L'Italia,
in tema di follie, primeggia
A
Forno di Zoldo il sindaco ferma l'impianto a biomasse che avrebbe
dovuto riscaldare la scuola. "Non sono contrario alle biomasse
dice il sindaco" (forse per paura di apparire un sovversivo e
dar dispiacere ai potentati) ma, in ogni caso, rendendosi conto che
nel suo comune il benzopirene è oltre i limiti massimi e che la
collocazione delle scuole a monte dell'abitato con scarsa
circolazione d'aria è sfavorevole ha bloccato il progetto.
Ma
quanti impianti a biomasse vengono fatti in Italia senza valutare la
situazione dell'inquinamento locale solo perché il giro di soldi
delle biomasse mette a tacere con i soliti giri di mazzette, favori
gli scrupoli dei funzionari, degli amministratori, dei politici?
L'allarme
arriva da Belluno, dal Corriere delle Alpi.
Ma
il problema è ovviamente generalizzato.
E
ovviamente nessuno degli amministratori del nostro Appennino se lo è
mai posto.
Sull'argomento,
Federico Valerio, noto chimico genovese che si occupa di problemi
ambientali afferma: “le campagne di misura effettuate nel 2014 nel
trentino hanno confermato quanto temevamo: superamento dei limiti di
legge per polveri sottili e benzopirene emessi prevalentemente dalla
combustione della legna sia a livello famigliare che industriale. Ora
ci sono tutti i presupposti per misurare, in modo mirato, i danni
alla salute che gli incentivi alle biomasse legnose hanno prodotto
sulle popolazioni esposte”.
La
Provincia autonoma di Trento si era opposta nel 2005 alla mega
centrale a cippato di Enego, da allora però ha autorizzato decine di
impianti a cippato di legna. Deve aver maturato la certezza che
questi impianti non costituiscano alcun pericolo. Prova ne sia la
localizzazione in Trentino Alto-Adige di un centinaio di queste
centrali (con una potenza media di poco superiore al MW) senza aver
mai operato analisi epidemiologiche.
A
Bolzano non ne parlano perché l'ente pubblico non cerca e non trova
gli inquinanti.
Anzi
si tessono le lodi della settantina di impianti a biomassa
altoatesini senza chiedersi come mai ne abbiano realizzati così
tanti, di cui almeno il 40% si rifornisce di combustibile da fuori
confine.
Quali
sono i limiti del benzopirene a livello comunitario?
La
normativa indica 1 nanogrammo per ogni Nm3 di emissioni.
Per
il benzopirene l'allarme è a Feltre, per il quarto anno consecutivo
maglia nera del Veneto.
La
colpa è soprattutto delle stufe a legna, ma anche dei processi di
combustione industriale.
Il
benzopirene è l'elemento critico e nel Feltrino i dati emersi nel
2014 superano quelli medi dell'intero Veneto: a fronte del limite
imposto per legge qui si registra una concentrazione di 1,6.
A
Mezzano “la concentrazione media registrata, pari a 4,5 ng/m3,
risulta superiore al valore obiettivo e pari a circa 4,5 volte il
valore misurato nello stesso periodo presso la stazione di
monitoraggio di Trento Parco S. Chiara”.
L’analisi
di questi dati ha fatto emergere chiaramente che “la combustione
della biomassa è responsabile della quasi totalità del PM10
misurato a Mezzano, e tale fonte è presente durante tutto l’anno”
e che “l’impatto delle altri fonti emissive, come il traffico
veicolare e l’erosione crostale, risulta quasi trascurabile
rispetto al totale evidenziato”.
A
Bolzano siamo attorno quota uno, ormai da 4 anni. A Laces, ad
esempio, i valori medi sono compresi tra 2 e 3 nanogrammi per metro
cubo. E qualche volta è stata superata quota 3.
Il
ritorno massiccio alla legna è fortemente inquinante, nocivo per i
nostri bronchi (ossidi di azoto e polveri sottili).
Di
più, è pericoloso e cancerogeno ( benzopirene).
Bruciare
legna a livello industriale in centrali a cippato è pura follia.
Ma
l'Italia, in tema di follie, è al top.
Giuliano
Serioli
4
agosto 2015
Rete
Ambiente
Parma
per
la
salvaguardia
del
territorio
parmense