con l'equilibrio biofisico, che è invece alla base dello sviluppo sostenibile.

Il bosco per eccellenza è la foresta, la faggeta del Casentino, le distese di grandi alberi dei parchi naturali. E' anche l'intricata macchia mediterranea.
Ma nel nostro paese esiste tutt'ora il bosco da sottoporre a taglio economico, a ceduazione per produrre legna da ardere. Ed è circa 1/3 di tutta la superficie boschiva.
Dalla fine dell'800 agli anni '60 del novecento il bosco ceduo ha avuto una funzione energetica preminente ed è stato sottoposto ad un taglio economico anche decennale. La sua funzione è stata poi soppiantata dai combustibili fossili e i boschi sono stati gradatamente abbandonati.
La maggior parte del bosco ceduo infatti è oggi un ceduo invecchiato.
Da uno studio della dott.ssa Annalisa Paniz di AIEL ( azienda italiana energia dal legno) si apprende che al 2012 il nostro paese ricava dai boschi cedui, estesi per circa 3.663.000 ha, circa 12,5 milioni di t. di legna da ardere e circa 0.8 mln. di t. di pellet corrispondenti a circa il 92% del loro accrescimento annuo, cioè della loro possibilità di ricostituirsi.
La soglia della loro rinnovabilità è quindi molto vicina ad essere intaccata.
E' una ripresa dei tagli dovuta alla speculazione sulla legna da ardere e sulle biomasse che rischia di intaccare seriamente la superficie fogliare e quindi di compromettere anche la capacità di cattura di CO2 da parte dei boschi.

I boschi cedui devono rimanere in proporzione agli abitanti che popolano la montagna ed ai loro bisogni di autoconsumo di legna. I rimanenti possono essere avviati a totale recupero come corpi forestali effettivi, 
avviandoli da cedui invecchiati a fustaie.

Gli svantaggi ecologici, infatti, associati all'esercizio della ceduazione, possono essere gravi se associati agli effetti a breve dei cambiamenti climatici.
  • Erosione e dilavamento del suolo. In seguito alla ceduazione del soprassuolo si verificano bassi valori di copertura fogliare che accentuano i rischi idrogeologici legati a fenomeni di erosione e di dilavamento, in particolare subito dopo il taglio raso.
  • Impoverimento del suolo. Erosione e dilavamento del suolo sono conseguenza diretta del progressivo impoverimento del soprassuolo boschivo. La ceduazione può inoltre comportare un graduale esaurimento del terreno a causa dello squilibrio tra le sostanze asportate e humus non ricostituito.
  • Riduzione del ciclo biologico degli alberi. Con il governo a ceduo i cicli di produzione hanno una durata di pochi decenni con turni anche solo di circa 15 o 20 anni. L'estrema riduzione dei cicli biologici determina una notevole disparità rispetto alla naturale longevità secolare delle specie arboree;
  • Riduzione della variabilità genetica. La riproduzione agamica, tramite polloni, non può essere considerata “rinnovazione”. Se è tale sotto il profilo legnoso-produttivo, dal punto di vista ecologico è un patrimonio genetico che si mantiene in vita, ma non si “rinnova”. Al contrario, la variabilità genetica si riduce.
  • Modificazioni estetiche e paesaggistiche. La ceduazione può provocare un forte impatto sul paesaggio, soprattutto nel caso di tagliate di una certa estensione.
A seguito delle tagliate il paesaggio è percepito come bruscamente alterato per la durata di anni.

E'possibile valutare misure di tutela e contenimento dell'impatto ambientale, in relazione agli obiettivi di Rete Natura 2000.
  • applicazione di turni più lunghi rispetto a quelli tradizionali;
  • riduzione della superficie delle tagliate;
  • sospensione delle utilizzazioni in zone di criticità (ad es. rilascio di fasce di rispetto);
  • adozione di tassi di utilizzazione cautelativi;
  • differimento spaziale delle utilizzazioni al fine di non creare ampie superfici prive di copertura;
  • rilascio di matricine, dove possibile per gruppi, e di specie diverse da quella principale per favorire la creazione di popolamenti misti;
  • rilascio di individui di grosse dimensioni di specie rare o sporadiche, o fruttifere
  • rilascio in bosco dei residui delle utilizzazioni dove non esistano particolari problemi legati al rischio di incendio, con l'obiettivo della creazione di humus.

Giuliano Serioli