Gli
eventi disastrosi che hanno così gravemente segnato la nostra
montagna ed in particolare la Val Baganza ed il Cornigliese devono
farci riflettere.
L'evento
atmosferico che ne è stato la causa è sicuramente di carattere
eccezionale: 260 mm per m2 di acqua caduta a Bosco di Corniglio in
sole due ore corrispondono a 260 litri d'acqua su ogni m2 tutto in
una volta.
L'effetto
spugna del bosco e della lettiera non poteva sicuramente essere
sufficiente a trattenere tutta quell'acqua caduta in così poco
tempo.
Ma
col probabile perdurare di simili fenomeni atmosferici e con lo stato
già disastroso degli eventi franosi degli ultimi anni, c'è da
chiedersi come porsi nei confronti della nostra montagna e quali
misure adottare per limitare i danni.
La
ceduazione completa o con rilascio di matricine ha un effetto
immediato sul soprassuolo rimasto. L'eliminazione dell'effetto
copertura delle chiome espone il suolo all'azione diretta degli
agenti atmosferici. Il dilavamento e l'aumento del deflusso delle
acque superficiali crea un'alterazione della lettiera, aumenta
l'erosione per instabilità del suolo, contribuisce alla maggior
incidenza degli eventi atmosferici estremi ed altera le
caratteristiche dei corpi idrici forestali.
Il
taglio industriale del bosco implica, inoltre, l'apertura di piste da
esbosco con rottura della copertura del suolo in grado di innescare
movimenti franosi per il venir meno dell'effetto spugna della
lettiera stessa.
La
ceduazione con rilascio di matricine comporta spesso la caduta delle
matricine stesse a causa di eventi atmosferici violenti contro cui il
loro isolamento non può niente come ad esempio il fenomeno del vetro
ghiaccio, contro cui piccole piante estremamente rade non hanno
difesa alcuna.
In
sostanza, la ceduazione con la perdita totale della chioma ha come
conseguenza un impoverimento del suolo.
Erosione
e dilavamento ne sono una conseguenza diretta.
La
ceduazione in suoli molto acclivi può portare ad un graduale
esaurimento del terreno a causa dello squilibrio tra sostanze
asportate e quelle restituite.
La
ceduazione spinta cui stiamo assistendo nel nostro Appennino ad opera
del mercato speculativo della legna da ardere, l'indirizzo dei
finanziamenti pubblici verso il taglio industriale con movimentazione
del suolo di interi versanti, l'incentivazione pubblica di centrali
a cippato di legna per produrre calore ed energia elettrica sono
tutti fattori che contribuiranno al degrado idrogeologico della
nostra montagna e ad un ulteriore crescita della sua franosità ed
abbandono economico.
Delle
intenzioni programmatiche della Regione Toscana non ci sono più
dubbi: ha espressamente rivendicato di voler promuovere la
costruzione di centrali a cippato di legna sotto il Mw per una
potenza complessiva di 70 Mw elettrici, bruciando 700.000 tonnellate
di legna, che corrispondono a circa 7.000 ettari di boschi.
Ma
anche le intenzioni programmatiche della Regione Emilia Romagna sul
progetto di centrali elettriche da legna non sono da meno.
Al
termine di un incontro su un progetto di pala eolica presentato da un
ingegnare di Parma è emerso che la regione sosterrà e finanzierà a
breve progetti di centrali a biomassa legnosa per la produzione di
energia elettrica da dislocare in tutto il territorio dell'Emilia
Romagna.
Allora
è tutto vero quello che andiamo dicendo ormai da anni.
Per
la nostra regione l'uso della risorsa boschiva per ricavarne
elettricità è un obiettivo.
Le
centrali a cippato attuali sono solo termiche, ma rappresentano un
cavallo di Troia per cominciare un processo che porterà ad un
disboscamento industriale di cui la speculazione attuale sulla legna
da ardere è solo un pallido riflesso.
Una
montagna sempre più abbandonata e sempre meno abitata sarà predata
delle sue risorse naturali, anche se le istituzioni identificheranno
questo processo come un esempio virtuoso di economia sostenibile
Giuliano
Serioli
24
novembre 2014
Rete
Ambiente
Parma
per
la
salvaguardia
del
territorio
parmense