Clima
impazzito o stoltezza dell'uomo?
L'immagine
riporta un tipico taglio raso effettuato nel nostro Appennino.
Come
si può facilmente notare, è stato fatto su un versante che supera
il 100% di acclività.
Un
taglio sconsigliato perché denuda un versante ripido, soggetto a
forte corrivazione in caso di piogge intense e quindi soggetto ad
asportazione del suolo e denudamento del substrato roccioso. Lì il
bosco ha smesso la sua funzione di spugna rispetto all'acqua piovana
che scorrerà ancora più velocemente a valle. Se il suolo viene in
gran parte asportato dalle piogge è impossibile che il bosco
ricresca come prima. Sarà più rado e stentato.
La
realtà dei tagli dissennati e dell'asportazione di soprasuolo
boschivo è una amara realtà dn tutti i bacini imbriferi della
nostra provincia. La Regione nega che, dal punto di vista
quantitativo, questo sia un problema, affermando che rispetto ai due
milioni di metri cubi di accrescimento annuo dei boschi il mezzo
milione di metri cubi prelevato coi tagli sia poca cosa.
Anzi,
si deve prelevare di più. Ma considera che non tutto è ceduo? Che
l'acclività e la difficoltà di arrivare a strade in molte zone
rende impossibili i tagli? Che quindi questi avvengono quasi sempre
nelle zone boschive più accessibili e più vicine alle strade
rotabili?
Che
quindi si corre il rischio di denudare in modo massiccio una fascia
boschiva ristretta?
La
Regione dice che è “necessario attribuire un valore economico ai
servizi ecosistemici prodotti dal patrimonio forestale a favore della
intera società, a cominciare dalla sua capacità di regolazione del
deflusso idrico in funzione dell’immagazzinamento della risorsa per
scopi idropotabili, della tenuta dei versanti, ma soprattutto dalla
sua funzione di assorbimento della CO2”.
Quello
cui assistiamo, invece, è la sempre maggior monetizzazione della
legna da ardere e dei suoi derivati, pellet e cippato. Il bosco vede
una sola valorizzazzione, quella del mercato della legna da ardere.
Con tutte le conseguenze che la combustione della biomassa comporta,
non solo per l'incremento della CO2 in atmosfera, ma soprattutto per
l'inquinamento da polveri altamente tossiche e cangerogene.
La
recente iniziativa della Regione di concedere 420 mila euro a fondo
perduto per diradare le pinete della nostra Provincia serve solo ad
approvvigionare di cippato le centrali a legna di montagna, che visto
che il prezzo della legna da ardere è più del doppio di quello del
cippato, sono in seria difficoltà.
Altra
spugna che se ne va per esigenze di bottega.
Il
problema, col cambiamento climatico in atto e coi 200 mm di pioggia
in poche ore dell'ultima alluvione del Baganza, è proprio la
montagna che con i suoi boschi smette di trattenere l'acqua.
La
cassa di espansione potrebbe servire a contenere gli effetti ma non
sana le cause, che sono appunto il calo della capacità di
assorbimento dei nostri boschi.
Regione,
AIPO ed altre istituzioni pensano che per mettere in sicurezza il
territorio la soluzione sia ingegneristica, appunto costruire una
cassa d'espansione.
Un
buco di 600 metri x 1000 e profondo 15 che trattenga la piena quando
arriverà.
Ammesso
che sia la soluzione e non lo crediamo, il problema è a monte, lungo
l'alveo del torrente, nella cementificazione, nei boschi tagliati,
nei versanti denudati.
Il
problema è che senza una difesa attiva del territorio la cassa da
sola non sarà sufficiente.
E
veniamo al dunque della cassa d'espansione.
Basterebbe
un progetto di difesa attiva per preservare dalle piene il
territorio.
Ad
esempio rialzare gli argini a valle di Sala Baganza con sfioratoi in
grado di riversare l'acqua in eccesso nella campagna attorno.
Questo
previo accordo coi contadini della zona, remunerandoli dei danni alle
colture.
Niente
scavo e cemento, che abbasserebbe ulteriormente la falda acquifera
che provoca mancanza
d'acqua
nell'alta pianura.
Ma
coinvolgimento dei contadini e delle piccole aziende edili della zona
agli argini e ad eventuali laghetti in cui contenere l'acqua in
eccesso delle piene primaverili.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e sostenibilità del
territorio
locale