"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

martedì 26 aprile 2016

Biomasse e comuni virtuosi

La combustione di biomasse produce emissioni nocive ed emissioni di CO2 ma, in quanto fonti rinnovabili, si dice siano a saldo zero, tali da emettere in atmosfera la stessa CO2 catturata durante la crescita.
Per la combustione di legna, cippato e pellet non è la verità.


La legna, se proviene dall'estero, è prodotta dagli scarti dei tagli della foresta pluviale che ogni anno viene rimaneggiata. Un disastro ecologico proprio dal punto di vista della mancata cattura di CO2.
Se proviene dai nostri boschi cedui, si deve considerare che se non si perde superficie boschiva, si perde quella fogliare che impiega circa 3 anni a raggiungere la stessa capacità di cattura della CO2 di prima.
Non solo, il taglio industriale meccanizzato, che ha sostituito del tutto quello artigianale dei vecchi boscaioli, smuove il terreno ed il carbonio in esso contenuto da secoli, ributtandolo in aria, nell'atmosfera.
Quantificarlo come saldo zero è assurdo oltre che ridicolo.
Per la combustione di olio di colza o olio di palma, fonti rinnovabili, c'è lo stesso problema del mancato saldo zero di emissioni di CO2.
Intere foreste vengono tagliate per far posto a tali coltivazioni, la cui superficie fogliare è nettamente inferiore alla capacità di cattura delle foreste tagliate.
Per la combustione di grasso animale che sta sostituendo la colza, diventata troppo cara per l'aumento della domanda di mercato e anch'esso fonte rinnovabile, si pone sempre il problema del mancato saldo zero.
Se dagli scarti di macellazione animale si sottrae grasso da bruciare, con emissioni di CO2, si dovrà accrescere la produzione animale o la sua importazione dall'estero per compensare il loro mancato utilizzo nell'industria del pet e della cosmetica, e quindi con ulteriore emissioni di CO2.
Le emissioni nocive della cogenerazione di biomasse sono inversamente proporzionali alla potenza degli impianti stessi. Più un impianto è piccolo, più inquina.
Non avendo gli stessi numeri e valori di spesa di quelli grandi, non ha nemmeno filtri capaci ma solo cicloni per far precipitare solo le ceneri volanti.
Il problema emissivo è già però grave per i grandi impianti, perchè il benzopirene non può essere fermato dai filtri. I suoi valori sono già oltre i massimi in Trentino ed Alto Adige. Gli amministratori che hanno promosso quegli impianti non sanno più che fare.
In sostanza le biomasse, su cui oggi il governo punta, sono si fonti rinnovabili ma per niente a saldo zero. La loro combustione in cogeneratori produce emissioni nocive.
Tali impianti sono tanto più nocivi quanto più sono piccoli e numerosi, soprattutto in una Pianura Padana già gravata da polveri sottili e che deve già sopportare l'inquinamento da ossidi di azoto di un migliaio di centrali a biogas, simili a funghi velenosi che spuntano un pò dappertutto.
In tutti i PAES dei cosiddetti "comuni virtuosi" c'è il progetto di impiantare cogeneratori condominali ed aziendali sia a cippato che a grasso animale.
Una follia dal punto di vista del saldo zero di CO2, ma soprattutto dell'inquinamento dell'atmosfera del nostro territorio.

Giuliano Serioli
26 aprile 2016

Rete Ambiente Parma
per la salvaguardia del territorio parmense

lunedì 11 aprile 2016

Felino, eccellenze o rifiuti?

L'intervento di una imprenditrice all'assemblea di Felino

Il mio nome è Margherita Folzani, sono nata a Felino e qui vivo.
La mia famiglia possiede uno stabilimento di stagionatura di prosciutti da oltre 50 anni.
Sul significato e l’impatto che l’impianto di trattamento rifiuti di categoria 3, ossia ossa e residui dalle attività di disossatura e affettamento del prosciutto, e del collegato impianto di cogenerazione a olio animale che la ditta Citterio ha impiantato al Poggio di S.Ilario, ho già avuto modo di esprimermi circa 2 anni fa.


Dissi che la nostra vallata, la cosiddetta food valley, poteva diventare un campo di pentoloni che bollono ossa, con relativa puzza e ovviamente alterazione e inquinamento dell’aria che respiriamo, noi e soprattutto i nostri figli.
Da allora l'amministrazione comunale di Felino, appoggiata evidentemente da quella provinciale e regionale e, leggendo i giornali, anche dall’indirizzo del governo nazionale, ha allargato la possibilità di realizzare questi impianti. Senza riprendere i dettagli già presentati, diciamo che ha aperto non solo una via ma una autostrada alla loro realizzazione.
Come se il nostro futuro, nonché destino, fosse nei rifiuti.
Noi sulle colline parmensi abbiamo costruito negli ultimi 100 anni un sistema economico unico, in cui le attività agricole si sono integrate in un sistema industriale che non è solo alimentare, ma è intrecciato all’industria meccanica e a tutto ciò che vi ruota intorno.
Siamo aziende di piccola-media dimensione, che hanno saputo crescere dal distretto locale e integrarsi in una economia europea e mondiale: esportiamo ovunque prosciutti, salami, macchine per lavorazioni alimentari, ma anche pomodori, vini, e altro.
L’ultima nostra sfida è la globalizzazione, che ci mette davanti prodotti e macchine stranieri a prezzi bassi, ma la qualità con cui realizziamo i nostri prodotti, la nostra flessibilità, la nostra creatività: questo è la carta vincente, la nostra eccellenza.
Sembra invece che l'unico interesse siano i rifiuti.
Ma la nostra non era la food valley? La culla delle eccellenze alimentari? Sbandierate dai nostri politici locali quando si esibiscono davanti a qualche platea? Come possono convivere le cosiddette eccellenze alimentari con più o meno contigui impianti di trattamento rifiuti? Anche se sono rifiuti alimentari, sempre di rifiuti si tratta, e nel loro trattamento si sprigiona puzza, fumo inquinato, e l’immagine dell’ambiente non è particolarmente impreziosita.
Ho pensato a quello che le nostre amministrazioni pubbliche, con l’appoggio poco lungimirante delle varie associazioni di industriali e produttori, hanno progettato per noi della food valley; ho pensato al rischio delle nostre eccellenze, al rischio delle nostre aziende, a quale futuro per i nostri giovani che crescono in questa vallata: non più un futuro da operai specializzati a salare con sapienza i prosciutti di Parma o a conciare carni macinate per il salame Felino, ma a spalare residui carnei nei bollitori di ossa, non più un futuro da ragionieri negli uffici commerciali per spedire negli Stati Uniti o in Giappone, ma a registrare bollette di scarico di rifiuti negli impianti; e quante attività non più necessarie sparirebbero; quante imprese che già esportano potranno pensare a delocalizzare alla prima occasione in ambienti meno a rischio.
Tutto il territorio si impoverirebbe.
E’ logico pensare che non tutti i comuni apriranno le braccia a questo tipo di impianti, così se solo Felino li accoglie arriverebbero tutti qui.
Felino sarà non più la “capitale dei salami” come citava tanti anni fa un cartello all’entrata del paese, ma sarà la “capitale del rifiuto”.
Forse tra 20 anni la nostra amministrazione comunale sostituirà la statua del porcello nel parco qui accanto, testimonianza dell’origine della nostra economia locale e del nostro benessere, con un osso fumante.

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

giovedì 7 aprile 2016

Economia e istituzioni a Felino

Il nostro territorio è parte di una delle zone più produttive d'Europa.
Perché tale è la Pianura Padana.
La provincia di Parma ne è a pieno titolo la capitale alimentare.
Ma la Pianura Padana è anche una delle zone più inquinate del mondo.
Assieme alla Ruhr, compete con le zone industriali cinesi per il titolo di campione del mondo per inquinamento da polveri.


Polveri sottili da traffico veicolare, dal riscaldamento domestico a legna e da ricombinazione secondaria dell'azoto ammoniacale da allevamenti industriali di cui la valle del Po è piena.
A tutto ciò vanno sommate le emissioni dell'apparato industriale del Nord, cui ultimamente si sono aggiunte quelle dei cogeneratori di un migliaio di centrali a biogas (500 nella sola Lombardia) e le
emissioni di alcune centinaia di cogeneratori da centrali a cippato di legna.
E' la famosa energia da biomasse.
Per la sua particolare struttura geomorfologica, tutta cinta da montagne e non percorsa da venti periodici, nella Pianura Padana le polveri sottili tendono a permanere stratificandosi e d'inverno si abbattono al suolo per il fenomeno dell'inversione termica.
Se non piove, si superano abbondantemente i 35 sforamenti annui dai 50 microgrammi di PM10 consentiti dalla normativa.
Insomma un'aria di pianura non precisamente salubre, se la stessa Regione Emilia le ha appioppato il colore rosso, prescrivendo che nessun nuovo impianto vada ad aggiungere altre emissioni a quelle esistenti.
Senza contare l'inquinamento da nitrati della falda acquifera e quello da diserbanti e pesticidi del suolo su cui tutti i coltivi di pregio crescono.
Nella Pianura Padana si ha la metà dell'intera produzione nazionale di pomodoro e Parma ne è il maggior centro di trasformazione industriale.
Ma le eccellenze alimentari della nostra pedemontana sono soprattutto il grana ed il prosciutto,
esportati in tutto il mondo, così come i vini: lambrusco e malvasia.
La produzione di parmigiano-reggiano ha due nemici: le aflatossine e le micotossine, che dal mais siccitoso finiscono nel latte e poi nelle forme, rendendole tossiche e i clostridi presenti negli insilati di mais che alimentano le centrali a biogas, i quali gonfiano le forme, crepandole.
Al comitato di Calicella, che ha sconfitto la centrale omonima e al Consorzio del grana è sfuggita solo la centrale a biogas del marchese Malenchini a Carignano.
Nella zona pedemontana niente centrali a biogas.
I prosciuttifici da Traversetolo a Langhirano e Sala sono il maggiore settore industriale, fonte di occupazione e di esportazione.
La deflazione mondiale, comprimendo tutti prezzi delle materie prime, fa lo stesso con le cosce di maiale che arrivano da tutta Italia, favorendo un aumento della produzione, dell'export e dei guadagni. In questo modo, però, minore è il controllo del Consorzio sul disciplinare che prevede che i suini siano di 11 mesi, mentre spesso sono di 8.
Maiali cresciuti più in fretta con mangimi spinti e non regolamentati.
Tutto per produrre di più e più rapidamente, a scapito della qualità. Questo vale soprattutto per le ditte maggiori che comprimono i prezzi robottizzando le linee di produzione ed usando manovalanza generica, fornita dalle cooperative.
Robottizzazione che, nei confronti delle ditte artigiane che si servono ancora di operai specializzati, le avvantaggia anche dal punto di vista dei controlli sanitari e della medicina del lavoro, mentre lo sono già nell'export per i numeri maggiori del venduto.
La tentazione delle aziende maggiori sarà quella di delocalizzare in futuro parte della produzione sfruttando il marchio che gli deriva dalla zona tipica.
La tentazione già in atto, invece, è quella di produrre energia per incamerare incentivi dalla combustione di biomasse animali.
Tre anni fa l'inceneritore a biomassa nel comune di Felino aveva visto la giunta Lori appoggiare la ditta contro il comitato.
Diversamente da Cozzano, dove un comitato di cittadini aveva trovato l'appoggio della giunta Bovis contro l'installazione di un altro combustore.
A tutti gli effetti, non si comprende come il Comune di Felino possa autodefinirsi "comune virtuoso".
Forse per i volumi della raccolta differenziata?
Ma ormai tutti nel territorio fanno lo stesso, persino Parma sta arrivando a quei livelli.
In realtà non ha alcun progetto concreto di sviluppo delle energie da fonti rinnovabili.
Niente fotovoltaico e niente risparmio energetico.
Ha favorito in ogni modo la costruzione di un inceneritore a biomassa animale in una zona di produzione di eccellenze alimentari.
Ha messo tale impianto nel suo PAES come esempio di sostenibilità, unitamente a ipotetiche centrali a cippato condominiali che nessuno mai farà perchè cervellotiche ed insensate.
Ha il massimo di consumo di suolo dopo il comune di Fontevivo, governato dalla Lega.
Disattende completamente le normative europee del saldo zero di emissioni in nuovi impianti industriali, recepite dalla Regione Emilia Romagna.
Non ha applicato in alcun modo il principio di precauzione quando il motore dell'inceneritore è improvvisamente grippato.
Il Comune ha anche aggiunto una variante edilizia per cui qualsiasi azienda può costruirsi il suo cogeneratore a biomassa, dando la stura ad altri inceneritori.
Come può questa giunta comunale governare un territorio produttivo così importante e nello stesso tempo così delicato?
Noi chiediamo ai cittadini di bocciarla.

Giuliano Serioli
7 aprile 2016

Rete Ambiente Parma

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