"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

domenica 28 maggio 2017

Il secco no di sindaci e popolazione alla cassa Aipo

Giovedì scorso a Felino l’assemblea
per discutere della cassa di espansione sul Baganza

Positiva assemblea giovedì 25 al cinema di Felino: tanta gente, tanti sindaci della val Baganza, politici come il deputato Giuseppe Romanini del Pd ed anche Cesare Azzali dell'Upi.
Ma, soprattutto, interventi veri sulla cassa d'espansione, sul torrente Baganza, sull’alveo disastrato e sui problemi della valle, dei suoi versanti boscati.


Organizzata dal Comitato del Casale, da Rete Ambiente Parma e dall'opposizione di sinistra in consiglio comunale, l’incontro ha messo subito al centro la discrepanza tra un manufatto così impattante sul territorio e un'asta di torrente abbandonata a se stessa nella sua parte montana.
Come volere testardamente mettere insieme una scarpa e una ciabatta.
Come se l'alluvione non fosse arrivata proprio dai pendii, da quei versanti ripidi e soggetti a taglio raso, da quel profilo di torrente il cui alveo si è abbassato lasciando terrazzi pensili non più inondabili dalle piene, in cui si è costruito e sottratto spazio all'acqua.
Quello che manca nel progetto Aipo è proprio l’assenza della valutazione dell'impatto territoriale dell’opera.
Gli ingegneri ci hanno frastornato di dati, slides e numeri per raccontarci quanto sia perfetto il loro manufatto, la loro cattedrale nel deserto, ma il problema vero è che non hanno messo nel progetto la riqualificazione dell'alveo del torrente.
Non hanno spiegato come ripristinarlo per metterlo in grado di affrontare le piene di un futuro in cui il cambiamento climatico si farà sentire.
Non hanno tenuto conto minimamente della gente, della necessità di informarla e consultarla in corso d'opera, mentre cresceva l'impianto progettuale.
E soprattutto si è omessa la comparazione tra il loro progetto e altri studi alternativi esistenti, come quello della Provincia del 2015, che prevede 3 casse lungo l'alveo, di impatto minore e con metà spesa.
Ma se il SIA (lo studio di impatto ambientale) è stato così platealmente insufficiente, come’è possibile arrivare a chiudere la VIA (la valutazione di impatto ambientale) con delle semplici osservazioni?
I sindaci sono stati invitati a portare il loro contributo e la risposta è stata un netto rigetto del progetto Aipo di una sola cassa, come mai prima avevano fatto, sostenendo invece lo scenario delle tre casse di espansione.
Perché non dirlo prima?
I sindaci hanno risposto di non avere le competenze per contraddire i progettisti e per scegliere diversamente.
Ma il principio di precauzione è lo strumento affidato proprio a loro per limitare i rischi di salti nel buio.
I sindaci non possono delegare le decisioni sull'ambiente del loro territorio solamente a tecnici.
Devono acquisire i pareri e sulla base di quelli decidere, consultando i cittadini.
La consigliera regionale Barbara Lori non ha saputo spiegare perché non sia stato posto all'assemblea dell’Emilia Romagna il contrasto tra l'opinione del territorio e il progetto di cassa.
Giuseppe Romanini ha espresso l'opinione che a questo stadio dell'iter sia difficile tornare indietro, manifestando così la confusione di posizioni che ci sono all'interno del PD parmense nell'avallare un progetto dettato in ultima analisi dalla Regione.
Un esponente del Comitato alluvionati del Montanara si è detto d'accordo con la posizione degli organizzatori dell'assemblea e disponibile a fare fronte comune nei confronti della Regione.
Con l'appoggio del Comitato alluvionati ora è possibile dispiegare con più forza l’opposizione alla cassa AIPO, presentando in Regione l’istanza sull'alternativa, controfirmata dai sindaci del territorio e divulgata pubblicamente attraverso i mezzi di informazione.
Finalmente è emersa pubblicamente l’opinione diversa del territorio sul progetto della cassa di espansione Aipo.
Un secco no dei sindaci e della popolazione che ora deve essere tenuto in seria considerazione.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma

salvaguardia e sostenibilità del territorio locale

martedì 23 maggio 2017

No alla Cassa Aipo, il 25 maggio assemblea a Felino

L'assemblea del 25 maggio sarà un’occasione di informazione e dibattito sul progetto della cassa d'espansione del Baganza, un momento dove tutte le osservazioni critiche fatte al progetto AIPO possano trovare espressione ed avviare un serio confronto.
La necessità di una cassa d'espansione che metta in sicurezza la città è fuori discussione, soprattutto dopo l'alluvione dell'ottobre 2014.
Ma serviva una corretta comunicazione ai soggetti interessati e contestualità tra consultazione e avanzamento della progettualità, con un esame approfondito dell'impatto ambientale dell'opera, come prevede la UE e la Regione.


Una SIA effettiva, cioè uno studio di impatto ambientale in cui il progetto dell'opera sia comparato a studi alternativi esistenti.
Nel progetto di cassa di AIPO invece è stato sostanzialmente disatteso lo studio di impatto ambientale, comparando il progetto in atto con lo studio preliminare del progetto stesso.
E’ mancato il confronto con lo studio della Provincia del giugno 2015, quello delle tre casse in serie lungo l'asta del torrente.
Un progetto ingegneristico, quello di AIPO, che tratta il nodo di Colorno e disattende completamente la parte montana del torrente, un progetto disorganico e disomogeneo.
L'impatto dell'opera va considerato per tutta l'asta e soprattutto per la sua parte a monte.
Non si può glissare sull'abbassamento dell'alveo di 1,5 metri per l'eccesso di prelievo di ghiaia.
Occorre anche prendere in esame la conseguente diminuita capacità di alimentazione degli acquiferi, con formazione di terrazzi pensili e perdita di piane inondabili da cui dipende la capacità di laminazione naturale del torrente.
Come va valutata con attenzione la diminuzione dei tempi di corrivazione dell'acqua piovana lungo i versanti per perdita di manto boschivo dovuta a tagli matricinati sconsiderati.
C’è la necessità indifferibile di introdurre traverse per trattenere sedimenti in alveo contribuendo così al suo rialzo.
L’opera deve prevedere l'uso plurimo: non solo laminazione delle piene, ma anche ricarica degli acquiferi e uso irriguo dell'acqua invasata.
Infine da non dimenticare l'impatto dell'opera sulle abitazioni e costruzioni adiacenti, per il pericolo di crepe dovuto al compattamento delle argille.
Riteniamo disattesa la direttiva UE, nonché della Regione Emilia Romagna, del 2000/2006 sull'impatto ambientale di ogni opera idrica.
Appare più confacente alle esigenze di impatto ambientale lo studio della Provincia del 2015 che, prevedendo una serie di casse lungo l'alveo stesso, teneva conto direttamente dei punti sopra considerati.
Tre casse in alveo, una a Calestano, la seconda al Casale di Felino e la terza in zona Beneficio, nel comune di Collecchio.
Argini perimetrali di contenimento della cassa di Calestano di 9 metri, per limitare l'impatto sulle acque sotterranee. Capacità di invaso di 625.000 metri cubi.
Argini della cassa del Casale di 5 metri, mentre la capacità di invaso è di 2.300.000 metri cubi.
Quindi parte della cassa è in ipogeo, cioè ricavabile da bacini di cava già esistenti.
Stessa quota degli argini a Beneficio, con capacità di invaso di 700.000 metri cubi, utilizzando in parte bacini di cava già esistenti.
Il problema del nodo di Colorno con cui AIPO ha motivato la necessità di un'opera mastodontica al Casale di Felino, con argini di 16 metri, è più facilmente risolvibile con una piccola cassa in area
golenale nel corso della Parma, a valle della città.
Anche considerando che tutta l'area a valle della stessa è a rischio esondazione, per l'eccesso di cementificazione che rende una area molto vasta praticamente impermeabile a fronte di un evento piovoso particolarmente intenso, come si prevede per il futuro.

Rete Ambiente Parma
Vivere il Cambiamento
Comitato cittadini del Casale


salvaguardia e sostenibilità del territorio locale

martedì 9 maggio 2017

Istituzioni, Tibre, Insostenibilità

Tutto è stato deciso fin dall'ottobre del 2015.
La Provincia votò a favore della Tibre, la Regione affermò che la priorità era la ferrovia, la ditta Pizzarotti si ritenne soddisfatta dell'escamotage della Regione.
Così il 1° tratto della Tibre era cosa fatta, con tanti saluti al Coordinamento dei gruppi ambientali.
Raffaele Donini, assessore regionale alle infrastrutture, ha sottolineato come la Regione abbia lavorato alla proposta “ascoltando anche i territori”, una affermazione che ha del surreale con tinte quasi comiche.


Le parole di Donnini “C’è stato un pronunciamento del Consiglio provinciale di Parma; ribadiamo che per noi la priorità è il potenziamento della linea ferroviaria Pontremolese, il secondo lotto del Ti-bre è priorità 2”.
Il primo tratto della Tibre è sottinteso che si farà, per lui e la Regione è priorità 1, col benestare di PD e destra e l'assenza del sindaco di Parma.
Il commento della Provincia: "Il Consiglio provinciale ha approvato un documento di indirizzo che recepisce l'importanza delle nuove priorità impostate dal Governo su progetti strategici e fondi correlati. Priorità pensate per spendere meglio le risorse realmente a disposizione”.
Spendere meglio i soldi? Con quei 9 chilometri che finiscono in mezzo alla campagna, dopo averla rovinata?
"Finalmente si punta sulle ferrovie" commenta il sindaco Federico Pizzarotti: “Il mio parere sulla Tirreno-Brennero l'ho già espresso ed è chiaro a tutti”.
Il Coordinamento dei comitati contro le autostrade Cr-Mn e Ti-Bre sono sconcertati per la mancata partecipazione del sindaco di Parma all'Assemblea dei sindaci in Provincia, che ha dato sponda alle forze di PD e centrodestra favorevoli all’autostrada Tibre.
Sempre in priorità 1 la Regione propone inoltre un intervento da 50 milioni per rendere funzionale il primo lotto del Ti-bre – di cui è imminente l’avvio del cantiere – collegandolo (con una strada ordinaria) alla Cispadana verso est.
La consigliera Canova sulla TiBre chiede al Governo di verificare, nelle more dell’approvazione del progetto esecutivo, se sussistono le condizioni per evitare di realizzare il primo lotto del raccordo autostradale Ti-Bre, relativo al tratto Fontevivo-San Quirico e di destinare alla Pontremolese le risorse già stanziate.
La scelta, dice, non è contro il trasporto su gomma, ma tra un’opera utile e una inutile.
Vescovi (PD) chiede al Consiglio: "Vogliamo veramente fare di Parma il luogo delle eccellenze agro-alimentari? L’autostrada aumenterà traffico e polveri sottili, aumentando il carico su questa area, Fontevivo è il Comune con meno terreno fertile della Provincia”.
Si vota sul documento della Provincia, che viene approvato. Contrari solo due: Canova e Vescovi.
Regione e Provincia hanno deciso contro i sindaci. Hanno parlato a vanvera di Pontremolese per far passare il primo tratto della Tibre. Pizzarotti, il sindaco, si è associato. Pizzarotti, il costruttore, ringrazia.
L'assemblea dei sindaci, complice l'assenza di quello di Parma, si è fatta tranquillamente beffare.
Forse alcuni volevano solo far figura, non opporsi seriamente.
Ma il territorio, che l'assessore Regionale Donini dice di aver ascoltato, è d'accordo sul disastro che gli sta rovinando addosso?
Crediamo proprio di no.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma

salvaguardia e sostenibilità del territorio locale

giovedì 4 maggio 2017

Comitato del Casale, no alla cassa di espansione di Aipo

I cittadini di Casale di Felino hanno avuto notizia del progetto della cassa di espansione sul torrente Baganza soltanto a cose fatte.
Ma la normativa europea e nazionale prevede che la consultazione dei cittadini sia contestuale all'elaborazione del progetto ed alla normativa di VIA.


Così non capiscono perché il territorio in cui vivono debba essere messo a soqquadro da una cementificazione alta come un palazzo di 5 piani, con via vai di camion di ghiaia per anni.
Si chiedono come mai lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) non abbia preso in considerazione un progetto preesistente della Provincia, che prevede 3 casse d'espansione lungo l'alveo del torrente tra Calestano e Collecchio.
Meno impattante sull'ambiente e sul loro territorio.
Sostengono che la Sia non si sia svolta correttamente: nessuna valutazione di opere alternative.
Lo studio delle 3 casse della Provincia, del maggio 2015, non risulta sottoposto a valutazione comparativa perché la comparazione è stata effettuata tra il progetto preliminare di AIPO e quello definitivo.
Eppure la normativa Ue per una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) include proprio una descrizione delle alternative pertinenti al progetto, come mezzo per migliorare la qualità della valutazione stessa.
Perfino lo "Sblocca Italia" prevede che le risorse di contrasto al rischio idrogeologico integrino la mitigazione del rischio con la tutela del territorio.
Inoltre, il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) stabilisce che le opere di laminazione delle piene, ovvero le casse d'espansione, si integrino con quelle di riqualificazione del territorio, cioè col ripristino dell'alveo del torrente e delle sue golene e con la laminazione naturale delle piene.
Ma da uno studio della Provincia sappiamo che in tutti questi anni le aree esondabili del Baganza si sono dimezzate ad opera di occupazione abusiva di suolo, antropizzazione e cementificazione.
Non solo, la continua ed incontrollata asportazione di ghiaia lungo l'alveo lo ha abbassato
di un metro e mezzo trasformando le sue aree laterali in terrazzi pensili.
Quando il letto di un fiume si abbassa, altrettanto fa il livello della falda freatica.
In altre parole, l'acqua che scorre nel sottosuolo verso il fiume, trovandolo più basso, si abbassa anch'essa con gravi problemi per il pompaggio dai pozzi e per l'irrigazione dei campi.
E, ancora più grave, si sviluppa il drenaggio delle argille che tendono a comprimersi danneggiando la stabilità degli edifici costruiti sopra.
Questo è l'effetto che più temono gli abitanti del Casale, che gli strati profondi delle argilliti risentano dell'abbassamento della falda che un manufatto di quelle proporzioni provocherà fatalmente nel sottosuolo.
Ma la sicurezza della città, dopo la piena del 2014, deve essere garantita. Non si discute.
E' solo un problema di progetto: quale sia meno impattante per il territorio ed altrettanto sicuro per la città.
Diventa un problema di volumi. Quanti metri cubi d'acqua di piena possano essere invasati con la cassa AIPO ( 4,7 milioni di metri cubi) e quanti con le 3 casse ipotizzate dalla Provincia (3,6 milioni di metri cubi).
Solo 1 milione di metri cubi differenza che AIPO afferma necessari per il nodo di Colorno, per far si che la Parma non tracimi nella bassa.
Basterebbe, allora, un piccolo invaso prima di Colorno a risolvere il problema.
Al posto di una grosso manufatto 3 piccole casse lungo l'alveo.
Perché non se ne è discusso prima? Perché non discuterne ora?
E poi, come abbiamo sempre detto, occorre un progetto che serva a garantire acqua al territorio dell'alta pianura che ne ha sempre più bisogno.
Ma siamo anche certi che si possano spostare fabbriche e case da quei 500 ettari di golena del Baganza persi per l'antropizzazione?
Risistemare l'alveo è sacrosanto ma non è possibile farlo con petizioni di principio che non tengono conto di quanto è successo.
Gli amministratori che hanno fatto finta di niente quando si cementava nell'alveo dovrebbero ammettere le loro responsabilità.
Infine, qualcosa di cui nessuno parla, ma noi di Rete Ambiente si: occorre fermare i tagli boschivi in val Baganza.
Tagli rasi del ceduo con abbandono a terra delle ramaglie di cui l'ultima piena si è alimentata.
La conservazione del bosco è la garanzia principale contro il tempo di corrivazione dell'acqua piovana lungo i versanti ripidi della val Baganza.
Non tagliare i boschi è la condizione fondamentale per impedire le frane e gli effetti di un futuro di piogge sempre più intense in poco tempo.
I sindaci della valle devono impedire tagli che fanno solo danni al territorio e non creano economia per i residenti.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma

salvaguardia e sostenibilità del territorio locale