"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

lunedì 24 febbraio 2014

Montagna, la tempesta perfetta

Il rifacimento della Massese, il taglio dei boschi, ora la pioggia al posto della neve

Negli anni dietro di noi la “riqualificazione” della Massese, una spesa da 20 milioni di euro.
Con dentro una variante necessaria, quella di Ranzano, (e la sistemazione della frana appena oltre il paese), ed un'altra inutile, quella di Groppo, con un costoso nuovo viadotto.
E una marea di “rettifiche stradali”, un eufemismo per semplici tagli e arrotondamenti di curve.
Sulle frane, solo qualche piccola opera qua e là, di pura evidenziazione.
Nel complesso si è trattati di un lavoro costoso, fatto principalmente di immagine, ben simbolizzato dalla variante di Ponte di Lugagnano, con uno scavo durato un anno e mezzo, costato un milione di euro, costituito principalmente dall'eliminazione dal tracciato di un'imprevista grande lente di calcare.


Nella provincia più franosa d'Europa, la nostra, non si è pensato di mettere in sicurezza il tracciato dalle frane relitte o storiche. Bastavano dieci milioni per le varianti fondamentali, e gli altri dieci si potevano spendere per lavori di assestamento dei versanti e di canalizzazione delle acque a ridosso della strada.
Ma sarebbe state opere di scarsa visibilità, e per politici ed per gli amministratori è di fondamentale importanza mostrare e mostrarsi, in vista delle urne a venire.
Un'occasione mancata.
E' in quegli stessi anni che è incominciata la speculazione sulla legna da ardere, spinta da un mercato povero, di sussistenza, originato dalla crisi, un mercato però in grado di muovere numeri notevoli in termini finanziari.
Alcune decine di milioni di euro ogni anno, solo per la nostra provincia.
Ma che produce solo briciole a chi sfacchina, mentre il malloppo andava a chi ha impiantato ditte di taglio con manovalanza non in regola, ed al grande commercio.
Quello che è visibile per le strade fa impressione: ripidi versanti denudati con poche matricine rimaste, che verranno spezzate alla la prima burrasca.
Ma il volume delle cataste di legna tagliata, allineate lungo le strade, ci suggeriscono un taglio più massiccio, che non si vede perché realizzato più in alto. Chi taglia si è fatto furbo ed evita che lo scempio sia visibile. Chi cammina invece, chi va sui crinali, osserva quello che succede, un paesaggio irrimediabilmente intaccato, compromesso.
La Guardia Forestale afferma di aver comminato ammende per 200.000 euro tra il 2009 ed il 2013, ma si dice scettica che vengano effettivamente pagate per le compensazioni attuate dalle amministrazioni.
In pratica non c'è alcun deterrente al taglio senza regole.
Altrettanto grave del taglio dei boschi è la movimentazione del suolo da parte di caterpillar, trattori e altri meccanismi industriali in possesso di aziende edili trasferitesi armi e bagagli in montagna a far man bassa del “nuovo petrolio”, la definizione data ai nostri alberi da un funzionario della Provincia.
Nel suolo dei boschi è contenuta una grande quantità di carbonio, il doppio della CO2 catturata dalla loro superficie fogliare. La movimentazione del suolo, oltre a creare carraie dove prima c'erano piccoli sentieri e vere e proprie strade carrozzabili dove prima c'erano solo carraie, produce la dispersione in aria del carbonio immagazzinato nel terreno in centinaia di anni, contribuendo all'aumento dell'effetto serra ed al cambiamento del clima della nostra montagna.
Tutti tagliano ma di soldi in montagna ne girano ben pochi.
Chi fa tagliare il suo bosco prende qualcosa, e neanche tutto.
Poi, per vent'anni, non se ne parla più.
Chi taglia, invece, prende quello che la sua fatica ha prodotto. Magari lo si vede con un trattore nuovo fiammante, con il finanziamento a fondo perduto del 60%, così i soldi non rimangono in montagna, ma finiscono alle aziende industriali del settore che producono materiali per il taglio.
Tagli massivi, distruttivi del suolo, scriteriati nelle modalità, che si saldano con la forte intensità della pioggia, che ha preso oggi il posto della neve anche in montagna.
Versanti denudati, strade sfondate, interrotte dalle frane, borghi isolati e minacciati.
E nessuno in grado di fermare questo scempio.
Se i boschi stanno diventando delle gruviere, se le strade sono sfondate dai camion che portano via la legna, Massese compresa, ora ci si è messo anche un inverno atipico a dare il colpo di grazia.
Poca neve, molta pioggia.
Si tratta delle avvisaglie di ciò che capiterà sempre più spesso, un cambiamento climatico per il quale occorre attrezzarsi.
Non è più possibile rincorrere i disastri dopo che sono capitati, senza aver fatto niente per evitarli.
Le responsabilità vanno individuate e denunciate.
La gente deve sapere.
Pietta non nasce dalla casualità, ma dalla causalità.


Giuliano Serioli