"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

venerdì 2 dicembre 2016

I Tagli boschivi e la fame delle Centrali

Di poco tempo fa l'annuncio da parte dell'Ente Regionale di una sovvenzione di poco più di 400.000 euro per il taglio ed il diradamento nei boschi di conifere dei Consorzi dell'Appennino Est.
Più precisamente il taglio dei pini disseccati di Lagdei e Trefiumi e il diradamento delle pinete di Riana, passo del Ticchiano e Trefiumi. Chiesto lumi al tecnico forestale provinciale, riferiva trattarsi di normale diradamento per un migliore sviluppo delle piante e per una maggior accessibilità al bosco, oltre alla normale prevenzione incendi.
Certo, i pini seccati di Lagdei e dintorni vanno tagliati. Non si è mai sentito, tuttavia, di incendi da autocombustione in pineta. Questo, dalle nostre parti, no.


Il diradamento, peraltro, è "quell'operazione con la quale, in un bosco coetaneo dove i fusti cominciano a differenziarsi, si tagliano gli individui soprannumeri, cioè quelli che, in relazione all'età ed allo sviluppo del soprassuolo, ne rendano la densità eccessiva".
Quindi un diradamento selezionato, pianta per pianta, volto a favorire l'accrescimento delle stesse in modo che non si perda la superficie fogliare complessiva.
Perché l'integrità della massa della superficie fogliare e del sottobosco è condizione imprescindibile all'effetto spugna del bosco, alla sua capacità di trattenere l'acqua piovana, rilasciandola lentamente. E' la funzione di presidio idrogeologico del bosco per la nostra martoriata montagna.
Avendolo visto già in essere diverse volte, crediamo che il taglio previsto non sarà come descritto sopra.
Il taglio sarà meccanizzato ed invasivo, atto a produrre il miglior risultato economico possibile, degradando la funzione idrogeologica delle pinete, così importante data la natura argilloso-calcarea dei nostri territori e dato il succedersi di vere e proprie bombe d'acqua causate dal cambiamento climatico in atto.
Crediamo che il diradamento sia stato deciso soprattutto per l'approvvigionamento delle centrali a cippato presenti nel nostro Appennino: Monchio, Palanzano, Neviano, Calestano, Varano Melegari, Borgotaro. Le centrali a cippato hanno difficoltà ad approvvigionarsi dato il costo della legna che è doppio di quello del cippato.
Chi taglia preferisce vendere la legna e non cipparla: guadagna molto di più.
I Comuni in possesso di centrali non sanno come fare ed allora interviene la Regione a sovvenzionare il taglio per rifornirle di cippato a basso costo.
Ma il problema principale delle centrali non è il loro approvvigionamento, ma le emissioni nocive, non avendo avendo nessun filtro, a parte un multiciclone per raccogliere le ceneri volanti.
I tecnici di Aiel (una ditta costruttrice) sostengono che è l'ottimizzazione della combustione a garantire una bassa emissione nociva.
Un dato falso, dato che il cippato fresco, ad elevato tenore di umidità, brucia male.
Infatti se non ci fosse pericolo per le polveri sottili, gli ossidi di azoto, come mai le grandi centrali a cippato di Brunico e Dobbiaco hanno filtri di ogni tipo? A maniche, elettrostatiche, ecc.?
Perché oltre alle polveri ed agli ossidi, la combustione del cippato di legna produce benzopirene (sostanza cancerogena) in quantità superiori alle normative, come verificato in diversi paesi del Trentino: 3 o 4 volte maggiori del massimo consentito (1 nanogrammo per ogni metro cubo di emissioni).
La scelta delle centrali a cippato è sbagliata, sia per i boschi che per la salute umana.
Gli investimenti pubblici dovrebbero puntare invece su efficientamento e risparmio energetico.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma

salvaguardia e sostenibilità del territorio locale