"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

lunedì 24 giugno 2013

Risorse naturali e sviluppo sostenibile


Negli ultimi vent'anni l'espressione sviluppo sostenibile è stata fatta propria sempre più spesso dai politici.
Perché dà loro carta bianca nel rapporto tra economia ed ambiente.
Consente, infatti, di fissare degli obiettivi ma perseguendo qualsiasi strategia.
La debolezza di tale concetto sta proprio nel fatto che non dice cosa bisogna fare e cosa non fare.
Invece di ripromettersi uno sviluppo sostenibile sarebbe meglio affrontare una per volta le cose insostenibili.
Per risolverle.
Meglio che stilare progetti di PAES che rischiano di rimanere astratti, non applicati.
Con le energie rinnovabili e la green economy l'espressione sviluppo sostenibile è diventata di uso comune.
Proprio per questo a noi interessa soprattutto ciò che è insostenibile per l'ambiente per combatterlo.
Insostenibile è principalmente consumare le risorse naturali.
Consumare vuol dire anche usare male, ma significa soprattutto ridurre.
Tale cattivo uso è particolarmente evidente quando si vuole ricavare energia dalle biomasse.
Se si pensa di produrre energia dalla combustione degli scarti di risorse naturali si commette un doppio errore.
Da una parte si immettono nell'aria inquinanti pericolosi per la salute e per l'ambiente che si sommano a quelli già esistenti.
Dall'altra è fatale che si tenda a generalizzare tale metodo di produzione arrivando a consumare direttamente
le risorse naturali quando gli scarti non bastino più. Come è il caso delle centrali a cippato di legna vergine che dipenderanno sempre più dal consumo di superficie fogliare dei boschi.
O come quello degli scarti animali sottratti sempre più all'industria del pet-food per la produzione di grasso colato da bruciare in impianti tipo Citterio.
Similare è l'esito della produzione di biocombustibili da coltivazioni dedicate, perché così si sottraggono ettari alla produzione di alimenti e, con la concimazione chimica e i diserbanti, si consuma la risorsa naturale suolo, reso infertile dalla mancanza di elementi organici.
Oggi, tale utilizzo è in mano alla speculazione ed alle mafie. Essi non si preoccupano dei danni che possono arrecare all'ambiente ed alla salute dei cittadini
La ricerca di innovazione, infatti, si è concentrata soprattutto sulle tecnologie della combustione: inceneritori di rifiuti, centrali a cippato di legna, centrali ad oli vegetali, ad oli animali, pirogassificatori.

Le amministrazioni locali, dal più piccolo comune fino a Province e Regioni, quando non del tutto escluse dal processo e ridotte a mere esecutrici del dettato governativo, ricalcano tale dinamica convogliando finanziamenti anche europei solo su tagli boschivi industriali ed impianti combustori, invece di puntare ogni euro disponibile sul risparmio energetico, vero volano del coinvolgimento diretto dei cittadini e della ripresa occupazionale nell'edilizia.

Gli incentivi pubblici vanno a premiare principalmente la cosiddetta cogenerazione fatta da tali inceneritori grandi e piccoli che producono energia elettrica fuori mercato e che il più delle volte disperdono in aria l'energia termica, cioè tanta CO2.
Altresì, premiano centinaia di centrali a biogas alimentate non con effettivi scarti agricoli o con reflui di allevamenti animali, ma principalmente con insilati di mangimi vegetali da coltivazioni dedicate il cui effetto è sia di inquinare ulteriormente la Pianura Padana, sia di inquinare il mercato dell'affittanza agraria.

Se gli incentivi premiano principalmente la speculazione, le normative le spalancano la porta accontentandosi di limiti di emissioni solo formali, cartacei e per di più autocertificati, mai realmente controllati dagli organi preposti.
Ma, soprattutto, nessuna normativa vigente prevede la coagulabilità delle emissioni in essere con lo stato dell'inquinamento già esistente, quasi che nessun ente autorizzante sappia che l'aria della Pianura Padana è un coacervo di inquinanti, impregnata di polveri sottili e di ossidi di azoto.

Oggi la UE arriva a bocciare i cogeneratori a biomassa nel nostro paese dove la direttiva aria risulti violata, cioè in aree che già superano i valori limite, tipo il cogeneratore Citterio nel Comune di Felino.

Nostro compito è denunciare e combattere tale insostenibilità.



Giuliano Serioli

Amianto, la battaglia finale

Dopo l'onda emotiva della sentenza di Torino non ci si può fermare.
Le associazioni esposti e parenti vittime dell’amianto, le associazioni ambientali, i comitati che da anni si battono perché l’enorme problema amianto possa trovare soluzione con una legge del Parlamento Italiano, devono proseguire la loro azione.

E' inaccettabile che tutto rallenti e sopisca all'interno di una più generale emergenza sanitaria e ambientale.
Chiediamo pertanto alle forze politiche presenti in Parlamento di inserire questo tema tra le priorità sanitarie e ambientali e l'occasione per farlo c'è.
Il DDL “Norme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell'ambiente dall'amianto, nonché delega al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di amianto” è stato depositato in Senato il 15/03/2013 primo firmatario Felice Casson.
La proposta si prefigge di riunire in un testo legislativo unico la complessa questione amianto, con la finalità di correggere le storture e le lacune delle norme vigenti.
Il disegno di legge intende poi preordinare al meglio le modalità per una più efficace prevenzione sanitaria, tutela economica per gli esposti, censimento e piano di bonifica delle aree contaminate dall'amianto, e il divieto (art.13) all’estrazione e l’utilizzo delle pietre verdi,come definite ai sensi del decreto del Ministro della sanità 14 maggio 1996.
L’articolo 13 è il fulcro della battaglia civile di “Cave all'Amianto? No grazie!”,successivamente condivisa da Rete Ambiente Parma e Coordinamento Nazionale Amianto, sostenuta da Isde Italia ed altre molteplici sigle dell'ambientalismo e del volontariato sanitario.
E' fondamentale cancellare l’allegato 4 del DM 14 maggio 1996.
Superato l'allegato 4, l'estrazione di amianto ricadrebbe automaticamente nel settore estrattivo sotto il principio più generale, per il quale è vietato commercializzare materiali con contenuto di sostanze dichiarate cancerogene superiore allo 0,1%.
Questa infatti è la norma che causa prima di ogni altra il perdurare della dispersione di nuove fibre di amianto in ambiente.

L'antefatto.

Il parlamento italiano varò nel 1992 la legge n.257 dal titolo “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Il decreto attuativo fu emesso nel 1996, quando il governo emanò il DM 14 maggio 1996 dal titolo “Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto... (omissis)”.
Il titolo non inganni. Il decreto all'allegato 4, “Criteri relativi alla classificazione ed all'utilizzo delle pietre verdi in funzione del loro contenuto di amianto”, di fatto ha consentito di continuare a cavare amianto; si è autorizzato anche l’apertura di nuove cave, a patto che il materiale estratto non liberasse amianto in ambiente al di sopra di determinate concentrazioni.
La procedura di controllo è talmente macchinosa da essere dichiarata inapplicabile da ARPA Emilia Romagna. ARPA Valle d’Aosta afferma che il tout-venant (prodotto) della miniera di Balangero (la più grande cava di amianto d’Europa con una concentrazione di amianto dal 6 all’8%) dopo la frantumazione primaria e secondaria rilascia in ambiente una grande quantità di fibre di amianto, ma sottoponendo il tout-venant della miniera di Balangero alle metodiche previste dall'allegato 4 il minerale risulterebbe “non pericoloso”.
Si tratta anche in questo settore di far valere il principio secondo il quale i materiali più pericolosi devono essere sostituiti con altri a minor impatto negativo.



Altro punto importante è fissare termini perentori affinché le regioni completino il censimento dei siti contaminati da amianto industriale e naturale.
Il censimento delle cave contaminanti su ofiolite affidato dalla legge alle Regioni è a tutt’oggi incompleto.
Questa è la premessa necessaria affinché tali siti possano essere dichiarati contaminati da amianto naturale. In tal senso si è mossa la Regione Emilia Romagna, anche se la stessa consente ancora di cavare in quei siti che ARPA ha già dichiarato contaminati.
Nel piani di bonifica dall'amianto sarà importante inserire anche i siti oggetto di escavazione,abbandonati e mai naturalizzatati, come peraltro già previsto dalle leggi vigenti - ma disattese-, secondo un nuovo calendario perentorio compatibile con le risorse disponibili.


Fabio Paterniti
Cave all'amianto? No grazie!
http://www.caveallamiantonograzie.info/


Approfondimenti

Comitato Cave all’amianto No Grazie: dossier cave

Sentenza del Consiglio di Stato
Commento alla sentenza

Risoluzione ISDE Italia

Le Pietre Verdi secondo Edoardo Bai Istituto dei Tumori Milano

ARPA Valle d’Aosta Commento Indice di rilascio DM 14 maggio 1996

Un esempio di contaminazione industriale: Ex Cemamit di Ferentino

Un esempio di contaminazione civile

Dossier Dott. Vito Totire medico del lavoro Ausl Bologna

Rete Ambiente Parma – Cave ofiolitiche rischio negato

lunedì 17 giugno 2013

Lesignano e la pollina

Un impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, come quello che vogliono impiantare a S. Maria in Piano (Lesignano), prevede di bruciare e gassificare circa 400 kg/h, cioè 9,5 t. al giorno, quindi 3.000 t. annue per produrre 150 Kw/he.
Infatti ha un rendimento bassissimo, circa del 13%. Circa 12 mln Nm3 annui sono i gas emessi. Produrrà circa 1.200 Mwe e accederà a circa 330.000 euro di incentivi pubblici.
Ma 10.000 tacchini producono 400 t. annue di pollina. Da dove il resto?

La pollina è un ottimo concime naturale, ma uno degli effetti collaterali della pur sacrosanta "direttiva nitrati", cioè della necessità di diminuire la quantità di azoto per ettaro, è che si sta favorendo la termogassificazione della pollina per produrre energia elettrica anche se con un rendimento ridicolo ( 13%) e con emissioni nocive per l'ambiente.

In gran parte, la concimazione dei terreni è ormai fatta con fertilizzanti chimici, sovraccarichi di azoto e privi di sostanza organica.
I fertilizzanti agricoli sono ormai un optional : vicino ad allevamenti industriali sono sparsi in eccesso, da altre parti in misura anche nulla.
Fare a meno o diminuire la concimazione chimica vuol dire mettere un freno alla lisciviazione dell'azoto di sintesi o minerale, il primo a finire nella falda acquifera,inquinandola, rispetto all'azoto organico.
Se si riduce ulteriormente la concimazione da reflui animali e l'azoto di origine organica i terreni diventano infertili, polverosi, perchè privi di struttura humica.
Il carico di azoto degli avicoli è inferiore a quello degli altri animali da allevamento.

Perchè, allora, bruciare pollina ed avere emissioni nocive e ceneri dell'ordine del 7% del combusto, come nell' impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, che vogliono impiantare a S. Maria in Piano (Lesignano)?

Semplice. Perchè è la soluzione più facile,anche se la più impattante sull'ambiente, per accedere agli incentivi.

La digestione anaerobica della pollina è di particolare importanza dato l'elevato potenziale energetico della matrice.
Problematica, però, per la biodigestione è l'elevato contenuto di azoto minerale ( acido urico) che in quelle proporzioni inibirebbe lo sviluppo batterico da cui prende avvio il processo.
Tale contenuto di azoto deve essere ridotto attraverso un pretrattamento volto alla formazione di un sale, il solfato d'ammonio, recuperabile come concime al posto di quelli sintetici, come si diceva più sopra.
Il pretrattamento della pollina consiste nello strippaggio dell'ammoniaca con acido solforico e con recupero del solfato d'ammonio con uno scrubber.
In tal modo può essere digestata anche pollina fino al 100%.

Con gli insilati la resa di metano è di 100 m3/t, con le deiezioni animali è il doppio.

La tecnica dello strippaggio con aria a pressione prevede il passaggio dell’ammoniaca, presente nel liquame
in soluzione acquosa, in forma gassosa nell'aria. Il flusso gassoso così prodotto viene intercettato da uno scrubber (torre di lavaggio) che cattura l’ammoniaca presente, per contatto con una soluzione acida, in 
modo da produrre un sale di ammonio stabile.
Si tratta di un processo che necessita di quantità notevoli di energia termica; la sua applicazione, quindi, non può fare a meno della disponibilità di una fonte energetica a basso costo, come quella che potrebbe essere fornita da un impianto di digestione anaerobica, il cui biogas venga utilizzato per produrre anche energia termica necessaria allo strippaggio.

Dove finisce l'Ammoniaca strippata?

Nella maggior parte dei casi l'Ammoniaca che viene prodotta dall'impianto di strippaggio viene assorbita tramite un processo che utilizza come liquido di lavaggio una soluzione di Acido Solforico: per ogni kg di Ammoniaca occorrono 3 kg di acido solforico.
In questo modo si ottiene un sale, il Solfato d'Ammonio, che può essere gestito come un inerte.

Il Solfato di Ammonio è un ottimo fertilizzante.


Serioli Giuliano

domenica 16 giugno 2013

Per un'analisi della green economy

La green economy nel nostro paese ha avuto solo uno sviluppo speculativo.
Ha lasciato analisi e dotti discorsi ad università e ad ambientalisti accademici e si è accaparrata le energie rinnovabili.

Oggi, il loro utilizzo è in mano ad investitori grandi e piccoli ed alle mafie, i quali non si preoccupano assolutamente dei danni che possono arrecare all'ambiente ed alla salute dei cittadini.
Puntualmente, infatti, la ricerca di soluzioni innovative si è concentrata sulle tecnologie della combustione: inceneritori di rifiuti, centrali a cippato di legna, centrali ad oli vegetali, ad oli animali, pirogassificatori, quando non addirittura su biocombustibili da coltivazioni dedicate il cui effetto è di sottrarre suolo all'alimentazione umana ed animale.

La crisi economica ha fatto da moltiplicatore a tale tendenza trasformandola in dinamica strutturale.

Le amministrazioni locali, dal più piccolo comune fino a Province e Regioni, quando non del tutto escluse dal processo e ridotte a mere esecutrici del dettato governativo, ricalcano tale dinamica convogliando finanziamenti anche europei solo su tagli boschivi industriali ed impianti combustori, invece di puntare ogni euro disponibile sul risparmio energetico, vero volano del coinvolgimento diretto dei cittadini e della ripresa occupazionale nell'edilizia.

Gli incentivi pubblici, erogati dalla Cassa depositi e prestiti attraverso il GSE, vanno a premiare principalmente la cosiddetta cogenerazione fatta da tali inceneritori grandi e piccoli che producono
energia elettrica fuori mercato e che il più delle volte disperdono in aria l'energia termica, cioè tanta CO2.
Altresì, premiano centinaia di centrali a biogas alimentate non con effettivi scarti agricoli o con reflui di allevamenti animali, ma principalmente con insilati di mangimi vegetali da coltivazioni dedicate il cui effetto è sia di inquinare ulteriormente la Pianura Padana, sia di inquinare il mercato dell'affittanza agraria.
Ma non si lesinano soldi nemmeno a quei 35 parchi fotovoltaici, rigorosamente a terra, voluti dalla Provincia di Parma col suo project-financing "Fotovoltaico insieme". Soldi che, curiosamente, non finiscono nelle casse dei comuni, ma in pancia a finanziarie e a ditte costruttrici.
Un fotovoltaico che, mentre in Germania è sui tetti dei cittadini remunerandoli, nella nostra provincia occupa centinaia di ettari di suolo agricolo remunerando banche e finanziarie.

Se gli incentivi sostanzialmente premiano la speculazione, le normative le spalancano la porta accontentandosi di limiti di emissioni solo formali, cartacei e per di più autocertificati, mai realmente controllati dagli organi preposti.
Ma, soprattutto, nessuna normativa vigente prevede la coagulabilità delle emissioni in essere con lo stato dell'inquinamento già esistente, quasi che nessun ente autorizzante sapesse che l'aria della Pianura Padana è
un coacervo di inquinanti, impregnata di polveri sottili e di ossidi di azoto
.

Oggi la UE arriva a bocciare i cogeneratori a biomassa nel nostro paese dove la direttiva aria risulti violata, cioè in aree che già superano i valori limite, tipo il cogeneratore Citterio nel Comune di Felino. Le
province dell'Emilia Romagna si pronunciano per una soluzione diversa dall'incenerimento dei rifiuti, tutte tranne la Provincia di Parma, tranne Bernazzoli che deve difendere il suo accordo con Iren e
l'inceneritore di Uguzzolo.
La stessa giunta comunale di Langhirano si pronuncia contro la combustione di biomasse sul suo territorio.
Mentre nel Paes approvato dal comune di Felino è dato risalto al cogeneratore a grasso animale di Citterio, nel Paes di Sala Baganza,furbescamente, non se ne fa parola, si menzionano solo impianti a biogas e la produzione di biometano.

Evidentemente, non è vero quello che affermano amministratori sia di destra che di sinistra , che le normative vanno solo applicate.
Possono, al contrario, essere valutate e, se il caso, messe in discussione.
Gli amministratori sono eletti dai cittadini, sono i loro rappresentanti nelle istituzioni. Quando dubitano dell'efficacia di una normativa debbono sottoporla al vaglio della cittadinanza, debbono opporvisi quali
interpreti del principio di precauzione.


Nella realtà, tale ruolo di opposizione, di contrasto alla speculazione lo stanno assumendo i comitati spontanei di cittadini.
Sono ormai centinaia ed è ridicolo considerarli come conseguenza dell'effetto Nimby, del fatto che i cittadini non vogliano tali impianti solo perché vicini a casa loro.
Il loro impegno e la loro dedizione li qualifica come un nuovo movimento di lotta civile per la difesa della salute e del territorio.

Perchè il vero tema in discussione, oltre alla salute dei cittadini, è quello delle risorse naturali.

La green economy, la speculazione sulle energie rinnovabili tenderà ad appropriarsi di tutte le risorse naturali consumandole : acqua, aria, suolo e patrimonio boschivo.
Nessun limite sarà rispettato.
Dalla privatizzazione dell'acqua all'inquinamento delle falde acquifere per lo spargimento selvaggio delle deiezioni animali o dei digestati.
Dall'ulteriore inquinamento dell'aria con inceneritori tipo Citterio in zone che già superano i valori limite alla risalita dell'inquinamento su per le valli montane con l'introduzione di centrali a cippato di legna.
Dalla continua distruzione di suolo agricolo con la cementificazione in atto nei paesi della pedemontana, quegli stessi che si definiscono "comuni virtuosi", all'occupazione di centinaia di ettari di suolo agricolo da parte dei parchi fotovoltaici a terra in ogni comune della provincia.
Dal taglio boschivo selvaggio ed indiscriminato dovuto alla speculazione sulla legna da ardere al taglio industriale per la cosiddetta "pulizia dei boschi", finalizzato in realtà a costruire un mercato del cippato di legna per le centrali medesime.

E' possibile uno sviluppo alternativo delle energie rinnovabili?

Certo, a patto che non consumino risorse naturali ma le valorizzino.

Impianti a biogas di piccola taglia che utilizzino effettivi scarti agricoli, deiezioni degli allevamenti e scarti dell'agroalimentare per produrre biometano.
Impianti fotovoltaici comunali sui tetti delle case coinvolgendo i cittadini.
Impianti solari termici collegati alla ristrutturazione delle case.
Sviluppo edilizio di sola ristrutturazione dell'esistente volto principalmente al risparmio energetico.
Ristrutturazione dei borghi di montagna all'insegna del risparmio energetico per lo sviluppo di una
ricezione turistica diffusa ed accogliente.




Giuliano Serioli