Per
spiegare il disordine idrogeologico dovuto al disboscamento
dissennato e quindi alla riduzione dell'efficienza del bosco, occorre
aver presente l'azione che esercita sul ciclo dell'acqua piovana e
quindi considerare il sistema integrato vegetazione-suolo.
Il
bosco ha la capacità di ridurre le portate di piena nei corsi
d’acqua.
Le
piante intervengono per limitare l’azione della pioggia battente
sia intercettando le precipitazioni coi loro apparati fogliari, sia
riducendo la velocità delle gocce di acqua che penetrano attraverso
esse.
Con
l'intercettazione l’acqua piovana viene trattenuta dalle foglie e
scorre lungo rami delle piante, per poi tornare per evaporazione
nell’atmosfera.
L’entità
dell’intercettazione dipende dalla quantità della pioggia, dalla
densità della massa fogliare, dalla specie arborea, dall'età delle
piante e dagli interventi colturali effettuati.
All’inizio
di una pioggia,con le chiome asciutte, una notevole parte dell’acqua
caduta può restare intercettata; col crescere della quantità di
pioggia, vale a dire della sua durata o intensità l’intercettazione
va attenuandosi, fino a diventare minima o nulla.
Nel
caso di eventi pluviometrici eccezionali, essa diventa trascurabile.
Ma
l’azione frenante dell'apparato fogliare ha il potere di ridurre la
velocità e quindi la forza di penetrazione delle gocce di pioggia,
impedendo che la maggior parte di esse percuota direttamente e
violentemente la superficie del suolo.
In
tal modo le foglie, i rami e i fusti rallentano e distribuiscono
l’afflusso dell’acqua al suolo riducendo lo scorrimento
superficiale, moderando le punte delle piene e contenendo l’erosione
del suolo.
L’acqua
trattenuta dall'apparato fogliare delle piante e quella che cade
direttamente a terra viene poi ulteriormente rallentata nel suo moto
dalla base dei fusti, dai cespi, da rami caduti, dalla lettiera
grossolana. Per cui riesce raramente a formare rivoli di una certa
consistenza.
La
ritardata e impedita confluenza di questi rivoli in rigagnoli giova a
prolungare i tempi di corrivazione.
Ma
l’effetto regimante dell’ecosistema bosco si sviluppa soprattutto
a livello del suolo, dove il deflusso superficiale e l’infiltrazione
delle gocce che scivolano lungo i fusti approfittano dei piccoli
vuoti ai piedi degli stessi per penetrare nel suolo favorendola
ancora di più e dove avviene la ritenzione dell’acqua all’interno
del suolo.
Il
bosco ceduo, anche invecchiato di 30 o 40 anni, è talmente fitto ed
intricato da non riuscire a
sviluppare un apparato arboreo in grado di garantire una superficie
fogliare consistente.
Ha
difficoltà, inoltre, a trattenere il suolo in aree
argilloso-calcaree o flyschoidi, come dimostrano le
troppe frane del nostro territorio Appenninico.
Si
presta al taglio raso matricinato, oggi sempre più diffuso e
pericoloso a livello idrogeologico, in quanto accresce a dismisura il
tempo di corrivazione dell'acqua piovana, favorendo le piene improvvise
dei torrenti di montagna.
L'unica
forma di taglio, valido anche dal punto di vista economico, è il
diradamento del ceduo per l’avviamento all’alto fusto.
Lasciando
circa duemila piante ogni ettaro, come suggerisce lo studio di
Ricci-don Moroni, riesce a produrre
circa 30 quintali di legna per ettaro, porta ad uno sviluppo omogeneo
della superficie fogliare
e fa si che un apparato radicale rafforzato trattenga meglio il
suolo.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e sostenibilità del
territorio
locale