"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

martedì 31 gennaio 2012

Biomasse e sostenibilità per il territorio

A) Incenerimento biomasse 
1 - biomasse da legna vergine (cippato) NO
2 - biomasse erbacee (sorgo) NO
3 - sottoprodotti di origine animale (scarti di macellazione)  NO 
B) gassificazione biomasse 
1 - agricole,da coltivazioni dedicate (insilato di mais) NO
2 - reflui zootecnici (deiezioni animali) SI
3 - sottoprodotti animali (scarti di macellazione) SI
4 - fanghi di depurazione SI
5 - frazione organica di rifiuti urbani da raccolta diff. SI
6 - siero di latte dall'industria casearia SI
SI=Sostenibile NO=Non sostenibile

A1 - inceneritori a cippato : costituiscono, ormai, la discriminante principale per individuare cosa si intenda per sostenibilità ambientale.
Non tanto quelli da 1 Mwe in su, fino a 35, 50 Mwe, per i quali è evidente il carattere speculativo, teso all'accaparramento dei certificati verdi e impiantati dai grandi gruppi finanziari ed industriali privati (Maccafarri, Marcegaglia etc.)
E neppure quelli da 10 o 20 Mw che fanno cogenerazione e teleriscaldamento in Alto Adige e Trentino. Costruiti 10 anni fa con finanziamenti europei, come quelli Austriaci e tedeschi, sono un caso a parte.
Bruciano scarti di segheria e cippato proveniente dall'estero, senza minimamente toccare l'integrità delle abetaie che costituiscono il patrimonio essenziale dell'economia turistica.
Il teleriscaldamento, inoltre, ha completamente sostituito il  gasolio da riscaldamento e la dimensione degli impianti permette sia che la produzione di energia elettrica non sia antieconomica, sia l'introduzione di costosi filtri a maniche e filtri elettrostatici, capaci di ovviare in parte alle emissioni nocive.
Paradossalmente, gli inceneritori che più preoccupano sono quelli sotto il Mw, le cosiddette centrali termiche a cippato fresco che producono calore per il teleriscaldamento.
Finanziate coi fondi FAS (fondi aree sottoutilizzate : 3/4 dalla UEe 1/4 dalla Regione), si stanno diffondendo nei paesi semiabbandonati della montagna. Sono considerate virtuose perchè non fanno cogenerazione e quindi non accedono agli incentivi per specularci e sono considerate sostenibili perchè a filiera corta (rifornite nell'ambito locale, massimo 70 Km).
Ma in realtà sono antieconomiche, inquinanti e non producono lavoro.
Ne sono una prova le 3 centrali funzionanti nella nostra montagna.
In quella di Borgotaro-ospedale (700 Kw, costo 500.000 euro) hanno dovuto smettere di bruciare cippato fresco perchè bruciava male, aveva un basso rendimento calorifico e produceva un sacco di fumo e di  ceneri.
Hanno dovuto rifornirsi di cippato di legna stagionata e ricorrere alla centrale a metano, ancora esistente nell'ospedale, per abbattere i bassi termici di quella a cippato ed evitare così di appestare l'aria di un  ospedale.
In quella di Monchio (923 Kw, costo 650.000 euro) hanno già speso altri 100.000 euro in teleriscaldamento (500 euro al m.) solo per allacciare 5 edifici comunali. Funziona solo al 20% della sua capacità e brucia il 50% in più di cippato perchè l'umidità di questo ne abbassa il rendimento e ne aumenta di molto le emissioni e le ceneri. Queste arrivano in pratica al 5% della massa bruciata ( 150 q. su 3.000 q.).
Dove smaltirle? Nei boschi, naturalmente. Ma in un ettaro di bosco ce ne può andare solo 8 o 10 q. e poi per 30 anni non se ne parla più.
Finirà che riempiranno i boschi di cenere, che non è solo composta di di K, Ca e Mg, macroelementi della fertilità, ma anche di metalli pesanti in quantità tossica che lo rendono infertile.
Nella centrale di Palanzano (700 Kw, suddivisa in 2 caldaie da 350 Kw, costo 426.000 euro) di fronte agli stessi problemi di Monchio nel bruciare cippato fresco (50% di umidità, con forti emissioni nocive e grosse quantità di ceneri) hanno pensato di bruciare pellet di provata tracciabilità (10% di umidità e dieci volte in meno di emissioni e ceneri).
A quel punto devono essersi anche detti che la centrale era inutile e costosa.
Sarebbe bastato dotare i 5 edifici di caldaie automatiche a pellet da 60 Kw di potenza, capaci di riscaldare fino ad 800 m2 di superficie e dal costo di 36.000 euro ( iva e installazione comprese), detraibili al 55%
in 10 anni. In tal modo il costo reale di ognuna di loro sarebbe stato di 16.000 euro e quello complessivo di 80.000 euro.

In conclusione.
La centrale di Borgotaro, pur inquinante e per di più fuori luogo all'interno di un ospedale, dal punto di vista della combustione del cippato costituisce un'anomalia irripetibile.
La centrale di Palanzano ha dimostrato che bruciare cippato fresco è un'assurdità in termini di rendimento e di emissioni, al punto da ridursi a bruciare pellet, combustibile costoso e tipico delle caldaie familiari.
La centrale di Monchio continuerà a bruciare cippato con quelle basse rese e quelle grosse emissioni nocive, con la tentazione continua da parte degli amministratori di fare anche cogenerazione per utilizzare in qualche modo tutta quella potenza inutilizzata e raggranellare incentivi. Ma in tal modo arriverebbero a bruciare 5 volte in più di cippato, con altrettante emissioni e ceneri in più.
Le altre 4 centrali a cippato che vogliono impiantare, oltre a quella di Vigheffio, cioè Neviano, Berceto, Calestano e Varano Melegari non potranno che seguire la sorte di quella di Monchio.
Questo è il progetto della Regione e, in base al documento della Provincia a firma Dall'olio, pare che intendano impiantarne a decine.
Molte decine in più, considerando tutto l'Appennino tosco-emiliano. Questo non sarà più un polmone verde capace di contrastare i miasmi della pianura padana, ma esso stesso parte della produzione di quei veleni.

A 2- inceneritori a sorgo tipo quello che la ECE srl vorrebbe impiantare a S.Secondo. Un impianto
da 50 Mw di potenza, di cui 25 Mw per teleriscaldamento e 12,50 per produzione di energia elettrica. Sorgo dalla coltivazione di 2500 ha.
Il sorgo in questione è una pianta erbacea che quando bruciata ha volume di emissioni e deposito di ceneri pari al 10% della massa bruciata.
Molto più inquinante, quindi, degli inceneritori a legna vergine.
C'è,poi,il VIA già concesso dalla Regione alla richiesta della Sadam Eridania per una centrale a biomasse a Trecasali da 60 Mw, di cui 15 Mwe La centrale di Trecasali brucerebbe 150.000-170.000 tonnellate annue tra cippato di legna vergine e insilato di mais. In altri termini 4.500 ha a pioppeti triennali e 400 ha a insilato di mais. Si tratta di superfici enormi, rispettivamente 45 Km2 e 4 km2, da sottrarre a produzioni agroalimentari della nostra provincia. Ma i conti non tornano comunque. Con una coltivazione di pioppi triennali significherebbe bruciare ogni anno la produzione di 1500 ha, vale a dire 1500x50 t., cioè 45.000 tonnellate, a cui sommare le 10.000 t. di insilato di mais ( 400 ha x 25t.). In tutto poco più di 50.000 tonnellate. E le altre 100.000 e più? Sarà certamente legna che verrà dal nostro appennino.

A 3- inceneritori da scarti tipo quello da 1 Mw di cui la PFP spa di Modena ha richiesto la VIA alla di macellazione Provincia a Paradigna. Brucerebbe 15.000 t. di biomassa. Gli scarti di macellazione hanno un'umidità molto più elevata del legno. Devono essere trattati meccanicamente per ridurla al punto da poter essere bruciati, ma anche così devono essere miscelati con oli. Ecco perchè la ditta richiede il trattamento anche di oli esausti.
Sono molto più inquinanti degli inceneritori a legna.

B 1 - I biodigestori anaerobici da coltivazione dedicata contro cui si è mobilitata perfino Slow Food oltre ai cittadini ed alle associazioni degli agricoltori, con cui gli speculatori pur di avere quei certificati sottraggono a colture alimentari migliaia di ettari di buona terra per produrre insilato di mais da cui ricavare gas e così produrre elettricità. Questo nel Cremonese, nel Lodigiano, in Romagna, nel Veneto, in Lombardia.
Ma se questi biodigestori, impiantati solo per ricavarne incentivi e alimentati con coltivazioni dedicate che rubano terreni all'alimentazione, sono degli ecomostri cui opporsi; tali non sono quelli che vengono alimentati con le deiezioni animali, a patto che non siano troppo grandi ed invasivi per il territorio. Ogni allevamento, anzi, dovrebbe averne uno, soprattutto per impedire che i nitrati di tutti quei liquami finiscano in falda, inquinandola. Gli incentivi che l'azienda ricaverebbe dalla produzione di gas e quindi di energia elettrica sarebbero il giusto compenso per aver reso l'allevamento sostenibile per l'ambiente. Questo vale per l'enorme quantità di allevamenti della val Padana e ancor più per quelli della nostra Food Valley, che inquinano non solo la falda acquifera ma anche gli stessi terreni da cui ricavare tutti quei pregiati coltivi.
L'unico progetto in questo senso è quello del comune di Montechiarugolo da 1 Mw che avrebbe trattato circa 100.000 t. di deiezioni animali all'anno recuperandole da un territorio fino a 30 Km di distanza, ma lasciato nel cassetto per la sua eccessiva invasività sull'ambiente, probabilmente in rapporto alla DOP del parmigiano-reggiano.

reteambienteparma
29-01-2012
Serioli Giuliano