"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

venerdì 16 maggio 2014

Piano per la montagna, fronte condiviso

Un piano industriale per la montagna su cui convogliare i finanziamenti europei e regionali per sostenere la ripresa edilizia e il risparmio energetico nei borghi

I candidati sindaci presenti mercoledì al circolo Baccoverde hanno convenuto che le attuali centrali a cippato sono un investimento sbagliato, per non dire di Citterio, dove la combustione di biomassa (grasso animale), oltre che dannosa per la salute, è di fatto solo speculazione.
“Se questi impianti che bruciano legna e bollono ossa, ha affermato Margherita Folzani, non avessero incentivi pubblici, se l'energia prodotta e venduta ad Enel venisse pagata tanto quanto costa al consumatore, nessuno li farebbe perché non c'è guadagno”.
Cervellotico, oltre che sbagliato, produrre calore dal cippato senza ristrutturare case e borghi per trattenerlo, risparmiando il più possibile l'energia.


Perché il vero risparmio energetico è la riduzione dei consumi.
Sul fronte degli investimenti, per eliminare ulteriore consumo di suolo è poi necessario e urgente che le amministrazioni mettano a disposizione gli immobili dismessi, facendoli ristrutturare per una diversa e diffusa ricezione turistica.
Non certo per spendere un milione di euro per 7 posti letto, come avvenuto con la cascina delle Ciliege a Casarola e con la cascina Cavalli a Riana.
Ristrutturare e riutilizzare, poi, stagionature dismesse, per una ripresa della produzione artigianale di eccellenze alimentari, tramite l'introduzione e l'uso di macelli intercomunali facenti capo alle
costituende Unioni dei Comuni.
La prevenzione dei disastri e delle frane è tutt'uno con la corretta valorizzazione dei boschi ed il loro mantenimento. Il taglio del bosco, la legna da lavoro e l'autoconsumo sono altra cosa dal taglio
generalizzato che lascia nudi i versanti montani e porta in pianura la risorsa bosco unitamente alla gran parte dei proventi.
Il taglio speculativo non crea economia in montagna.
I soldi dei tagli vanno a chi commercia la legna in pianura e ai produttori di macchinari e trattori, mentre dovrebbero restare in montagna e finire nelle tasche dei boscaioli locali che fanno il loro lavoro.
La filiera della legna porta via una risorsa, lasciando poco o niente in montagna.
Senza un'economia nelle alte terre, non solo non è possibile fare prevenzione, ma sarà anche sempre più difficile garantire i servizi minimi essenziali nei borghi, quali scuole e strutture protette per anziani.
Senza un progetto di turismo diffuso e di lavorazione artigianale di prodotti alimentari di eccellenza, la montagna è condannata a non avere un'economia.
E le sue risorse naturali continueranno ad essere svendute alla speculazione.

Parma, 16 maggio 2014

Giuliano Serioli, Rete Ambiente Parma
Corrado Mansanti, candidato sindaco a Monchio con la lista "Unità, impegno, democrazia"
Giorgio Zani, candidati sindaco a Langhirano con la lista "Fare Langhirano"
Angelo Lusuardi, candidato sindaco a Felino con la lista "Felino cambia"

Margherita Folzani, produttore di prosciutto e candidata a Felino con la lista "Felino cambia"

martedì 13 maggio 2014

Un voto utile per le terre alte

Un piano per la montagna
Mercoledì 14 maggio
ore 11
presso Circolo Baccoverde
Via Cavallotti 33

SARANNO PRESENTI

Angelo Lusuardi

candidato sindaco a Felino con la lista civica "FELINO CAMBIA"

Giorgio Zani
candidato sindaco a Langhirano con la lista civica "FARE LANGHIRANO"

Corrado Mansanti
candidato sindaco a Monchio con la lista civica "UNITA', IMPEGNO, DEMOCRAZIA"

Renzo Valloni
docente di geologia applicata – università degli studi di Parma
simpatizzante di Reteambiente

Giuliano Serioli, Rete Ambiente Parma

presenta il manifesto per la montagna
ai candidati alle amministrative del 25 maggio

Un voto utile per le terre alte


La S.V. è invitata

*
Un progetto industriale per la montagna
Il manifesto di Rete Ambiente Parma in vista delle amministrative del 25 maggio

L'oggi desolante
La montagna parmense è un corollario di disastri.
Frane, frazioni abbandonate, strade interrotte e quasi sempre sfondate.
La frana di Capriglio, quella di Boschetto, quella di Pietta, sono lì a suggerirci che la nostra montagna è per sua struttura molto franosa.
Alla franosità si somma sempre più il cambiamento climatico, che oggi alle alte quote ha portato la la pioggia a sostituirsi alla neve.
La neve per la montagna ha un effetto benefico fondamentale. Con la percolazione lenta all'interno della roccia permette la ricarica delle sorgenti ma, allo stesso modo, ricoprendo tutto e sciogliendosi lentamente, impedisce il dilavamento violento e massiccio causato dalle piogge limitando così l'innesco delle frane.
Con la crisi economica si va a sommare a tutto questo il taglio massiccio dei boschi causato dalla speculazione sulla legna da ardere, che determina le quantità di ettari di bosco da tagliare, che certo non sono per l'autoconsumo delle genti dei borghi.
Pesanti camion percorrono le strade delle valli, per portare chissà dove la legna tagliata, contribuendo significativamente anche allo sfondamento della viabilità.
La devastazione in atto ricorda certe foto di inizio Novecento.
Il taglio generalizzato di interi versanti boschivi e la loro denudazione provoca dilavamento e asportazione del soprasuolo, innescando frane e accrescendo enormemente il trasporto solido dei torrenti, capace a sua volta di innescare altre frane lungo il corso dei rii.
La politica di prevenzione degli smottamenti messa in atto dalle amministrazioni è praticamente inesistente.
Un esempio significativo è stato il rifacimento della Massese.
Dei 20 milioni di euro spesi la quasi totalità è andata ad opere di immagine ad uso della rielezione degli amministratori. Di tutte le varianti e correzioni di curve effettuate, la sola variante di Ranzano ha visto la sistemazione della frana dei Tre Laghi con opere di canalizzazione.
In sostanza la metà di quei 20 milioni poteva essere utilizzata per mettere in sicurezza la strada da frane storiche e da punti pericolosi come Boschetto e Antognola.
In tal modo si sarebbe evitata l'interruzione attuale della provinciale a Boschetto.
Senza un'economia è impossibile fare prevenzione.
Tutta la nostra montagna, tranne la Valtaro, non ha più un'economia che tale si possa chiamare.
In questi trent'anni l'industria ha distrutto l'artigianato e l'agricoltura di sussistenza, costringendo le genti a trovare occupazione altrove.
Oggi l'80% degli abitanti delle terra alte sono anziani, mentre i giovani lavorano nella pedemontana.
Prato Spilla, con l'impianto di risalita e l'albergo, è la testimonianza lampante degli errori fatti in passato dalle amministrazioni, dei soldi buttati al vento per un progetto turistico impossibile.
Ora invece tutti i finanziamenti si concentrano sulla legna.
Soldi per finanziare centrali a cippato, teleriscaldamento e produzione di energia elettrica e soldi per finanziare cooperative di taglio per rifornirle.
Questo nuovo filone si aggiunge alla devastazione causata dalla speculazione sulla legna da ardere.
Si finge che il taglio della risorsa bosco crei un'economia, inondi di soldi i borghi e impedisca che negozi e servizi chiudano.
I soldi invece sciamano lontano, come i camion verso la pianura, per giungere nelle tasche di chi commercia la legna.
Ancor meno economia creano le centrali a cippato, né lavoro.
Sono solo soldi per la lobby degli inceneritori e i soliti interventi di immagine degli amministratori.
Centrali che sono veri e proprio impianti industriali, senza filtri, molto inquinanti, di cui solo i residenti nei capoluogo possono usufruire, mentre le frazioni sono totalmente escluse.


L'economia necessaria
Per contrastare i disastri e fermare l'abbandono della montagna occorre creare un'economia.
Canalizzare tutti i finanziamenti nell'edilizia per il recupero dei borghi col risparmio energetico, capace di costruire una ricezione dignitosa, oggi inesistente, per un turismo diffuso.
Un turismo basato su una serie di piccole strutture nei borghi capaci di supportare a livello di accoglienza e logistica i percorsi turistici della alte vie, coordinati ai rifugi esistenti e soprattutto a quelli abbandonati e da ripristinare.
Un turismo collegato ai parchi e alla possibilità che questi si facciano portavoce della praticabilità della natura nelle scuole e nell'università.
Lo scoutismo è un'esperienza positiva che va allargata alla scuola dell'obbligo, con una leva di guide volontarie capaci di organizzare e condurre i ragazzi, anche dal punto di vista descrittivo e culturale.
Tramite le unioni di comuni occorre costruire le condizioni infrastrutturali (ad esempio macelli intercomunali), gli incentivi finanziari e locativi e la disponibilità bancarie ad iniziative per la produzione e la stagionatura artigianali di eccellenze alimentari che l'aria pulita e l'elevata
umidità possono garantire con un livello superiore di qualità rispetto alla loro produzione industriale.
E' pensabile trasformare dei giovani senza lavoro in artigiani di montagna, dei laureati senza occupazione in imprenditori di se stessi con idee giuste per un agroalimentare di eccellenza.
Di questo vogliamo discutere con chi si propone oggi agli elettori come futuro amministratore.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
14 maggio 2014

lunedì 12 maggio 2014

Inquinamento a Pontremoli, ci risiamo

Noi del "comitato centrale a biomasse, no grazie" non riusciamo proprio a stare tranquilli.
Dopo aver combattuto strenuamente, e senza ancora un esito pienamente positivo, contro le ciclopiche pale eoliche sul crinale intorno alla nostra città e contro l'ecomostro della centrale
biomasse di Novoleto, ci ritroviamo con una nuova fonte di inquinamento di più ridotta potenza ma a ridosso del centro storico.


Proviamo a immaginare che chiunque voglia, possa attivare la sua centrale biomasse da 200 Kw e disperdere i fumi, senza alcun controllo, nell'atmosfera.
I cittadini avranno l'aria irrespirabile, le forme tumorali in vertiginoso aumento e i polmoni intasati dalle polveri sottili e ultrasottili, il tutto in plateale contrasto con le norme europee recepite anche dalla Regione Toscana che vietano il peggioramento della qualità dell'aria nell'attivare nuove emissioni.
Per contro gli avventurieri stanziali e di passaggio conteranno i loro profitti.
Proviamo anche a immaginare che tutti i nostri ricorsi per vie legali e le nostre proteste di piazza non sortiscano effetto e che ci si ritrovi con 16 pale da 160 metri sul crinale Cisa-Cirone (ne
abbiamo già 5 da 100 metri in grazioso regalo da Zeri) e con la centrale biomasse da 999 Kw a Novoleto oltre alle piccole in programma e future. Chi vorrà più venire a Pontremoli e in Lunigiana e chi vorrà più restare a Pontremoli? Noi del "comitato" metteremo tutto il nostro impegno per impedire che questo accada, ma sarebbe ora che la popolazione si unisse a noi per fare in modo che la nostra amministrazione metta in campo tutto il suo potere per evitare la distruzione del patrimonio di tutti noi.

Pontremoli 12 maggio 2014

Il Comitato “Centrale Termoelettrica a biomasse di Novoleto e centro storico: No Grazie”

venerdì 9 maggio 2014

La montagna e la sostenibilità delle rinnovabili

L'Ente Parco scende in città a promuovere eccellenze e meraviglie dell'Appennino, ma neanche una parola sui disastri che decorano la nostra montagna, tra strade sfondate e imponenti frane.
Non una parola sul taglio generalizzato dei boschi e sulla speculazione della legna da ardere.
Non una parola sui progetti regionali e provinciali che prevedono l'impianto di centrali a cippato in ogni borgo di ogni valle.
Non una parola sulla sostenibilità dei finanziamenti alle rinnovabili che vengono convogliati verso la combustione delle biomasse e della legna.
Non una parola sulla necessità di prevenire, per impedire che la montagna rimanga sola e avulsa dall'economia del paese e da progetti industriali in grado di rilanciarla.
Il Patto dei Sindaci è un’iniziativa che parte dall’Unione Europea nel 2008 per coinvolgere le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica e ambientale e per ridurre le emissioni inquinanti del 20% entro il 2020.


I Paes, piani di azione delle energie sostenibili, sono degli elenchi di progetti con cui le amministrazioni intendono perseguire l’obiettivo.
Diversi comuni della nostra provincia hanno già presentato il Paes, infilandoci un po’ di tutto.
Sia perché si è arrivati tardi, dopo che la speculazione si era già fatta in quattro per ottenere via libera a inceneritori e incentivi, sia perché quelli contenuti nei Paes non sono progetti concreti, ma voli pindarici destinati a rimanere tali.
Del fotovoltaico non parla più nessuno, perché gli incentivi ormai sono finiti.
Dell'eolico meglio non parlare più, perché la gente di montagna si è giustamente ribellata alla cementificazione delle vette e dei crinali, con le finanziarie che farebbero man bassa degli incentivi.
Restano il risparmio energetico e le bioenergie, cioè centrali a combustione di biomasse e centrali a biogas.
Ci si riempie la bocca di risparmio energetico, ma le detrazioni fiscali non bastano.
Occorre un piano industriale per finanziare l’edilizia di recupero al netto del consumo di suolo, in modo che intere aree vengano restituite a suolo agricolo.
Il biogas che finora ha preso piede in centinaia di centrali è il biogas da coltivazioni dedicate, da mangimi animali insilati, contenenti clostridi, e per questo motivo bloccati nel parmense.
Si tratta di pura speculazione che ha inquinato il mercato dell'affittanza agricola a tutto danno delle produzioni agroalimentari umane ed animali.
Viviamo sotto una cappa di polveri e di inquinanti che copre l'intera valle Padana ed arriva quasi alle cime. Qualsiasi processo industriale di combustione, pur piccolo, che si aggiunga a quelli già esistenti, è un'assurdità, perché aggiunge altri inquinanti ad una zona a rischio salute.
La Regione, la Provincia e alcuni sindaci vogliono impiantare in montagna una serie di centrali a combustione di cippato, senza alcun filtro per le emissioni.
Produrre energia elettrica bruciando legna è un'assurdità energetica perché l'efficienza va dal 10%(come a Monchio) ad un massimo del 15%.
C'è una lobby di industriali che investe e fa ricerca solo nella combustione dei rifiuti e delle biomasse: Hera, A2a e Iren con i loro inceneritori, Termoindustriale con i motori endotermici per i cogeneratori, Aiel con le sue caldaie industriali a cippato e poi gassificatori, pirogassificatori e altre diavolerie tutt'atro che rinnovabili.
Si è scelta così una strada a senso unico, indipendente dall'opinione della gente e dall'esigenza di rispettare l'ambiente.
E' la lobby stessa a dettare i progetti regionali sulle rinnovabili e gli stessi limiti delle emissioni nocive ben superiori a quelli europei.
I progetti di taglio generalizzato per la produzione di cippato e la combustione vanno fermati.
La pianura padana è costellata da una quantità enorme di allevamenti industriali di animali.
Le loro deiezioni costituiscono un grave problema per i suoli e per le falde acquifere.
Centrali a biogas che trattino tali liquami produrrebbero energia rinnovabile davvero sostenibile, il biometano.
Biometano da autotrazione, ma soprattutto da mettere in rete, collegata a quelle già esistenti del metano.
Centrali il cui digestato, depurato dell'ammoniaca in eccesso, potrebbe sostituire i concimi di sintesi, i concimi ricavati chimicamente dal petrolio e dai suoi derivati.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
9 maggio 2014


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lunedì 5 maggio 2014

Amministratori e disastri

La nostra montagna oggi è colma di disastri: frane, frazioni abbandonate, strade interrotte e quasi sempre sfondate.
La frana di Capriglio, di Boschetto, di Pietta, sono a suggerirci che la nostra montagna è per sua struttura molto franosa, la più franosa d'Europa insieme a quella di Lucca.
Formazioni rocciose come le argille e calcari, il flysch di monte Sporno e il flysch del monte Caio sono da noi molto diffuse e con il crioclastismo e le piogge battenti tendono inevitabilmente a
degradarsi fino a provocare gli smottamenti.
Alla franosità strutturale si deve oggi sommare il cambiamento climatico, che ad esempio alle alte quote ha provocato la sostituzione della neve con la pioggia.
La neve per la montagna è fondamentale. Con la percolazione lenta all'interno della roccia permette la ricarica delle sorgenti, nello stesso tempo, ricoprendo tutto e sciogliendosi lentamente, impedisce il dilavamento violento e massiccio causato invece delle piogge, limitando l'innesco delle frane.
Ad entrambi questi fattori, poi, con la crisi economica in atto, si va a sommare il taglio massiccio dei boschi. E' la speculazione sulla legna da ardere che determina le quantità di ettari di bosco da tagliare e non certo l'autoconsumo delle genti dei borghi.


Pesanti camion percorrono le strade delle valli per portare chissà dove la legna tagliata, contribuendo significativamente allo sfondamento delle stesse.
Una devastazione dei boschi che ricorda certe foto di inizio Novecento.
Il taglio generalizzato di interi versanti boschivi e la loro denudazione provoca un dilavamento tale da asportare anche il soprasuolo e il sottile strato di humus a contatto con la roccia, innescando frane di scivolamento e accrescendo enormemente il trasporto solido dei torrenti, capaci a loro volta di innescare altre frane.
La politica di prevenzione delle frane da parte delle amministrazioni è praticamente inesistente.
Un esempio significativo è il rifacimento della Massese da poco terminato.
Dei 20 milioni di euro spesi, la quasi totalità è andata ad opere prettamente di immagine, in vista della campagna elettorale. Di tutte le varianti e correzioni della linea di curva effettuate, la sola variante di Ranzano ha visto la sistemazione della frana dei Tre Laghi con opere di canalizzazione.
Alcune varianti costosissime come quella di Groppo con relativo viadotto, o quella di Lugagnano i cui lavori sono durati due anni, si sono rivelate totalmente inutili.
In sostanza la metà di quei 20 milioni poteva essere utilizzata per mettere in sicurezza la strada da frane storiche e da punti pericolosi come Boschetto e Antognola, evitando l'interruzione attuale della provinciale a Boschetto.
Senza un'economia è impossibile fare prevenzione.
Tutta la nostra montagna, tranne la Valtaro, non ha più un'economia.
In questi trent'anni l'industria ha distrutto l'artigianato e l'agricoltura di sussistenza, costringendo le genti a trovare lavoro altrove.
Oggi l'80% degli abitanti sono anziani e i giovani lavorano nella pedemontana.
Le amministrazioni, Comuni, Provincia e Regione, hanno commesso gravi errori nel tentativo di ricostruire un tessuto economico, ad esempio finanziando negli anni '80 cattedrali nel deserto costosissime come gli impianti di Prato Spilla e l'albergo rifugio annesso.
Soldi buttati, copiando lo sviluppo turistico dello sci del Trentino, in una montagna che non lo permette sia per le basse altitudini, sia per le temperature troppo alte che sciolgono rapidamente la neve.
Ora tutti i finanziamenti si concentrano sulla legna. Soldi per finanziare centrali a cippato, teleriscaldamento e produzione di energia elettrica e soldi per finanziare cooperative di taglio per rifornirle.
Come se la montagna non subisse già la devastazione dei propri boschi per la speculazione sulla legna da ardere.
Come se il taglio della risorsa bosco creasse un'economia, inondasse di soldi i borghi e impedisse che negozi e servizi chiudano.
Soldi che sciamano, invece, come i camion verso la pianura, nelle tasche di chi commercia la legna.
Ancor meno economia creano le centrali a cippato, né lavoro.
Sono solo soldi per la lobby degli inceneritori e i soliti interventi di immagine degli amministratori. Se si impianta una centrale nel capoluogo, che vantaggio ne avranno tutte le altre frazioni del comune?
E' un'ingiustizia bella e buona, oltre alle emissioni nocive di un impianto industriale senza alcun filtro che limiti le emissioni.
Per contrastare i disastri e fermare l'abbandono della montagna occorre creare un'economia.
Canalizzare tutti i finanziamenti nell'edilizia per il recupero dei borghi col risparmio energetico, capace di costruire una ricezione dignitosa, oggi inesistente, per un turismo diffuso.
Tramite le unioni di comuni costruire le condizioni infrastrutturali (es: macelli intercomunali), gli incentivi finanziari e locativi e la disponibilità bancarie ad iniziative per la produzione e la stagionatura artigianali di eccellenze alimentari che l'aria pulita e l'elevata umidità possono garantire con un livello superiore di qualità rispetto alla loro produzione industriale.
E' questa l'unica alternativa possibile.
Ma bisognerebbe non avere amministratori disastrosi.

Giuliano Serioli
5 maggio 2014

Rete Ambiente Parma


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