"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

giovedì 19 dicembre 2013

Considerazioni sui tagli di faggete (tra un tecnico dei tagli e Reteambiente)


Una premessa. Ciò cui qui si fa riferimento è un elaborato di Dimitri Bonani, in cui l'autore, tra le altre cose, accenna al taglio completo di una faggeta secolare in zona preparco, nella comunalia di Valditacca. Che senso ha, si è chiesto Dimitri, abbattere alberi centenari in nome della biodiversità?

Da qui prendono spunto considerazioni sul tema da parte di un tecnico dei tagli e il sottoscritto.
Ho appena letto il vostro articolo.
Quante lacune tecniche di tipo selvicolturale!
una domanda: "Ora c'è stato un altro taglio in Val di Tacca, addirittura più grande, in cui sono stati smantellati in un attimo ettari di faggete di 120 anni di età, con la ridicola scusa di creare maggiore biodiversità."
Mi dici su che basi scientifiche sostenete questa sciocchezza?
Sono molto curioso.
Ciao!
Simone Barbarotti
2013/12/9 Giuliano Serioli ha risposto
“Il bosco, se non viene tagliato, muore”, è una frase che si sente spesso. Ma poiché i boschi erano presenti sulla Terra da molto prima degli uomini, è chiaro che possono fare a meno di noi e delle nostre “cure”, i boschi servono agli uomini e non viceversa.
Ma questa frase un senso ce l’ha. In un bosco che non viene tagliato gli alberi continuano a crescere facendosi concorrenza, ci sarà quindi una selezione naturale ed alcuni alberi moriranno per mancanza di luce.
Quindi se il bosco non viene tagliato alcuni alberi muoiono, ma non l’intero bosco, anzi un bosco naturale è caratterizzato proprio dall’abbondante presenza di alberi morti in piedi e a terra, che permettono la vita di tanti organismi piccoli e grandi, come i coleotteri del legno, ormai sempre più rari in tutta Europa tanto da essere oggetto di specifici atti di tutela.
C’è un’altra situazione, i boschi naturali sono fustaie, cioè gli alberi sono nati dal seme, mentre molti boschi gestiti dall’uomo sono cedui, in pratica gli alberi nati da seme sono stati tagliati e sono ricresciute delle piante (polloni) dal ceppo tagliato (ceppaia). Nei boschi cedui, che vengono tagliati ogni 15-20 anni, c’è un numero di alberi molto elevato e se non si interviene col taglio, la competizione è molto forte portando alla morte di un numero considerevole di piante, può sembrare quindi che il “bosco muore”.
Nella faggeta, invece, dove i faggi sono ancora relativamente giovani, sotto non nascono nuove piantine, ma dove i faggi cadono perché vecchi o per altre “cause naturali”, allora nascono e si sviluppano nuovi faggi.
Anche nella faggeta, il bosco non muore in mancanza di tagli, anzi si rinnova da solo, per “cause naturali”.
Molto probabilmente, in tal modo, anche la biodiversità aumenta non tagliando una vecchia faggeta.
Serioli Giuliano

Il 09/12/2013 16.06, Simone Barbarotti ha risposto :
Partire da basi di dicerie "il bosco non tagliato muore" (sciocchezza pazzesca) e su una base di nozioni diciamo "leggere" per criticare interventi programmati, studiati, e approfonditi da anni di ricerche non è un giusto approccio e soprattutto rispetto per chi continuamente osserva e studia le dinamiche dei boschi la gestione degli stessi negli anni.
Permettimi di farti notare che stiamo parlando di tecnica e scienza. E soprattutto di SELVICOLTURA. Che va prima di tutto conosciuta e studiata e poi messa in pratica per anni prima di conoscerla un minimo e di disquisirne. Io stesso mi sento ancora un allievo e mi stupisco quando persone che hanno meno basi di me si sentono tranquillamente in grado di arrivare a conclusioni assolute.
Comunque nel caso di Valditacca, si è fatto un taglio di rinnovazione riconducibile alla Selvicoltura naturalistica. Un taglio a buche.
E' l'intervento che più simula una dinamica naturale di rinnovazione tramite schianti dovuti ad eventi traumatici come crolli e schianti in seguito a tempeste ed eventi traumatici.
Tali interventi vengono realizzati in sintonia con quanto previsto con la gestione del S.I.C. e concorrono all'incremento della biodiversità come lo testimoniano le aree di studio dell''indice di Shannon-Wiener fatti da varie università.
I tecnici naturalisti dell'università profondi conoscitori degli habitat del nostro appennino continuano a sostenere che NONOSTANTE TUTTO gli habitat di faggeta sono in generale di buona qualità e costantemente in aumento.
Se poi la vostra idea è non fare più selvicoltura ed abbandonare i boschi all'evoluzione naturale è inutile parlare di Selvicoltura.

Barbarotti, permettimi:
" il bosco non tagliato muore", che io riporto, non è una diceria è proprio una delle opinioni di selvicoltori e soprattutto di chi taglia.
Non a caso oppongo ad essa l'idea che i boschi possano benissimo fare a meno delle nostre cure per continuare ad esistere.
Con questo non teorizzo che non si debba più tagliare o che la selvicoltura debba essere abbandonata, affermo solo che occorre avere un progetto di tagli differente dal loro stato attuale. Oggi è il mercato speculativo sulla legna da ardere a decidere dove e quanto tagliare.
Non credo sia un criterio valido nè per l'autoconsumo delle genti di montagna, nè per il valore di bene comune che ormai i boschi hanno assunto.
Infatti, la massa boschiva dell'Appennino Tosco-Emiliano, oltre ad avere valore paesaggistico inestimabile, è uno dei polmoni con cui contrastare i veleni e le polveri sottili della Pianura Padana. La sua superficie fogliare è anche la garanzia di continuità della cattura di CO2, necessaria ad impedirne l'ulteriore sviluppo nell'atmosfera.
Se coi tagli massicci attuali non si perde superficie boschiva, si perde sicuramente superficie fogliare ( per ogni taglio ceduo occorrono minimo trent'anni perchè essa si ripristini come prima, per una faggeta di 120 anni è facile immaginare quanti ne occorrano.
Col taglio della faggeta di Valditacca, tu dici si sia fatto un taglio a buche che più simula la rinnovazione naturale del bosco. Un taglio di rinnovazione, dici, per aumentare la biodiversità. Ma in quella stessa faggeta,prima che fosse tagliata, ho visto piante crollate naturalmente per tempeste e bufere di vento.
Quella faggeta stava provvedendo da sola al proprio rinnovamento ed allo sviluppo della rinnovabilità.
Perchè allora tagliarla?
Me l'hai detto tu stesso a voce: per produrre legna da ardere. Non altro.
Ma ha senso tagliare una faggeta secolare per produrre legna da ardere?
Secondo me no.
Ma è solo la mia opinione.
E non voglio assolutamente essere polemico. Credo, anzi, che il confronto di opinioni al riguardo sia necessario perchè la gente sappia cosasta avvenendo e partecipi delle decisioni.

Serioli Giuliano

lunedì 9 dicembre 2013

Il nostro Appennino che muore




La situazione dei boschi nel nostro Appennino è pesantemente cambiata negli ultimi anni.
Se ne sono resi conto in particolare coloro che risiedono nei paesi delle nostre montagne e gli escursionisti, che ripercorrevano quelli che fino a poco tempo fa erano bellissimi sentieri immersi in boschi ricchi di castagni, faggi e betulle.
Ora si ritrovano in enormi radure assolate, con i sentieri sostituiti da larghe carraie adibite al transito di mezzi pesanti per il trasporto di legname e mezzi escavatori.


Una situazione veramente drammatica che non risparmia più nessuna vallata delle nostre montagne, e le segnalazioni di questi scempi giungono da ogni regione italiana.
Per quale motivo la politica ambientale è volta a distruggere il nostro territorio anziché tutelarlo?
La ragione iniziale di tutto questo è da ricercarsi in ambito europeo.
L’Ue infatti elargisce forti finanziamenti a tutti gli enti comunali e provinciali che fanno costruire nel loro territorio centrali a biomasse.

Queste centrali avrebbero la funzione di trasformare il legname in energia termica e a prima vista questa potrebbe anche sembrare una gran bella cosa, ecologica ed economica.

Ma gli studi dicono altro.

Mentre la la resa  resa delle centrali termiche per la produzione di calore può essere del 80%, quella delle centrali a cippato per produzione di elettricità è del 10-15%, il che significa che ben l’85-90% dell’energia termica derivata dalla combustione di legname non viene utilizzata. 
Si spreca così la maggior parte di questa enorme quantità di boschi abbattuti e al contempo si rilascia nell’aria una grande quantità di metalli pesanti derivanti da tale processo di trasformazione, oltre che ovviamente altre grandi quantità di CO2, come ha sottolineato anche Federico Valerio, chimico genovese che ha fatto luce su questi nuovi sistemi.
E' evidente che per alimentare le centrali a biomasse, come ad esempio quelle installate a Monchio e Palanzano, sono necessarie enormi quantità di legname, e il vantaggio economico garantito dagli incentivi fa sì che quasi tutti i comuni del nostro Appennino se ne stiano dotando.
Questo modo di produrre energia elettrica è costoso, inquinante, poco produttivo a livello di energia e totalmente distruttivo per il nostro ambiente boschivo.
Quando le nostre risorse forestali saranno completamente annientate, saremo di nuovo al punto di partenza, con la differenza che poche persone si saranno arricchite e tutti noi resteremo completamente senza boschi sulle nostre montagne, con un tasso di inquinamento evidentemente incrementato dalle combustioni.
E pensare che il bosco è molto importante anche per la pulizia dell’aria, dato che abbiamo valori di PM10 altissimi nel capoluogo.
Il monte Fuso da qualche anno è oggetto di continue deforestazioni pesantissime, in cui gli enti pubblici preposti (come Provincia e Comunità Montana Parma Est) non si fanno problemi a rilasciare continue autorizzazioni per il taglio di ettari e ettari di boschi, su qualsiasi versante e in qualsiasi pendenza, dato che serve continuamente nuovo legname per alimentare gli impianti a biomassa.
Alla richiesta da parte delle associazioni ambientaliste di avere documenti relativi a tutti questi tagli boschivi in atto, gli Enti pubblici come la Provincia di Parma e la Comunità Montana hanno risposto in maniera elusiva, rimpallandosi a vicenda, mentre in realtà sappiamo bene che essi hanno sempre collaborato assieme su questi fronti.
Il taglio selvaggio di ettari di faggete secolari a stretto confine col Parco Nazionale dei Cento Laghi nei pressi di Prato Spilla aveva qualche tempo fa suscitato l'attenzione dei media.
Ora c'è stato un altro taglio in Val di Tacca, addirittura più grande, in cui sono stati smantellati in un attimo ettari di faggete di 120 anni di età, con la ridicola scusa di creare maggiore biodiversità.
Tutto questo è reso anche possibile dallo sfruttamento di mano d’opera proveniente dall’Est europeo pagata con stipendi bassissimi.
Nel solo versante nord del Monte Fuso lavoravano contemporaneamente e in modo ininterrotto sei squadre di taglia-legna con relativi mezzi escavatori.
Io credo che sia un nostro diritto pretendere che il nostro ambiente rimanga intatto come lo è sempre stato e che i nostri figli possano un giorno fare delle belle escursioni nei boschi come le abbiamo potute fare noi e non trovarsi invece in uno spettrale paesaggio devastato, solo per il mero arricchimento di poche persone senza scrupoli che riescono a vedere i boschi solo come una risorsa da sfruttare completamente per un personale ritorno economico.
Se ci uniamo e cerchiamo tutti insieme di fermare l’avanzata di questo eco-mostro, nemmeno i vari enti compiacenti possono fare nulla contro il volere unito della gente, ma se decidiamo invece di chiudere tutti gli occhi, non possiamo poi lamentarci delle conseguenze.
A Parma il gruppo che più di tutti si è battuto su questo fronte è stato quello di Rete Ambiente al quale tutti possono aderire alla pagina web http://www.reteambienteparma.it/
Potete trovare testimonianze fotografiche del taglio dissennato e spiegazioni tecniche ancora più esaurienti.
Ricordiamoci che il futuro nasce dal presente e il presente ce lo stiamo costruendo noi, quindi specialmente ora in cui la persistenza nel voler restare a tutti i costi in questa Unione Europea ci sta procurando seri problemi (tra cui questo), abbiamo il dovere di lottare per riprenderci tutto quello che ci stanno portando via e per uscirne vittoriosi dobbiamo essere tutti più uniti che mai e lottare insieme.

Dimitri Bonani