"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

domenica 29 maggio 2016

Cambiare il Paes di Felino. Chi ci sta?

Nell'assemblea pubblica del 26 maggio al cinema di Felino, su proposta di Rete Ambiente Parma e dei comitati della pedemontana, i candidati sindaci delle liste "Cambiamo Felino" e "Vivere il cambiamento" hanno convenuto la necessità di rigettare dal PAES comunale in 2 punti.
Azione 9 - Sviluppo di micro- teleriscaldamento tramite vettori energetici solidi.


L’attuale amministrazione intende promuovere lo sviluppo di reti di micro-teleriscaldamento (25-500 kW) alimentate attraverso l’utilizzo di circa 800 tonnellate/anno di biomasse legnose in forma di cippato o pellets.
Azione 10 - BIOGAS. Produzione di Energia elettrica da reflui e scarti zootecnici.
L'attuale amministrazione di Felino intende favorire la realizzazione di impianti a biogas a partire esclusivamente da matrici organiche di scarto già presenti sul territorio: scarti dell'agricoltura e allevamento, così come impianti a biogas che utilizzino la FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano). Elemento importante da valutare è l'inserimento di un impianto nella nuova zona industriale dell'Apea.
Si ritiene che l'uso e la combustione di biomasse e biogas sia in conflitto con la salute dei cittadini e con la necessità di un ambiente con meno polveri sottili, in cui produrre le eccellenze alimentari tipiche dell'economia della Pedemontana.
E' necessario, altresì, rigettare la delibera dell'attuale giunta cche promuove impianti a biomassa in ogni azienda che ne faccia richiesta.
La CO2 in atmosfera è principalmente dovuta alla produzione di energia da fonti fossili.
Dal protocollo di Kyoto del 1997 fino al Cop 21 di Parigi la direzione intrapresa è stata quella di produrre energia da fonti rinnovabili.
Impegno sottoscritto fin dal 2005 dall'associazione dei Comuni virtuosi, che fa del risparmio energetico e della partecipazione dei cittadini la sua bandiera.
Nei PAES dei "Comuni Virtuosi" della pedemontana, Felino in primis, viene ascritto e preso per buono l'elenco di tutte le fonti di energie rinnovabili, senza distinzione alcuna tra quelle che producono energia pulita: fotovoltaico, eolico, solare, geotermia e pompe di calore, e quelle che, pur derivando da fonti rinnovabili, producono energia con emissioni nocive per la salute e per l'ambiente: centrali a biogas e centrali a combustione di biomasse.
Come dire che un comune che fa della partecipazione dei cittadini il suo stendardo non fa proprie le loro preoccupazioni per la salute.
Come se l'energia prodotta da un impianto fotovoltaico fosse uguale a quella prodotta dalla combustione di cippato di legna o da olio di grasso animale.
Ma è vero che l'uso di biomasse, anche se con emissioni nocive, è a saldo zero di emissioni di CO2, come richiesto dal Protocollo di Kyoto?
Per la combustione di cippato di legna e pellet non è la verità.
La legna, se proviene dall'estero, è prodotta dagli scarti dei tagli della foresta pluviale che ogni anno viene rimaneggiata.
Se proviene dai nostri boschi cedui, si deve considerare che se non si perde superficie boschiva, si perde quella fogliare che impiega circa 3 anni a raggiungere la stessa capacità di cattura della CO2 di prima.
Il taglio industriale smuove il terreno ed il carbonio in esso contenuto da secoli, ributtandolo in atmosfera.
Quantificarlo come saldo zero è assurdo oltre che ridicolo.
Per la combustione di olio di colza o olio di palma, fonti rinnovabili, c'è lo stesso problema del mancato saldo zero di emissioni di CO2.
Intere foreste, infatti, vengono tagliate per far posto a tali coltivazioni, la cui superficie fogliare è nettamente inferiore alla capacità di cattura dei milioni di piante tagliate.
Per la combustione di grasso animale che sta sostituendo la colza, diventata troppo cara per l'aumento della domanda di mercato e anch'esso fonte rinnovabile, si pone sempre il problema del mancato saldo zero.
Se, infatti, dagli scarti di macellazione animale si sottrae grasso da bruciare con emissioni di CO2, si dovrà accrescere la produzione animale o la sua importazione dall'estero per compensare il loro mancato utilizzo nell'industria del pet e della cosmetica, e quindi con ulteriore emissioni di CO2.
Le emissioni nocive della cogenerazione di biomasse sono inversamente proporzionali alla potenza degli impianti stessi.
Più un impianto è piccolo, più inquina. Non avendo gli stessi numeri e valori di spesa di quelli grandi, non ha nemmeno filtri capaci ma solo cicloni per far precipitare unicamente le ceneri volanti.
Il problema emissivo, però, è già grave per i grandi impianti, perché il benzopirene non può essere fermato dai filtri. I suoi valori sono già oltre i massimi in Trentino Alto Adige.
Gli amministratori che hanno promosso quegli impianti sono in grave imbarazzo.
In tutti i PAES dei cosiddetti "comuni virtuosi" c'è il progetto di impiantare piccoli cogeneratori condominali ed aziendali sia a cippato che a grasso animale.
Una follia dal punto di vista del saldo zero di CO2, ma soprattutto dell'inquinamento dell'atmosfera del nostro territorio.
I prosciuttifici e i caseifici della pedemontana, da Traversetolo fino a Collecchio, sono i maggiori produttori di eccellenze alimentari, fonte di occupazione anche per l'indotto e di esportazione. Le materie prime che essi lavorano derivano dagli allevamenti zootecnici industriali. E gli spandimenti delle deiezioni animali che vi si creano, costituiscono il maggior problema per i suoli agricoli e le falde acquifere.
Proprio nei nostri territori vi sono aree sensibili in cui tali spandimenti non devono superare i 170 Kg di azoto per ettaro, la metà della norma, pena la compromissione di coltivi ed erba medica per vacche da latte. Conseguenza di tali spandimenti è anche la lisciviazione dell'azoto e l'arrivo di nitriti e nitrati nella falda acquifera, con grave inquinamento della stessa. Il pagamento dell'acqua in bolletta è il doppio del suo costo effettivo, proprio per la spesa di depurazione.
La soluzione di tali problemi ambientali, che tendono sempre più ad aggravarsi con la crescita dei volumi delle eccellenze alimentari, non può essere nelle centrali a biogas che coi loro cogeneratori impestano già tutta la Pianura Padana e fermate proprio nel nostro territorio.
Ci può essere solo una soluzione alla radice del problema: eliminare l'ammoniaca dalle deiezioni con lo strippaggio e la neutralizzazione con soda caustica e formazione di solfato d'ammonio, un ammendante vendibile sul mercato. Tolta l'ammoniaca, le deiezioni animali possono essere trattate per produrre biometano da autotrazione o da mettere direttamente in rete. Un toccasana per gli stessi suoli agricoli, concimabili con sostanze naturali e non più con additivi chimici chimici.
Una soluzione del problema non più rinviabile.

Giuliano Serioli
29 maggio 2016

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

mercoledì 11 maggio 2016

Suona l'allarme, è quello di Ispra

L'ex sindaco di Felino Barbara Lori, attualmente approdata in Regione, aveva affermato che Rete Ambiente Parma (Rap) faceva solo terrorismo ambientale, seminando ingiustificato allarme tra la popolazione.
Pensando alla sua totale incompetenza sul tema, sovveniva un riso amaro, consapevoli del potere da lei rappresentato Comune e in Regione.
Rete Ambiente però oggi non è più sola.


Al suo fianco ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale), che conferma le tesi sovversive di Rap.
Le acque dei nostri fiumi sono impestate e quelle delle falde acquifere sotterranee anche.
Il 70% delle acque superficiali in Emilia è contaminato dal glifosato, diserbante cancerogeno, e da altre 200 sostanze nocive, la cui ricombinazione produce un mix di veleni.
Le falde acquifere sotterranee non sono solo minacciate dalla lisciviazione dell'azoto e dai nitrati, ma anche da diserbanti e pesticidi.
Lo zuccherificio Eridania di S.Quirico di Trecasali chiude perché gli agricoltori non coltivano più bietole, non più remunerative. Prezzi crollati per la concorrenza del Nord Europa.
Così tutti a coltivare mais da biodigestare nelle oltre 1.000 centrali a biogas della Pianura Padana.
Ma i milioni di tonnellate di quel biodigestato, pieno di ammoniaca, viene poi riversato nelle campagne e nei coltivi di pregio, nei prati di erba medica per la produzione di latte e formaggio grana.
Quell'azoto ce lo ritroviamo a tavola nelle insalate, verze e pomodori.
La presenza di nitrati negli ortaggi è considerato un problema di salute pubblica.
Problemi alla tiroide, scarsità di vitamina A e in certi casi, cancro allo stomaco.
Se anche la lattuga diventa pericolosa siamo veramente sull'orlo di un disastro.
Non è più il caso di parlare di diete, ma di ambiente.
Abbiamo trasformato la Pianura Padana, la terra più fertile d'Europa, in una landa grigia, priva di alberi e di filari di vite, un paesaggio nudo e tetro.
Per rincorrere le promesse dell'agricoltura industriale abbiamo imbottito la terra di veleni.
E a questi abbiamo aggiunto i prodotti delle centrali a biomassa.
Che percolano fatalmente nelle falde acquifere, sommandosi ad altri inquinanti nitrici derivati dalle migliaia di allevamenti industriali.
Ecco perché l'acqua che ci arriva in casa costa sempre di più in bolletta.
Il costo della depurazione è pari se non superiore a quello dell'acqua stessa.
Ma non c'è limite al peggio.
L'aria che respiriamo è più pericolosa del suolo agricolo e dell'acqua inquinati.
Alle emissioni industriali si sono sommate quelle degli inceneritori, quelli dei cogeneratori di biomasse, quelle del riscaldamento domestico a legna, per tacere del traffico veicolare che mangia altra pianura con nuovi tracciati di autostrade.
Ora si capiscono i dati allarmanti sul picco di mortalità nel 2015, superiore del 16,3% al 2014.
Il dato statistico era volutamente spalmato a livello nazionale, ma presumibilmente si riferiva alla zona più inquinata del paese, la Pianura Padana.

Giuliano Serioli
11 Maggio 2016

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

martedì 10 maggio 2016

Appello ad Arpa

Egr. Dott. De Munari,

le scrivo a nome del Comitato che rappresento e di altri abitanti della frazione di Poggio di Sant'Ilario Baganza, riguardo l'installazione della postazione mobile di rilevamento degli inquinanti, presso la nostra frazione.
Mi faccio portavoce del disagio e dell'apprensione di buona parte della popolazione residente nelle vicinanze dell'impianto di Citterio.


Gli odori sgradevoli che di tanto in tanto si avvertono e il parere di autorevoli tecnici e di medici riguardo alla pericolosità di impianti di cogenerazione del tipo di quello suddetto, ci preoccupa fortemente.
La Giunta del Comune di Felino ha deliberato verso la fine dello scorso mese di dicembre l'istituzione di un osservatorio ambientale, allo scopo di monitorare le emissioni, ma questo è ancora solo su carta.
Venerdì 8 aprile la stazione mobile, presente da diversi giorni, è stata rimossa, e ci è stato comunicato che i dati rilevati dal momento della sua installazione, non saranno disponibili se non prima di due mesi.
A questo punto mi permetto di formulare la richiesta di una stazione permanente presso la nostra frazione e soprattutto la tempestività della comunicazione sulla presenza di sostanze inquinanti (polveri sottili , ossido di azoto ecc.) attraverso un pannello di immediata lettura al di fuori della stazione, oppure attraverso dati on line immediatamente pubblicati.
Tali accorgimenti ci permetterebbero una miglior convivenza con l'insediamento produttivo della Citterio ed una minor preoccupazione riguardo alla nostra salute e a quella dei nostri figli.
Nel ringraziarla anticipatamente del suo interessamento, le porgo cordiali saluti.

Gabriele Allegri

Comitato No Cogeneratore olio animale al Poggio

giovedì 5 maggio 2016

Territorio, o salvezza o dannazione

Cosa fare e cosa non fare nel nostro ecosistema

E' ormai assodato da tempo che l'effetto serra ed il cambiamento climatico sono causati dall'emissione e dall'accumulo di CO2.
La CO2 in atmosfera è principalmente dovuta alla produzione di energia da fonti fossili.
Dal protocollo di Kyoto del 1997 fino al Cop 21 di Parigi la direzione intrapresa è stata quella di riuscire a produrre energia da fonti rinnovabili.
Impegno sottoscritto fin dal 2005 dall'associazione dei Comuni virtuosi, che fa del risparmio energetico e della partecipazione dei cittadini la sua bandiera.


Nei PAES dei "Comuni Virtuosi" della pedemontana, Felino in primis, viene ascritto e preso per buono l'elenco di tutte le fonti di energie rinnovabili, senza distinzione alcuna tra quelle che producono energia pulita: fotovoltaico, eolico, solare, geotermia e pompe di calore, e quelle che, pur derivando da fonti rinnovabili, producono energia con emissioni nocive per la salute e per l'ambiente: centrali a biogas e centrali a combustione di biomasse.
Come dire che un Comune che fa della partecipazione dei cittadini il suo stendardo non fa proprie le loro preoccupazioni per la salute.
Come se l'energia prodotta da un impianto fotovoltaico fosse uguale a quella prodotta dalla combustione di cippato di legna o da olio di grasso animale.
Felino, infatti, Comune autodefinitosi virtuoso, mette addirittura in bella mostra nel suo PAES il cogeneratore a grasso animale del Poggio di S.Ilario Baganza, quale misura di tale virtù, nonostante le proteste dei suoi cittadini per gli odori e gli inquinanti emessi.
Proteste additate come disinformazione e terrorismo mediatico.
E' vero che l'uso di biomasse, anche se con emissioni nocive, è a saldo zero di emissioni di CO2, come richiesto dal Protocollo di Kyoto?
Per la combustione di cippato di legna e pellet non è la verità.
La legna, se proviene dall'estero, è prodotta dagli scarti dei tagli della foresta pluviale che ogni anno viene rimaneggiata.
Se proviene dai nostri boschi cedui, si deve considerare che se non si perde superficie boschiva, si perde quella fogliare che impiega circa 3 anni a raggiungere la stessa capacità di cattura della CO2 di prima.
Il taglio industriale smuove il terreno ed il carbonio in esso contenuto da secoli, ributtandolo in atmosfera.
Quantificarlo come saldo zero è assurdo oltre che ridicolo.
Per la combustione di olio di colza o olio di palma, fonti rinnovabili, c'è lo stesso problema del mancato saldo zero di emissioni di CO2.
Intere foreste, infatti, vengono tagliate per far posto a tali coltivazioni, la cui superficie fogliare è nettamente inferiore alla capacità di cattura dei milioni di piante tagliate.
Per la combustione di grasso animale che sta sostituendo la colza, diventata troppo cara per l'aumento della domanda di mercato e anch'esso fonte rinnovabile, si pone sempre il problema del mancato saldo zero.
Se, infatti, dagli scarti di macellazione animale si sottrae grasso da bruciare con emissioni di CO2, si dovrà accrescere la produzione animale o la sua importazione dall'estero per compensare il loro mancato utilizzo nell'industria del pet e della cosmetica, e quindi con ulteriore emissioni di CO2.
Le emissioni nocive della cogenerazione di biomasse sono inversamente proporzionali alla potenza degli impianti stessi.
Più un impianto è piccolo, più inquina. Non avendo gli stessi numeri e valori di spesa di quelli grandi, non ha nemmeno filtri capaci ma solo cicloni per far precipitare unicamente le ceneri volanti.
Il problema emissivo, però, è già grave per i grandi impianti, perché il benzopirene non può essere fermato dai filtri. I suoi valori sono già oltre i massimi in Trentino Alto Adige.
Gli amministratori che hanno promosso quegli impianti sono in grave imbarazzo.
In tutti i PAES dei cosiddetti "comuni virtuosi" c'è il progetto di impiantare piccoli cogeneratori condominali ed aziendali sia a cippato che a grasso animale.
Una follia dal punto di vista del saldo zero di CO2, ma soprattutto dell'inquinamento dell'atmosfera del nostro territorio.
I prosciuttifici e i caseifici della pedemontana, da Traversetolo fino a Collecchio, sono i maggiori produttori di eccellenze alimentari, fonte di occupazione anche per l'indotto e di esportazione. Le materie prime che essi lavorano derivano dagli allevamenti zootecnici industriali. E gli spandimenti delle deiezioni animali che vi si creano, costituiscono il maggior problema per i suoli agricoli e le falde acquifere.
Proprio nei nostri territori vi sono aree sensibili in cui tali spandimenti non devono superare i 170 Kg di azoto per ettaro, la metà della norma, pena la compromissione di coltivi ed erba medica per vacche da latte. Conseguenza di tali spandimenti è anche la lisciviazione dell'azoto e l'arrivo di nitriti e nitrati nella falda acquifera, con grave inquinamento della stessa. Il pagamento dell'acqua in bolletta è il doppio del suo costo effettivo, proprio per la spesa di depurazione.
La soluzione di tali problemi ambientali, che tendono sempre più ad aggravarsi con la crescita dell'economia delle eccellenze alimentari, non può essere nelle centrtali a biogas che coi loro cogeneratori impestano già tutta la Pianura Padana e fermate proprio nel nostro territorio.
Ci può essere solo una soluzione alla radice del problema: eliminare l'ammoniaca dalle deiezioni con lo strippaggio e la neutralizzazione con soda caustica e formazione di solfato d'ammonio, un ammendante vendibile sul mercato. Tolta l'ammoniaca, le deiezioni animali possono essere trattate per produrre biometano da autotrazione o da mettere direttamente in rete. Un toccasana per gli stessi suoli agricoli, concimabili con sostanze naturali e non più con additivi chimici chimici.
Una soluzione del problema non più rinviabile.
Ma nei nostri territori si stanno infiltrando le mafie. Lo hanno già fatto. Si sono servite della grave crisi dell'edilizia per allettare qualcuno e servirsene.
E mettere radici. Hanno usato la necessità di finanziamenti che le banche non erogavano alle ditte per appropriarsi di queste o, peggio, per entrare a farne parte e agirvi dall'interno di nascosto, inquinando appalti pubblici, corrompendo amministratori locali, creando una ragnatela inestricabile di favori e collusioni in grado di condizionare la nostra vita pubblica e la nostra economia.
Farne piazza pulita è nostro dovere.
Attraverso la massima trasparenza nelle gare d'appalto.
Opponendo all'offerta minima il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Facendo in modo che il Comune si ponga come intermediario tra aziende edili e banche come garante dei prestiti.
Altro problema che è necessario affrontare è quello della cementificazione del territorio.
L'eccesso di urbanizzazione e cementificazione produce un mancato assorbimento delle acque piovane ed uno scorrimento troppo rapido verso aree a valle con alluvioni ed allagamenti.
Al modello urbanistico basato sui grandi centri commerciali che producono la chiusura delle piccole attività commerciali e la desertificazione dei centri storici, opponiamo il ritorno ad una commercializzazione diffusa favorita economicamente dal Comune stesso.
Ogni nuovo capannone che un'azienda aggiunga per esigenze di allargamento dell'attività deve essere inteso al netto di consumo di suolo, cioè una costruzione similare e abbandonata deve essere riportata dalla stessa azienda e a sue spese alla condizione di suolo agricolo.
Si deve evitare la cementificazione delle sponde di fiumi rii e canali e soprattutto il loro disboscamento affidato dai Comuni a terzi a spesa zero. Cosa che produce un taglio generalizzato dei boschi ripariali per produrre cippato di legna da vendere sul mercato.

Giuliano Serioli
5 maggio 2016

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense