"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

martedì 17 giugno 2014

Tagliare è illogico, bruciare diabolico

Dall'Olio, incubo del bosco parmense
Di fronte allo scempio della montagna oggi è il tempo di agire

Nicola Dall'Olio, candidato alle primarie Pd, candidato assessore con Bernazzoli, candidato alle europee, ma sempre trombato, nel 2010 aveva detto, in un documento a sua firma, che era possibile prelevare dai boschi del parmense 390 mila tonnellate di legna ogni anno senza intaccare la rinnovabilità.


Avevamo contestato questo dato, perché ottenuto moltiplicando l'accrescimento annuo dei faggi (notoriamente superiore a quello dei querceti) per gli ettari della totalità dei boschi.
Dall'Olio voleva giustificare la possibilità di impiantare 30, 40 centrali termiche a cippato nei borghi di montagna. Per lui un sogno, per il bosco un incubo.
Già nel 2009 i dati delle comunicazioni di taglio alle comunità montane dicevano che gli ettari di ceduo richiesti al taglio erano quasi doppi rispetto al 2008.
L'autoconsumo era in costante diminuzione e si ipotizzava che fossero state prodotte 200 mila tonnellate di legna da ardere.
Non era che l'inizio.
Ancora non si erano visti i ripidi versanti completamente denudati e le cataste ininterrotte di legna lungo le strade di montagna, pronte per essere prelevate e portate chissà dove dai camion.
Le strade non erano completamente sfondate dal passaggio dei mezzi pesanti.
Gli effetti idrogeologici di questo dissennato abbattere non si erano ancora manifestati.
Come a Pietta, dove il taglio è stato una delle cause della frana e, come tale, denunciato all'autorità giudiziaria dalla Forestale.
E' il mercato a decidere quanta legna debba essere tagliata e quale sarà l'assetto economico e paesaggistico là in alto.
Dati provinciali sul prelievo di legna non ce ne sono, se ci sono non vengono resi pubblici.
E' disponibile un dato nazionale sulla legna consumata nel 2013 elaborato da AIEL.
In totale sono 19,3 milioni di tonnellate.
Di queste, 3,5 milioni vengono importate dall'estero, che sottratte al totale ci danno la legna prodotta in Italia, 15,8 milioni di tonnellate.
Stiamo superando la sostenibilità ed intaccando la rinnovabilità dei nostri boschi.
I boschi da cui è possibile ricavare legna sono i 3.663.000 ettari di ceduo che, moltiplicati per il 4% di accrescimento annuo per ettaro, danno 14,62 milioni di tonnellate.
Solo l'anno scorso abbiamo tagliato 1,2 milioni di tonnellate di legna in più da quanto consentito dalle normative nazionali e regionali che preservano la rinnovabilità.
Ma nel nostro Appennino, in cui il ceduo è l'80% del totale dei boschi, è pensabile che la quantità tagliata sia ancora maggiore, perché più vicino al mercato padano.
Il dirigente ambientalista (?) del Pd manda avanti il progetto delle centrali a cippato, che ora sono 6 già impiantate ed una, quella di Berceto, in costruzione.
Bruciano cippato di ramaglie non stagionato, sono senza filtri, emettono polveri a livello industriale, la cenere volante dei multi cicloni, piena di particelle di metalli pesanti (rifiuto speciale che deve andare in discarica) non si sa dove vada a finire.
Il tutto senza che i finanziamenti fatti affluire per impiantarle abbiano creato un solo posto di lavoro.
Non solo, ma il loro consumo di legna si va ad assommare a quello dei tagli per la legna da ardere che viene portata in tutta la pianura padana.
Solo la centrale di Monchio brucia 1.800 tonnellate di cippato di legna ogni anno (dato dichiarato dal sindaco), una quantità forse addirittura inferiore al reale.
Riteniamo che in montagna al degrado dei boschi per l'eccesso dei tagli si cominci a sommare anche quello dell'aria causato dalle polveri di queste centrali.
Tagliare e bruciare non crea alcuna economia, solo danni all'ambiente ed al turismo.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
16 giugno 2014


www.reteambienteparma.it - info@reteambienteparma.it

lunedì 2 giugno 2014

Il valore del bosco

Nel 2013 è stata intaccata la riserva verde nazionale

Il valore del nostro bosco non può essere circoscritto ad una mera valutazione economica, come se fossimo ancora negli anni '60, quando era fonte di legna da ardere per scaldare le case dei residenti.

Oggi, con lo spopolamento della montagna, l'autoconsumo decresce continuamente e la funzione del bosco è cambiata.


Oggi le grandi famiglie di fusti hanno un ruolo paesaggistico, ma soprattutto di presidio idrogeologico, in una montagna che strutturalmente è soggetta a frane, come gli episodi recenti non smettono di ricordarci.
Il bosco ed il sottobosco sono la spugna con cui la montagna si difende dalle calamità.
A partire dal 2009 la speculazione sulla legna da ardere ha colpito anche la nostra provincia, con evidenti denudamenti di interi versanti e, come a Pietta, diventando una concausa diretta delle frane.

Il dissesto idrogeologico, dovuto anche ai tagli, è evidente a tutti, ma dati provinciali o regionali non ce ne sono.
I numeri sono esclusivamente nazionali e provengono, guarda caso, dalle aziende che producono stufe e caldaie per la combustione della legna e che oggi vivono il loro magic moment.
Dal resoconto di un convegno promosso a Verona da AIEL (Azienda Italiana Energia dal Legno), si evince che la quantità di legna consumata nel 2013 è stata di 19,3 milioni di tonnellate. Considerando che la quantità importata è di 3,5 milioni, si deduce che la produzione nazionale sia stata di 15,8 milioni.
Una cifra che supera la sostenibilità del ceduo del nostro Paese, che arriva ad una disponibilità totale di 14,62 milioni di tonnellate.
I relatori del convegno sostengono che solo il 24% della riserva bosco è intaccata, ma il loro calcolo include tutto il patrimonio boschivo, 11 milioni di ettari, e non solo il ceduo.
Una follia, perché il patrimonio boschivo oltre il ceduo è macchia mediterranea, boschi ripariali e parchi, in cui non si può tagliare.
Se i tagli nazionali hanno superato la sostenibilità di ben 1,2 milioni di tonnellate, in provincia di Parma, dove il ceduo è l'80% dei boschi, sarà andata anche peggio, trovandoci a ridosso all'area di maggior sviluppo del mercato della legna da ardere, la pianura padana.

Giuliano Serioli
Rete Ambiente Parma


2 giugno 2014