"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

lunedì 28 dicembre 2015

Le inspiegabili morti del 2015

Nel 2015 il numero di morti nel nostro Paese è salito dell'11,3%.
Come durante la guerra.
In un anno ci sono stati 67mila decessi in più rispetto al 2014.
«Si è passati cioè da una media di meno di 50 mila al mese a una di oltre 55 mila. Il numero è impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918», scrive il professor Blangiardo.


Nel 2013 e nel 2014, tra l’altro, il numero dei morti era calato, ma sempre di poco: mai si erano raggiunte percentuali in doppia cifra.
Pare che gli incrementi maggiori siano in gennaio-febbraio-marzo: rispettivamente 6.000-10.000-7.000 in più. Una correlazione, quindi, tra mesi freddi e crescita dei numeri. Mesi in cui ci si riscalda di più nelle abitazioni.
Qualcuno ha ipotizzato come causa l'influenza per gli anziani per il fatto che molti non si sono vaccinati causa un allarme infondato sui vaccini.
Ma tutti convengono sia impossibile che una malattia stagionale abbia prodotto quei numeri.
I dati regione per regione ci diranno di più.
Se i numeri si riferissero in gran parte al Nord Italia, sarebbe evidente l'influenza del grave inquinamento atmosferico della Pianura Padana.
Ma, anche fosse, perché quest'anno e non anche i precedenti?
Un bel mistero, ancora più fitto se i numeri fossero sparsi un po' in tutte le regioni.
Come Rete Ambiente Parma arriviamo ad ipotizzare che tra le cause ci sia l'accumulo di benzopirene ed ossidi di azoto dovuti al ritorno massiccio al riscaldamento domestico a legna a partire dal 2008, anno della crisi economico-finanziaria, ed allo sviluppo abnorme delle centrali a cippato di legna soggette a finanziamenti ed incentivi pubblici.
La scorsa estate avevamo mandato una richiesta all'Usl. Volevamo conoscere i dati delle morti per tumore o per malattie polmonari della nostra fascia montana. Ci erano arrivate, infatti, notizie di rilevanti decessi per tumore dai paesi della fascia più elevata del nostro Appennino
Il dott. Impallomeni ci aveva risposto così. "Le rispondo per dire che non abbiamo ignorato la sua sollecitazione, che contiene alcuni spunti interessanti da approfondire. Per questo stiamo controllando i dati sui consumi di combustibile disponibili nei censimenti periodici, i dati sulla qualità dell'aria disponibili (ARPA) e quelli di mortalità. Come sempre suggerisco cautela nel fare valutazioni sull'associazione tra esposizioni ambientali e dati di salute perché nascondono insidie interpretative che devono essere affrontate usando metodi di analisi dati consolidate. Ci siamo quindi presi un po' di tempo (purtroppo non ne abbiamo molto dovendolo dedicare alle attività di routine del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica) per fornire una risposta sufficientemente corretta e completa, con l'aiuto di una collega borsa di studio, che legge per conoscenza”
L'incontro con la borsista si è rivelato una inutile formalità.
E' di questi giorni la decisione della giunta Pisapia a Milano di interdire l'uso dei caminetti a legna in città. Dichiarando che il loro effetto è di produrre il 22% del totale di polveri sottili.
Stante la situazione gravissima dell'aria nel nostro paese e gli sforamenti continui dal limite massimo di 50 milionesimi di grammo per m3, urgono provvedimenti decisi ed urgenti, simili a quelli presi a Milano da Pisapia. Sappiamo che a produrre le polveri sottili nei mesi invernali sono per 1/3 il riscaldamento delle abitazioni, per 1/3 il traffico automobilistico e per 1/3 le emissioni industriali. Sarebbe necessario un provvedimento governativo atto ad incentivare l'acquisto di auto a GAS, metano e gpL. Sarebbe urgente cambiare il parco nazionale dei mezzi pubblici, rottamando quelli a benzina e gasolio. Incentivare l'acquisto di auto elettriche è un mantra ormai rituale, trova poco riscontro negli investimenti delle case automobilistiche ed è destinato ad un futuro non immediato. Ma soprattutto si impone la disincentivazione dei cogeneratori a biomasse, cippato di legna, grasso animale e colza, che sono i maggiori produttori di particolato carbonioso e di ossidi di azoto.
Occorre ripensare quindi la sostenibilità ambientale delle fonti rinnovabili di energia, sviluppando di più le pompe di calore ed il risparmio energetico delle abitazioni che darebbe maggior impulso all'edilizia.

Giuliano Serioli
28 dicembre 2015

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

mercoledì 9 dicembre 2015

Citterio

Il buio dentro il camino

Coinvolto in giudizio da Citterio Spa in merito a mie pubblicazioni relative al suo cogeneratore sito in Poggio Sant'Ilario, finalizzato alla rimozione delle stesse, al fine di proteggermi da eventuali richieste risarcitorie, ho sottoscritto accordo transattivo con la stessa Citterio in cui mi impegno a ritirare dal sito quanto da me scritto e a rinunziare per il futuro ad occuparmi del cogeneratore di Citterio.


Giuliano Serioli
9 dicembre 2015

Rete Ambiente Parma
per la salvaguardia del territorio parmense

giovedì 3 dicembre 2015

Conferenza di Parigi, le BigOil e la CO2

Si verrà a capo di qualcosa alla Conferenza sul clima di Parigi, cominciata a fine novembre?
Se non fosse che la gente muore d'inquinamento ci sarebbe da ridere.
Le grandi potenze industriali, USA e Cina, hanno preso solo impegni di facciata.


Parlano di dimezzamento delle emissioni di CO2 da qui a vent'anni.
L'industria è abituata a considerare gratuito l'uso delle risorse naturali: acqua,suolo ed aria sono sempre stati gratis.
Il costo del loro inquinamento viene messo in conto alla sanità pubblica ed alla depurazione delle acque e delle falde acquifere, costi a carico dei cittadini.
L'inquinamento causato non fa parte del prezzo dei prodotti, ma viene semplicemente girato in bolletta e sui ticket sanitari.
C'è in realtà anche una dichiarazione nuova: “Le emissioni di CO2 devono avere un costo”.
A sostenerlo non è un gruppo ambientalista, ma gli amministratori delegati di 43 multinazionali con un fatturato complessivo di 1.200 miliardi di dollari di ben 150 Paesi, all'interno dei una lettera indirizzata al segretario ONU.
Aziende tra cui Gaz de France ed Enel: un paradosso?
Queste aziende potrebbero essere accusate di eccesso di inquinamento per il largo uso di carbone nella produzione di energia elettrica.
Probabilmente hanno capito che aria tira a livello europeo e hanno deciso di uscire da questa dipendenza.
Perché il business del futuro sembra andare nella direzione delle biomasse.
Bruciarle per ricavare elettricità “pulita”, e in tal modo far pagare il conto a chi è rimasto indietro, i concorrenti che si servono ancora del carbone (Cina, India ed USA).
Il costo della CO2 che propongono di far pagare agli altri è, di fatto, una dichiarazione di guerra economica.
Ma l'elettricità ricavata dalla combustione di biomasse è davvero “pulita” come si sostiene?
La combustione di materia organica porta alla formazione massiccia di particolato carbonioso. Quella da grassi animali ancora di più: “Attenzione" dice Parma Report "gli impianti a combustione che utilizzano grassi animali vengano classificati come impianti che producono energia rinnovabile. In pochi sanno che il processo prodotto da questo genere di impianti (biomasse, cogeneratori) produce delle emissioni nocive e tossiche (nanopolveri, benzopirene). Una produzione di rinnovabile pericolosa per la salute e l’ambiente. A chiarirlo una vasta letteratura scientifica in merito" (Parma Report 30.11.2015).
Il particolato carbonioso, inoltre, può andare ad ostruire i condotti di scarico delle camere di combustione delle centrali, depositandosi su iniettori e valvole. Questo residuo può contenere composti corrosivi pericolosi per le superfici stesse dei motori (zolfo, fosforo).
Il particolato carbonioso può essere considerato dannoso sia per l'ambiente che per la salute umana.
In quanto sottoprodotto di quasi tutti i processi di combustione è un componente molto diffuso dell'atmosfera, in particolare delle zone a maggiore urbanizzazione.
Tali particelle costituiscono la struttura attorno a cui si coagula e si forma lo smog delle aree urbane.
La sua dimensione tipica (dell'ordine del micron) lo pone al di sotto della “soglia di inalabilità”, convenzionalmente posta a 10 µm (PM10), diventando così causa di disturbi all'apparato cardiovascolare e respiratorio.
Tale particolato, inoltre, contiene, nella propria struttura un gran numero di composti organici (ad esempio gli IPA, fortemente indiziati di contenere agenti cancerogeni), ed è stata ormai evidenziata in molte ricerche una stretta relazione tra inquinamento ambientale da particolato carbonioso e morti per cancro.
E' ragionevole costruire impianti a combustione di biomasse e di cippato di legna? Crediamo proprio di no. E' una tecnologia sperimentale, dimentica delle conseguenze per la salute dei cittadini, cresciuta in fretta non tanto per accrescere l'energia da fonti rinnovabili, quanto per accaparrarsi incentivi pubblici.

Giuliano Serioli
3 dicembre 2015

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

martedì 4 agosto 2015

Centrali a biomasse, è allarme benzopirene

L'Italia, in tema di follie, primeggia

A Forno di Zoldo il sindaco ferma l'impianto a biomasse che avrebbe dovuto riscaldare la scuola. "Non sono contrario alle biomasse dice il sindaco" (forse per paura di apparire un sovversivo e dar dispiacere ai potentati) ma, in ogni caso, rendendosi conto che nel suo comune il benzopirene è oltre i limiti massimi e che la collocazione delle scuole a monte dell'abitato con scarsa circolazione d'aria è sfavorevole ha bloccato il progetto.


Ma quanti impianti a biomasse vengono fatti in Italia senza valutare la situazione dell'inquinamento locale solo perché il giro di soldi delle biomasse mette a tacere con i soliti giri di mazzette, favori gli scrupoli dei funzionari, degli amministratori, dei politici?
L'allarme arriva da Belluno, dal Corriere delle Alpi.
Ma il problema è ovviamente generalizzato.
E ovviamente nessuno degli amministratori del nostro Appennino se lo è mai posto.
Sull'argomento, Federico Valerio, noto chimico genovese che si occupa di problemi ambientali afferma: “le campagne di misura effettuate nel 2014 nel trentino hanno confermato quanto temevamo: superamento dei limiti di legge per polveri sottili e benzopirene emessi prevalentemente dalla combustione della legna sia a livello famigliare che industriale. Ora ci sono tutti i presupposti per misurare, in modo mirato, i danni alla salute che gli incentivi alle biomasse legnose hanno prodotto sulle popolazioni esposte”.
La Provincia autonoma di Trento si era opposta nel 2005 alla mega centrale a cippato di Enego, da allora però ha autorizzato decine di impianti a cippato di legna. Deve aver maturato la certezza che questi impianti non costituiscano alcun pericolo. Prova ne sia la localizzazione in Trentino Alto-Adige di un centinaio di queste centrali (con una potenza media di poco superiore al MW) senza aver mai operato analisi epidemiologiche.
A Bolzano non ne parlano perché l'ente pubblico non cerca e non trova gli inquinanti.
Anzi si tessono le lodi della settantina di impianti a biomassa altoatesini senza chiedersi come mai ne abbiano realizzati così tanti, di cui almeno il 40% si rifornisce di combustibile da fuori confine.
Quali sono i limiti del benzopirene a livello comunitario?
La normativa indica 1 nanogrammo per ogni Nm3 di emissioni.
Per il benzopirene l'allarme è a Feltre, per il quarto anno consecutivo maglia nera del Veneto.
La colpa è soprattutto delle stufe a legna, ma anche dei processi di combustione industriale.
Il benzopirene è l'elemento critico e nel Feltrino i dati emersi nel 2014 superano quelli medi dell'intero Veneto: a fronte del limite imposto per legge qui si registra una concentrazione di 1,6.
A Mezzano “la concentrazione media registrata, pari a 4,5 ng/m3, risulta superiore al valore obiettivo e pari a circa 4,5 volte il valore misurato nello stesso periodo presso la stazione di monitoraggio di Trento Parco S. Chiara”.
L’analisi di questi dati ha fatto emergere chiaramente che “la combustione della biomassa è responsabile della quasi totalità del PM10 misurato a Mezzano, e tale fonte è presente durante tutto l’anno” e che “l’impatto delle altri fonti emissive, come il traffico veicolare e l’erosione crostale, risulta quasi trascurabile rispetto al totale evidenziato”.
A Bolzano siamo attorno quota uno, ormai da 4 anni. A Laces, ad esempio, i valori medi sono compresi tra 2 e 3 nanogrammi per metro cubo. E qualche volta è stata superata quota 3.
Il ritorno massiccio alla legna è fortemente inquinante, nocivo per i nostri bronchi (ossidi di azoto e polveri sottili).
Di più, è pericoloso e cancerogeno ( benzopirene).
Bruciare legna a livello industriale in centrali a cippato è pura follia.
Ma l'Italia, in tema di follie, è al top.

Giuliano Serioli
4 agosto 2015

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

martedì 26 maggio 2015

La reale funzione del bosco

Una visione che nel nostro Appennino sta inesorabilmente svanendo

Gli indirizzi del nuovo piano regionale forestale dell'Emilia-Romagna ci costringono ad una sfilza di codici, sigle, allegati, acronimi...
Tutto per sentirci ripetere i principi ecologici, paesaggistici, sociali, idrogeologici, di crescita della biodiversità come rituale obbligato.


In realtà il succo del discorso finisce per essere tutto sulla legna da ardere, sulla sua commercializzazione e sulle bioenergie, cioè la combustione di cippato.
Gli stanziamenti da parte della Regione, infatti, vanno solo lì.
Il “riconoscimento dei servizi ecosistemici resi dalle foreste” avrebbe davvero senso se fosse legato ad esempio a fenomeni come l'allagamento della città per l'alluvione del Baganza, per spiegarne le motivazioni e realizzare una seria prevenzione, che parte proprio dal bosco e dalle sue capacità di trattenere le acque meteoriche.
I “servizi ecosistemici” forniti dai boschi sono essenziali per tutto il territorio.
Rappresentano la salvaguardia della biodiversità di flora e fauna, la regimazione e purificazione delle acque, il consolidamento del suolo, la produzione di legname d’opera e di combustibile, la produzione di eccellenze come i funghi, e funzionano come luogo di svago, di ricreazione educativa ed estetica, e infine e soprattutto aiutano la stabilizzazione climatica.
I boschi, infatti, consentono di fissare nella biomassa vegetale l’anidride carbonica atmosferica.
Una tonnellata di CO2 viene sottratta da 18 metri cubi di biomassa legnosa in piedi o all'impianto, come si dice.
Il patrimonio boschivo o forestale svolge un’insostituibile funzione di regolazione climatica che compensa le emissioni dovute all’uso di combustibili fossili prodotti principalmente nelle zone industrializzate di pianura.
Perché dunque non porsi l'obiettivo che a questi “servizi naturali” sia riconosciuto un corrispettivo economico che vada a vantaggio di chi contribuisce al mantenimento dell’ecosistema, come sostiene da anni dall'ingegner Massimo Silvestri?
Come abbiamo visto, coloro che si occupano di foreste, stanno agendo nell’ottica dell’uso delle biomasse forestali come materia da bruciare in sostituzione dei combustibili fossili, mentre ciò che importa sempre più per il nostro territorio è incrementare la funzione di resilienza dei boschi nei confronti dei veleni della pianura padana.
Ciò che importa è la quantità di CO2 che viene stoccata nella biomassa, non quella che viene bruciata.
Le nostre foreste crescono mediamente di 4 metri cubi all'anno per ogni ettaro boscato.
L'accrescimento forestale quindi porta alla fissazione di sempre maggior CO2.
Una volta certificate le risorse forestali perché non venderle come titoli con asta pubblica, conservando intatto l'apparato boschivo accresciuto?
La Regione Piemonte ha dato notizia nel 2013 dei primi interventi di gestione forestale che produrranno crediti tra i 30 e i 35 euro per tonnellata di CO2 vantati dagli operatori forestali, corrispettivi di debiti la cui compensazione viene richiesta, su base volontaria, dagli operatori economici .
Tali interventi verrebbero utilizzati per compensare le emissioni di settori industriali “energeticamente intensivi” ed “obbligati” alla riduzione delle emissioni: cementifici, inceneritori, industrie metallurgiche, industria dell'alluminio.
Una valorizzazione dei crediti di fissazione di carbonio forestale attorno a 35 €/t di CO2 consentirebbe di compensare il proprietario del fondo con un importo circa eguale a quello che lo stesso riceve da un’azienda di taglio boschivo.
Con la differenza che il bosco rimarrebbero in piedi.
Una tonnellata di CO2 corrisponde circa a 14 tonnellate di legna in piedi che, se tagliata al prezzo corrente di 6,5 euro/t., darebbe circa 70 euro, cioè il doppio di quanto verrebbe pagata da chi acquista il bosco per tagliarlo e di cui la metà andrebbe al proprietario del bosco stesso.
In tal modo si costituirebbero effettivamente consorzi di proprietari di boschi, ora esistenti solo sulla carta, in grado di sviluppare una corretta pianificazione delle utilizzazioni boschive, lasciate ora al taglio selvaggio ed indiscriminato.
I proventi andrebbero a coprire l’insostituibile funzione ecologica che questi territori montani, economicamente marginalizzati, hanno nella compensazione degli squilibri apportati all’ambiente dalle zone industrializzate, restituendo loro dignità e valore e fornendo una concreto sostegno al loro sviluppo turistico-commerciale.
Uno scenario che nel nostro Appennino sta inesorabilmente svanendo.

Giuliano Serioli
26 maggio 2015

Rete Ambiente Parma

per la salvaguardia del territorio parmense

giovedì 23 aprile 2015

L’aggressione al nostro territorio continua senza sosta

Sono ancora i tagli a caratterizzare gli scenari delle terre alte

Il tratto della Val Baganza che va da Calestano a Tavolana, tra il Monte Croce e il Monte Castello, e uno dei più suggestivi e spettacolari la cui bellezza è dovuta soprattutto all’integrità del manto boschivo. Ma è anche un luogo ad alto rischio idrogeologico per la presenza di diverse frane attive e, in particolare, quella della Riva dei Preti.


Il Monte Castello; la foto è stata scattata un anno fa.

Purtroppo anche in questa zona è iniziata l’attività di taglio che in breve porterà un forte degrado paesaggistico e, allo stesso tempo, aumenterà ulteriormente il già alto rischio idrogeologico privando questo territorio della sua naturale protezione.


In questa foto, scattata nei giorni scorsi, si può osservare, in alto a destra, linizio di un taglio su un ripidissimo pendio proprio sopra la frana della Riva dei Preti. Al momento il taglio è ancora limitato ma, molto probabilmente proseguirà, togliendo una naturale protezione in una delle zone più problematiche del nostro territorio.


Se i tagli continueranno in questa zona, oltre ad aumentare il rischio idrogeologico, causeranno un grave degrado paesaggistico così com'è avvenuto sul Montagnana.
La foto sottostante, scattata nello scorso febbraio da Canesano, mostra la condizione in cui si trova attualmente il Monte Montagnana.


Questa foto, scattata nei giorni scorsi, mostra il taglio effettuato di recente sotto la strada provinciale in un luogo (il castello di Ravarano) tra i più caratteristici della nostra valle. Si osservi la fortissima pendenza e l’estrema precarietà del territorio da un punto di vista idrogeologico.


Si è poi provveduto con un escavatore a realizzare una strada al solo scopo di trasportare la legna. Questa strada resterà nei prossimi anni priva di manutenzione e modificherà il deflusso delle acque piovane con effetti del tutto imprevedibili.


La costruzione di questa strada è stata autorizzata dall'ufficio tecnico del comune?

È stata fatta una valutazione dell’impatto che una simile opera ha sull'integrità del territorio?

È mai possibile che chiunque, con un escavatore, possa aprire piste, sbancare i pendii, ecc., senza alcuna valutazione del rischio che ciò comporta?

Come è possibile consentire la realizzazione di queste opere che sfregiano la bellezza del nostro territorio e aumentano il rischio del dissesto al solo scopo di trasportare poche migliaia di euro di legna?


Il Monte Scaletta e il Castello di Ravarano una delle zone più suggestive della nostra valle fortemente minacciata da un sfruttamento predatorio delle risorse boschive.

Cosa prevede la normativa

I boschi documentati in queste pagine, come la stragrande maggioranza dei boschi del nostro territorio, non sono boschi cedui (tagliati regolarmente ogni 20/25 anni) ma bensì cedui invecchiati (cedui semplici che hanno saltato uno o più turni di ceduazione) o cedui composti (boschi in cui si trovano contemporaneamente piante dalto fusto e polloni originati dalle ceppaie). Per questa tipologia di boschi lart. 59 delle PM e PF (Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale della Regione Emilia Romagna) prevede che venga favorita la conversione ad alto fusto.

Lart. 15 prevede inoltre che nelle aree forestali aventi una pendenza superiore al 100% e nelle frane attive e recenti venga favorita levoluzione naturale della vegetazione. I boschi in questione presentano entrambi queste caratteristiche.

Infine per ciò che riguarda lapertura di strade per lesbosco lart. 20 prevede quanto segue:

L'apertura e l'allargamento nonché la manutenzione ed il ripristino che comportino movimento di terreno di strade e piste forestali e mulattiere possono essere effettuati solamente previa autorizzazione ai sensi dell'art. 34 della L.R. n. 47/1978 e, laddove esistenti, nel rispetto delle previsioni dei Piani economici vigenti (art. 10 della L.R. n. 30/1981).
L' Ente delegato competente per territorio al fine di contenere fenomeni erosivi a carico delle scarpate può imporre l' inerbimento delle stesse o comunque la loro stabilizzazione attraverso interventi di ingegneria naturalistica.
Analogamente, l'Ente delegato, al fine di ridurre l'eventuale dissesto idrogeologico o fenomeni erosivi, può imporre il ripristino della vegetazione, mediante impianto artificiale, nei luoghi adibiti all'asportazione dei prodotti boschivi, qualora non si valuti opportuna la conservazione per le utilizzazioni future delle vie di esbosco e dei piazzali di deposito e di prima lavorazione aperti temporaneamente.

La strada in questione, come tutte le altre, vengono tracciate con brutali sbancamenti dagli escavatori e poi abbandonate a se stesse senza alcun intervento di manutenzione.


La normativa vigente, se propriamente applicata, consente uno sfruttamento sostenibile delle risorse forestali senza mettere a repentaglio lintegrità del territorio e le sue bellezze naturalistiche.

Ci domandiamo come mai le nostre amministrazioni e in particolare lUnione Montana (ex Comunità Montana) a cui è delegato il rilascio delle autorizzazioni di taglio, non abbiano a cuore lintegrità e la salvaguardia del nostro territorio?