"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

giovedì 18 luglio 2019

La strana storia della diga di Armorano

Da alcuni mesi sulla Gazzetta di Parma compaiono periodicamente numerosi articoli che propongono con grande entusiasmo la costruzione di una diga ad Armorano in Val Baganza. Ma perché tanta intraprendenza? E’ bene fare chiarezza.
Tutto è cominciato con il progetto della cassa di espansione a Sala Baganza che ha trovato la contrarietà di molti cittadini del luogo. Anch’io sono contrario alla costruzione di quell’opera perché ritengo che il modo migliore di prevenire le alluvioni sia quello di naturalizzare i fiumi restituendo loro lo spazio che gli è stato tolto. L’alluvione di Parma del 2014 non fu causata da un Baganza cattivo e crudele ma da un innaturale restringimento alle porte della città dovuto a innumerevoli attività umane. Ora il letto del fiume in quel tratto è stato allargato e il rischio è notevolmente diminuito ma rimane ancora molto da fare per renderlo ancora più sicuro come, ad esempio, incentivare la delocalizzazione di alcuni siti industriali che ancora operano nel greto.

A Sala Baganza invece alcuni personaggi molto influenti che comprensibilmente non vogliono la cassa di espansione sotto casa loro hanno pensato di risolvere il problema proponendo la costruzione di un’opera ancora più devastante in casa altrui in base al noto principio “not in my garden” (non nel mio giardino).

L’Unione Industriale ha preso la palla al balzo considerando la possibilità di lauti profitti nella realizzazione di un’opera così faraonica mettendo subito al lavoro la Gazzetta di Parma che, con la solerzia e la tenacia di un imbonitore, stampa periodicamente edulcorati articoli che vantano i miracolosi vantaggi che la diga porterebbe (ricchezza, turismo, ecc.) senza fare il minimo cenno alle numerose controindicazioni che un’opera così invasiva comunque avrebbe sull’intera vallata. E’ noto a tutti che l’Unione Industriali non è deputata alla cura e alla tutela del territorio ma bensì, legittimamente, a garantire gli interessi dei propri associati promuovendo occasioni di business.
Insomma l’idea della diga non è una proposta degli organismi tecnici competenti preposti alla tutela del territorio ma un’iniziativa di privati cittadini che attraverso l’UPI hanno promosso la campagna di stampa sulla Gazzetta.

Ora cerchiamo di mettere i piedi per terra. La val Baganza è una delle valli più fragili e franose d’Italia. Dalla pianura fino alle sorgenti è costellata da innumerevoli frane attive (Ronzano, Armorano, Chiastre, Casasevatica, Cervellino, solo per citarne alcune) e chi transita regolarmente lungo la stretta di Armorano trova continuamente sassi, massi e detriti che cadono dalla montagna e ostruiscono la strada tanto da rendere quel tratto pericoloso nei giorni di forti piogge. In questo punto la strada viene periodicamente chiusa anche per lunghi periodi per consentire i lavori di messa in sicurezza delle frane della Riva dei Preti e di Armorano che finora nessuno è riuscito a domare e che anno dopo anno sgretolano la montagna.

E’ in questo luogo così instabile e precario che si vuole costruire la diga!

Non bisogna poi dimenticare le numerose frane quiescenti che si riattiverebbero se venissero anche solo parzialmente ricoperte dall’acqua. La tragedia de Vajont fu provocata da una frana di questo tipo e, forse non a caso, l’originario progetto della diga di Armorano degli anno ’50 venne definitivamente abbandonato nei primi anni ’60 dopo questi tragici avvenimenti.

C’è poi un altro problema: a causa della fragilità della vallata ad ogni piena enormi quantità di fango e detriti vengono trasportati a valle; lo sbarramento non farebbe altro che trattenerli riempiendo l’intero bacino in poco tempo: è quello che è successo in val d’Aveto (a 50 km di distanza) e che sta succedendo in Val d’Arda nella diga di Mignano. Tutti gli abitanti della Val Baganza hanno visto con i loro occhi le enormi quantità di fango e detriti che l’alluvione del 2014 trascinò a valle e che, in presenza dello sbarramento, ne avrebbe gravemente compromesso l’efficienza: un bacino in una valle fatta di fragili montagne che si sgretolano in continuazione richiederebbe quindi enormi costi di manutenzione.
E’ bene ricordare, inoltre, che gli invasi appenninici sono ben diversi da quelli alpini alimentati da ghiacciai e piogge molto più copiose. Gli invasi del nostro territorio sono quasi sempre semivuoti e si presentano normalmente come un acquitrino circondato da una vasta e desolante aureola di fanghiglia ed è difficile credere che possano attirare flotte di turisti come sostiene la Gazzetta.

Insomma se la diga venisse costruita la stabilità e la sicurezza del nostro territorio verrebbe gravemente compromessa, l’intero borgo di Tavolana sparirebbe sotto una coltre di melma mentre il tratto più bello e suggestivo della nostra valle apparirebbe come un acquitrino fangoso a ridosso di una orrenda muraglia di cemento. La bellezza della val Baganza (la sua vera ricchezza) verrebbe sacrificata in nome dell'interesse di pochi.
La costruzione della diga porterebbe lauti guadagni alle imprese coinvolte e se poi le cose andassero diversamente da come previsto non è più un loro problema. Il problema resterà sulle spalle dei cittadini e della comunità che ne ha sostenuto il costo come troppo spesso succede nel nostro paese.

Mi auguro che il buon senso ritorni presto sovrano.

domenica 14 luglio 2019

QUANDO NON SI VOGLIONO IMPARARE LE LEZIONI DELLA STORIA.


Esiste un filo conduttore che unisce la diga del Vajont con quella di Armorano. Non voglio fare terrorismo e non mi riferisco al rischio che l’invaso di Armorano, una volta realizzato, possa provocare immani tragedie: non ho alcuna competenza per fare valutazioni del genere e le due realtà sono molto diverse e probabilmente incomparabili. Mi riferisco invece allo STESSO IDENTICO METODO con cui sono stati realizzati i due progetti.
Alla fine degli anni ’50 un abile ingegnere, osservando la gola del Vajont, pensò che costruendo una diga alta quasi 300 metri si potesse produrre tantissima energia elettrica; aveva ragione ma si dimenticò di prendere in considerazione la geologia della valle; la natura fece il suo corso e tutti noi sappiamo come andò a finire. La diga, una straordinaria opera ingegneristica, è ancora là in tutta la sua imponenza a ricordarci e a insegnarci che non basta l’ingegneria per realizzare opere del genere mentre sono molteplici i fattori che devono esser presi in considerazione primo fra tutti una valutazione seria, rigorosa e inconfutabile del rischio idrogeologico che deve garantire l’assoluta sicurezza dell’opera.
Ad Armorano sta succedendo la stessa identica cosa: a qualcuno viene in mente di costruire un invaso ed ingaggia un abile ingegnere per realizzare il progetto di una diga alta 100 metri senza che si faccia la ben che minima considerazione del rischio idrogeologico ne alcuna valutazione dell’impatto ambientale. I numerosi articoli della Gazzetta e le slide mostrate alla presentazione del progetto non dicono nulla al riguardo e si limitano a decantarne le straordinarie qualità.
C’è però una differenza che rende grottesca la vicenda di Armorano: i progettisti idearono la diga del Vajont per fornire energia elettrica all’Italia animati dal desiderio (pur sbagliando) di contribuire allo sviluppo economico del paese mentre la diga di Armorano è stata pensata nel chiuso delle mura domestiche di qualche ricca e potente famiglia parmigiana semplicemente per evitare la cassa di espansione nei pressi della propria abitazione e dei propri capannoni riesumando un vecchio progetto che, guarda caso, venne definitivamente abbandonato proprio dopo la tragedia del Vajont.
Anche la politica ha preso posizione rispetto a questa vicenda e dal grottesco si passa al paradosso. Sulla Gazzetta sono comparsi diversi articoli a sostegno dell’opera a firma della Lega e di Fratelli d’Italia. Tuonano i politici: “non bisogna dar retta ai fanatici ambientalisti che non sanno cogliere le occasioni!!! Bisogna costruire la diga di Armorano per dare acqua alla popolazione!!!”. Ma che ne sa un politico di dove debba essere costruita una diga??? Un politico serio che legittimamente ritiene, in base alla sua visione del mondo, si debbano costruire le dighe dirà semplicemente “Bisogna costruire le dighe!” dopo di che recluterà un team di scienziati che a seguito di seri e approfonditi studi indicheranno il sito ideale dove costruirla garantendo l’assoluta sicurezza dell’opera e il minimo impatto ambientale. Perché la Lega vuole costruire la diga proprio ad Armorano e non a Berceto o a Marzolara? E perché proprio in Val Baganza (dove l’acqua non è tantissima) e non in Val Taro o in Val Ceno?
Lo sappiamo tutti che la diga costruita proprio ad Armorano renderebbe superflua la cassa d’espansione di Sala Baganza che infastidisce la vita di alcuni ricchi e potenti imprenditori.
Non sarà forse che la politica anziché essere al servizio dei propri elettori è in realtà al servizio dei potenti???
E’ importante trovare una risposta a questa domanda.


L’invaso del Vajont completamente riempito dai detriti e la diga intatta. Si osservi l’estrema franosità dell’area.



La diga della Val d’Aveto, distante in linea d’aria 50 km da Armorano. Anch’essa è stata riempita dai detriti ma in maniera molto meno violenta che nel Vajont e fortunatamente non causò vittime. Questo fatto tuttavia ci dimostra che il rischio di un disastro va sempre preso in seria considerazione e che è sempre necessario fare tutte le valutazioni del caso prima di proporre un’opera simile.


La mappa del dissesto idrogeologico del luogo in cui si vuole realizzare il bacino di Armorano. Le zone colorate indicano le aree a rischio idrogeologico e i colori i diversi livello di rischio. I progettisti non hanno fatto alcun riferimento a questa mappa disponibile sul sito della regione Emilia-Romagna.


mercoledì 10 luglio 2019

La diga di Ridracoli e quella di Armorano


La diga di Ridracoli e quella di Armorano: 
due realtà non confrontabili
La Gazzetta per pubblicizzare i mirabolanti benefici che la diga di Armorano porterebbe ha proposto come esempio virtuoso la diga di Ridracoli realizzata negli anni ’80 in Romagna. Tuttavia la Gazzetta dimentica e non a caso alcuni particolari che rendono il paragone alquanto improponibile. Cerchiamo dunque di comprenderne le ragioni.
La diga di Ridracoli si trova a ridosso del crinale appenninico (circa 4 km, nella testata del fiume Bidente) in un luogo completamente disabitato; in questo modo non disturba nessuno ma soprattutto viene alimentata da un breve tratto fluviale, con un minimo trasporto di detriti al bacino.
La diga di Armorano si troverebbe invece nel bel mezzo della val Baganza a più di 25 km dal crinale tra i centri abitati di Calestano e Ravarano e farebbe completamente sparire il borgo di Tavolana con le relative attività agricole. Ma c’è un’altra questione molto importante. Dal tratto di valle che alimenta il bacino scendono diversi rii in prevalenza dal crinale della sponda destra (Montagnana, Cavalcalupo, Cervellino, ecc.). “Bene!”, dirà qualcuno “così avremo più acqua”. Beh … non è proprio così. In realtà questi rii, molto ripidi, precipitano a valle in pochissimi chilometri da quote superiori ai 1.300 metri e hanno comportamenti piuttosto bizzarri: per gran parte dell’anno sono ridotti a miseri rigagnoli spesso completamente asciutti mentre nei periodi di forti piogge diventano molto violenti e trascinano a valle enormi quantità di detriti. Tanto per fare un esempio gli abitanti di Ravarano hanno visto con i loro occhi i disastri causati da rio D’Arso durante l’alluvione del 2014 che addirittura mise in pericolo le prime case del Borello e tutti gli abitanti della val Baganza hanno avuto modo di constatare l’enorme quantità di materiale che scese rovinosamente dalle nostre fragili montagne.
Ma non ci sono soltanto i rii; la fragilità delle nostre montagne causa moltissime frane e fra tutte queste ve ne sono tre particolarmente insidiose. Quelle di Chiastre, Casaselvatica e Cervellino sono delle enormi lingue di fango simili a colate laviche che scendono nel Baganza vomitando anch’esse enormi quantità di melma e detriti. Il torrente da innumerevoli millenni è abituato a portare a valle tutto questo materiale senza particolari problemi e chi frequenta il Baganza vede, dopo ogni piena, il letto completamente modificato con enormi spostamenti da un punto all’altro di grandi quantità di materiali. Se si costruisse uno sbarramento questo flusso si arresterebbe e in poco tempo riempirebbe il bacino.
Tralasciamo, per il momento, le questioni non secondarie della sicurezza idrogeologica e dei flussi idrometrici e cerchiamo di comprendere le conseguenze di questa situazione: la diga avrebbe dunque una vita operativa piuttosto breve (pochi decenni a fronte di investimenti faraonici) e per mantenerla efficiente occorrerebbe eseguire costantemente costosissimi e invasivi interventi di manutenzione che nel caso migliore, si trasformerebbero in un debito per le future generazioni ma che, più comunemente, nessuno realizza! Del resto, dove mai si potrebbero stoccare i milioni di mc di detrito intrappolati da un invaso realizzato nel bel mezzo della valle?
Ma perché in questi mesi è stato proposto un progetto così folle???
Le vere ragioni sono piuttosto subdole: se alcuni influenti personaggi non avessero la casa e i capannoni nei pressi dell’area destinata alla cassa di espansione non si sarebbe mai sentito parlare della diga di Armorano; qualcun altro ha colto l’occasione proponendo un’opera la cui realizzazione creerebbero ottime occasioni business.
E’ incredibile vedere come l’Unione Industriali che ha proposto un progetto così invasivo sull’ambiente e sulla vita delle persone vi abitano non abbia fatto nessuna studio di impatto ambientale. Legittimamente essa è tenuta a tutelare l’interesse dei suoi associati mentre è compito e responsabilità della politica valutare le scelte che impattano sul territorio. La sola costruzione della diga porterebbe lauti guadagni alle imprese coinvolte e se poi le cose andassero diversamente da come previsto non è più un loro problema. Il problema resterà sulle spalle dei cittadini e della comunità che ne ha sostenuto il costo come troppo spesso succede nel nostro paese.
La diga di Ridracoli in Romagna si trova a solo quattro chilometri dal crinale in un luogo completamente disabitato a solo 4 km dal crinale.
 
La diga di Armorano si troverebbe nel centro di una valle abitata in un perenne stato di emergenza idrogeologica (in rosso sono state evidenziate le grandi frane di Chiastre, Casaelvatica e Cervellino).

sabato 6 luglio 2019

La stretta di Armorano

Ho letto con molta attenzione la documentazione fornita dall’Unione Industriali in occasione della presentazione del progetto della diga di Armorano.
Tabelle, grafici, istogrammi, curve sinusoidali, complicatissime formule matematiche, foto di idilliaci laghetti con le mucche al pascolo il tutto per dimostrare le straordinarie qualità della diga che, come una miracolosa medicina in grado di guarire qualsiasi malattia, porta ricchezza (non spiegano a
chi), turismo, canoa, pesca sportiva, acque di ottima qualità e quant’altro immaginando che l’invaso si trovi in una idilliaca valle alpina tra sorgenti perenni montagne granitiche indistruttibili.
NON E’ COSI’!!!
Non so se i progettisti abbiano mai visto la stretta di Armorano ma nel progetto NON C’E’ UNA SOLA PAROLA che, accennando alle numerose frane e al dissesto del nostro territorio, garantisca L’ASSOLUTA sicurezza dell’opera (si parla soltanto della sicurezza a valle rispetto alle pienetrattenute da bacino).
Mi permetto di ricordare ai progettisti che la val Baganza è una delle zone più franose d’Italia, che le sue montagne non sono fatte di solido granito ma di fango e rocce friabili, che il Vajont non è una favola e che quindi sarebbe il caso di spendere due parole al riguardo.
In altri termini prima di dirmi che nel mio territorio vuoi costruire una diga che contiene 62 milioni di mc d’acqua che resteranno per sempre sopra la mia testa mi devi aver fatto un accuratissimo studio geologico che dimostra nella MANIERA PIU’ ASSOLUTA e inoppugnabile che non esiste il ben che minimo e lontanissimo pericolo. Poi, semmai, possiamo parlare della diga.
Se invece mi vieni a dire che vuoi costruire un muraglione alto 100 metri e non mi dici niente (e forse non sai niente) di tutte le frane che ci sono li attorno allora vuol dire che ...
Le foto che seguono danno una idea di cosa succede in un raggio inferiore a 500 metri dalla stretta di Armorano.
Lascio a tutti voi i commenti del caso.


La foto satellitare mostra tutte le frane attualmente attive in un raggio di qualche centinaio di metri dalla stretta di Armorano. Non bisogna essere esperti geologi per comprendere che tutte queste frane, grandi o piccole che siano, testimoniano l’estrema fragilità dell’area che meriterebbe una accurata approfondita analisi prima ancora di parlare della diga.


Frana A: si tratta della famosa “Riva dei Preti” dove la provincia ha speso diverse centinaia di migliaia di euro nel vano tentativo di domarla. A causa dei lavori e delle continue cadute di massi la strada venne chiusa diverse volte per lunghi periodi. Ora la situazione, a seguito dei costosi lavori di manutenzione, sembra un po’ migliorata ma ciononostante continuano a cadere sassi
sulla carreggiata e tutto quelli che vi transitano nei giorni particolarmente piovosi danno sempre un’occhiata in su ... non si sa mai che caschi qualcosa.


Siamo nella così de.a “curva dei culoni” proprio nel punto in cui si vuole costruire il muraglione.
NON E’ UNA FRANA ma tutti coloro che vi transitano notano questo continuo sgretolamento della roccia a testimonianza della sua estrema fragilità. Periodicamente gli addetti alla manutenzione della strada rimuovono questo materiale ma dopo qualche giorno tutto ritorna come prima.


Frana B: si trova nella parte opposta della Riva dei Preti e si manifestò due o tre anni fa dopo piogge molto abbondanti.


Frana C: si trova subito dopo il ponte di ferro di Armorano. Una grossa rete trattiene in modo precario i massi che continuamente crollano dalla montagna. Ben conosciuta dagli automobilisti che vi transitano abitualmente i quali nei giorni di pioggia, nel tentativo di schivare i sassi che regolarmente si trovano sulla carreggiata, non nascondono i loro timori.


Frana E: Da questo precipizio cadono continuamente massi e detriti. Se fosse sommersa dall’acqua difficile credere che la situazione potrebbe migliorare.


Frana F: si trova alla foce del Rio d’Adello da dove cadono continuamente massi e detriti.



Frana G: si trova ai bordi della strada ed è ben conosciuta dagli automobilisti che vi transitano abitualmente.


Frana H: questa frana che si trova sopra l’abitato di Tavolana, si manifestò nel febbraio del 2014 subito dopo il taglio del bosco che la ricopriva e testimonia in modo evidente l’elevata franosità dell’intero territorio. Ora è stata rattoppata in qualche modo ma l’equilibrio appare ancora molto precario.