"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

mercoledì 11 luglio 2012

PER UN DIBATTITO SULLE BIOMASSE

Alcuni  interrogativi di Bruno Abati   (ALBA)

- Che differenza c'è tra un gassificatore (quello che dovrebbe sorgere in località Nacca di Vaestano) e un inceneritore (Monchio, Palanzano, Borgotaro) ?
- Come mai  nei tre inceneritori a biomassa si usa cippato di legna vergine anzichè pellet, che, se costa di più, rende anche di più ?
- Vista la quantità di allevamenti zootecnici della nostra Provincia perchè non si costruiscono centrali (non so come chiamarle) per convertire il letame in biogas e con questo ottenere energia elettrica e calore  ?

1- Un inceneritore termico brucia cippato per scaldare l'acqua di un boiler che, poi, tramite condotte d'acqua di andata e ritorno, distribuisce calore a case,  palestra, scuola, casa protetta per anziani (teleriscaldamento ). Ma può anche essere usato per produrre elettricità. 
Immettendo vapore in pressione in un motore endotermico, si produce lavoro che, tramite un albero motore collegato ad una turbina, la fa girare producendo elettricità. Questa doppia produzione, di calore ed elettricità, viene definita cogenerazione. Questo è il caso di Monchio.
D'ora in poi, infatti, farà anche cogenerazione. 


- Un gassificatore brucia anche lui cippato, ma  a temperatura più bassa. Si innesca in tal modo un processo, detto pirolitico, di scomposizione molecolare che origina un gas di sintesi ( syngas) composto da idrogeno ( H2) anidride carbonica( CO2) e metano (CH4).
Tale  gas è molto sporco, pieno  di polveri. Deve essere depurato in vari  modi prima di poter essere utilizzato come combustibile per un motore endotermico che, poi, tramite un albero motore può far girare una turbina e produrre elettricità. Una parte del  calore prodotto dal motore endotermico può essere usato anche per scaldare un boiler e produrre teleriscaldamento.  E' sempre cogenerazione, cioè produzione di due cose.
L'inceneritore a cippato produce emissioni depurate solo meccanicamente,  con un filtro a ciclone, e convogliate direttamente in aria tramite camino.
Le emissioni del gassificatore non sono dirette.  Il camino è in corrispondenza dei motori endotermici che usano il syngas come combustibile  per muovere le turbine e produrre elettricità.

Entrambi, bruciando cippato fresco ad elevata umidità,  hanno scarso rendimento, forti emissioni nocive e  notevoli quantità di ceneri. Tali emissioni, oltre a metalli pesanti e ossido di azoto, contengono diossina perchè  qualsiasi sostanza vegetale o animale, se bruciata, produce idrocarburi ciclici aromatici che combinandosi col cloro libero nell'aria, anche solo quello della depurazione degli acquedotti, generano diossine.


2-Perchè la filiera studiata e promossa a livello regionale è quella di favorire l'uso diretto del bosco come fonte di biomassa, promuovere cooperative di taglio apposite e creare un mercato che ancora non c'è
del cippato a basso costo. La filiera proposta dalla Bresso nel 2009 era  costituita da : diradamento industriale del bosco-finanziamento pubblico delle  coop  di taglio-centrali a cippato cofinanziate-produzione di elettricità.
Se una centrale come quella di Palanzano, costata 426.000 euro, la si fa andare col pellet, ci si deve chiedere se non era meglio comprare 5 stufe automatiche a pellet, una per ogni edificio comunale,  del costo complessivo di 80-90.00 euro, detraibili al 55% in 10 anni dalle imposte.
In tal modo, con 50.000 euro di spese conto capitale si sarebbe ottenuto un riscaldamento con meno emissioni,  delocalizzato, più efficiente e senza gli ulteriori costi di costruzione del teleriscaldamento ( 500 euro al metro).
Fare una centrale per bruciare pellet,infatti, non ha senso per gli alti costi fissi iniziali, per quelli del teleriscaldamento ( a Monchio per 200 metri di teler. hanno speso 100.000 euro) e per l'elevato costo del pellet.


3- E'  la proposta di Reteambiente : piccoli biodigestori anaerobici, di potenza tarata sulla capacità  delle stalle e  sulla quantità di animali allevati, che producano elettricità col biogas.


Sarebbero di aiuto agli agricoltori per smaltire in modo corretto il letame, abbattendo il suo contenuto di azoto.
La cogenerazione e gli incentivi ricavabili da essa costituirebbero un aiuto alla difficile situazione  economica dei piccoli agricoltori e un contributo alle spese per lo smaltimento corretto dell'azoto. Ma la realtà  di tutta la  pianura padana è un'altra.
Un allevatore con una stalla di alcune centinaia di vacche può chiedere di impiantare un biodigestore da 999 Kw di potenza per smaltire letame e fare cogenerazione e, se  ha terra sufficiente, eventualmente affittata apposta, gli viene facilmente concesso, come è successo con quello di Corcagnano.
Quell'impianto produce biogas e tramite la sua combustione mille Kw all'ora di elettricità.
1.000 Kw/h x le 8000 ore in un anno,  fanno 8 milioni di kw/h, che alla tariffa di o,28 euro a kw/h fanno 2.230.000 euro di incentivi pubblici.
In più c'è la vendita dell'energia prodotta ad Enel : 8 milioni di Kw/h x 0,08 euro al Kw/h,cioè altri 640.00 euro, per un totale di circa 2,87 milioni di euro.
Per far funzionare un tale impianto occorrono circa 30.000 t. annue di materiale da biodigestare.
Una stalla di 200  vacche produce circa 4.000 t. annue di letame, le altre 26.000 t. le fanno arrivare via camion e sono composte da FARINA DI GRANOTURCO, PANELLO DI GERME DI GRANOTURCO,  MELASSO DI CANNA. In pratica mangimi vegetali per animali che contengono amidi al 39%, cellulosa al 6,5%, proteine al 12%. Sulla confezione c'è scritto da utilizzare come miscela di nutrienti per microorganismi. Provengono dal Cremonese,dove il 25% del terreno agricolo è affittato per produrre tali coltivi energetici.
Un impianto così costa tra 4 e 5 milioni, però fa incassare 2,87 milionio annui per 18 anni. Tolti i costi dei materiali, della manutenzione e di ammortamento del leasing restano circa 900.000 euro netti di guadagno annui. A tutti gli effetti non si tratta più di agricoltura, ma di processo industriale.  Dietro ogni allevatore ci può essere una finanziaria o  addirittura una banca o chi lo sa.
Di tali impianti  ne è  pieno il Cremonese. L'unico da 1 Mw attivo nel Parmense è quello già citato  tra Corcagnano e Carignano, vicino alla Star. Ne vogliono fare uno a S. Michele in Tiorre e un'altro a Nacca di Vaestano ( Palanzano).
Ce n'è un'altro a Selvanizza. Anche lì stalla di 200 vacche e impianato da 250 Kw che ha bisogno di 5-6.000 t. di tali mangimi e che fa incassare 560.000 euro all'anno.
Gli impianti per  trattare il letame  e ridurre il  tenore di azoto nei campi, di fatto, non esistono o sono quella roba qui. Il digestato che esce da tali impianti a biogas, infatti, è solo diminuito di volume ma contiene la stessa quantità di azoto iniziale. Per ridurre l'azoto fino al 70% sarebbe necessario anche un impianto SBR di denitrificazione, ma costa caro, andrebbe a rosicchiare quelle centinaia di migliaia di euro di utile netto.

Serioli Giuliano