"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

lunedì 7 luglio 2014

Tagli suicidi

La crisi della montagna sembra non aver mai fine

L'ultima notizia è sulla bocca di tutti: la legna a tronchetti viene pagata 4,5 euro al quintale.
Questo significa che se ne è tagliata troppa rispetto alla domanda e il mercato ha fatto scendere il prezzo.
Nel 2009 era venduta a 9 euro, ma poi si è cominciato a tagliare a più non posso.
E' scesa a 5,5 euro nel 2011 per poi stabilizzarsi a 6 euro nel 2012.
Ed ora l'ulteriore sensibile calo.


Il prezzo al quintale è un indicatore infallibile di quanto si sia tagliato: più il prezzo scende, più boschi sono stati decimati.
Ma di dati provinciali non ce ne sono e nemmeno a livello regionale.
E' disponibile un dato nazionale sulla legna consumata nel 2013, elaborato da AIEL (azienda italiana energia dal legno).
In totale sono 19,3 milioni di tonnellate.
Di queste, 3,5 milioni vengono importate dall'estero, che sottratte al totale ci danno la legna prodotta in Italia, 15,8 milioni di tonnellate.
Stiamo superando la sostenibilità ed intaccando la rinnovabilità dei nostri boschi.
Infatti la superficie boschiva da cui è possibile ricavare legna è costituita dai 3.663.000 ettari di bosco ceduo che, moltiplicati per il 4% di accrescimento annuo per ettaro, danno 14,6 milioni di tonnellate.
Solo l'anno scorso, quindi, abbiamo tagliato 1,2 milioni di tonnellate di legna in più di quanto consentito dalle normative nazionali e regionali che preservano la rinnovabilità.
Le autorità, gli enti preposti, la stessa AIEL, la Coldiretti, negano che la rinnovabilità sia intaccata, anzi per loro c'è ancora tanto da tagliare. Il loro giochino è di riferire quanto si è tagliato non al bosco ceduo, ma all'intera superficie boscata nazionale che è di quasi 11 milioni di ettari.
Ma la superficie boschiva totale contiene anche boschi ripariali, macchia mediterranea, parchi.
Ettari che non possono essere tagliati per produrre legna.
Nella nostra montagna, invece, ed in tutto l'Appennino Tosco-Emiliano la situazione è ancora più grave perché il bosco ceduo rappresenta l'80% di tutta la superficie boschiva e quindi i tagli riguardano la quasi totalità dei boschi.
Da Cervarezza a Corniglio i boschi dei nostri monti: Ventasso, Alpe di Succiso, Fageto, Costa Maria Gallina, Caio, Navert ed Acuto, sono costellati di buchi come gruviere.
Si stima che in questi ultimi 5 anni sia stato tagliato il 20% della loro superficie fogliare, con gravi danni idrogeologici ai versanti (frane), danni paesaggistici e altrettanto gravi danni a tutte le strade: comunali, provinciali e statali, rese difficilmente percorribili non solo per le frane, ma anche perché il manto stradale risulta letteralmente sfondato dal peso dei camion che portano legna in pianura.
Quelli che tagliano non sono solo boscaioli del posto che hanno sempre fatto il mestiere.
Si sono messi a tagliare un po' tutti, magari pagando in nero operai dell'Est Europa, perché da soli non ce la fanno.
Tagliano anche aziende edili in crisi provenienti dalla pianura o dalla città (come sottolinea la Forestale), con tutto il loro armamentario di scavatrici e pale meccaniche cingolate che trasformano sentieri in carraie, rovinando interi versanti.
Quelli che tagliano si difendono dicendo che sia l'unico lavoro che c'è e che fa girare un po' l'economia in montagna.
E' proprio vero?
A 4,5 euro al quintale la spesa per il taglio forse supera il guadagno.
Molti di quei soldi vanno a chi effettua il taglio, altri servono a pagare il proprietario del bosco, altri ancora servono a pagare le spese e infine una grossa fetta va a coprire le rate per i trattori nuovi che si vedono ormai da ogni parte.
Il prezzo del trattore nuovo da 120 cavalli è molto scontato per gli incentivi statali.
Per i primi 3 anni di mutuo non si pagano interessi perché paga la Regione.
Ma dopo le rate arrivano tutte in una volta e sono salate.
Nei borghi non si vede un negozio che apre.
Anzi ne chiudono in continuazione perché non ce la fanno, così anche le osterie perché di turismo non ce n'è quasi più.
E quei soldi che dicono girino per la montagna dove vanno allora?
Forse proprio alle industrie che producono attrezzi di taglio e trattori, oltre che nelle tasche di qualche furbo che li mette in banca o si compra un appartamento al mare.
E' così che si crea un'economia che fa rivivere la montagna?
Crediamo proprio di no.
Così si contribuisce solo a distruggerne le risorse.
Di attenzione cosciente, per il destino delle terre alte, proprio non se ne vede.

Giuliano Serioli
7 luglio 2014

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense