La
risposta è in burocratese. Per capirci che roba sia ve ne diamo
esemplificazione: "...dalle foto prodotte si ritiene che i tagli
indicati - -ultimo taglio Lavacchio ovest - possano riguardare a)
domanda prot 1253 del 24/02/2016 oggetto di sopraluogo in data
15/3/2016 autorizzata in data 22/3/2016 prot 1843 in cui è stato
ammesso il taglio per i mappali 115 109 foglio 116 Neviano con
rilascio di matricine con diametro minimo pari a 20 cm. ad 1,30 metri
di altezza ad una distanza di 8 metri l'una dall'altra...".
La
lettera di risposta è tutta così per ben 4 pagine. In astratto, con
una precisione burocratica proterva, scavalcando la realtà
distruttiva del taglio.
Saranno
reali i 20 cm delle matricine e gli 8 metri di distanza dichiarati?
Ci
crediamo poco.
In
ogni caso matricine isolate sono sottoposte alla sferza delle
intemperie.
Il
fatto è che non si prende nemmeno in considerazione la sostanza del
nostro esposto, non si risponde nel merito.
Parlavamo
di forte pendenza dei versanti, con un'acclivita sempre intorno al
100%, se non maggiore in alcuni punti.
Dicevamo
che un taglio raso matricinato in simili versanti di monti,
costituiti da sedimenti tipo flysc, cioè alternanze di arenarie
basali, marne ed argilliti, alla prima forte pioggia rischia di
produrre l'asportazione del soprasuolo, del suolo e degli apparati
radicali dei polloni così indeboliti.
Si
noti che il suolo, in montagne a struttura geologica tipo flysc ed in
versanti ripidi, tende ad essere molto sottile e asportabile
facilmente dando luogo a colamenti e frane.
Dicevamo
nella lettera che l'aver trasformato sentieri in carraie per il
passaggio di mezzi pesanti avrebbe degradato ulteriormente tali
versanti.
La
normativa Regionale, infatti, prevede il ripristino da carraie a
sentieri una volta concluso il taglio. Cosa che nessuno si preoccupa
di fare.
Nel
2016 un imprenditore era stato multato dalla forestale proprio per
tale motivo in seguito a tagli sul monte Fageto.
Ribadivamo
che ci sono versanti sul monte Faino neanche attraversati da sentieri
su cui chi ha tagliato ha letteralmente impostato nuove carraie con
grave degrado e pericolo di frane.
Nei
borghi la gente è a conoscenza del fatto che alcuni imprenditori
danno da tagliare con mezzi meccanici pesanti a gente dell'est pagati
in chissà qual modo.
Tutti
quei tagli non portano ricchezza alla montagna, i soldi se ne vanno
altrove assieme alla legna.
Quello
che resta dopo un taglio raso lo si vede dopo un paio d'anni.
Matricine
stente, apatto che si siano salvate dalle intemperie, e cespuglieti.
Questi,
da lontano, colorano di verde i versanti come niente fosse successo,
mentre in realtà le loro radici non danno alcun sostegno alla
montagna, non tratterranno il soprasuolo.
Con
piogge torrenziali verrà giù tutto.
E
intanto il manto boschivo di prima non c'è più. Non se avvantaggia
di certo il paesaggio, ma neanche la cattura di CO2 da parte del
verde.
Che
se qualcuno pensa che i cespuglieti, cresciuti dopo un paio d'anni,
catturino la stessa quantità, sbaglia. E' il manto boschivio integro
a farlo.
Diversi
tecnici forestali ormai affermano che il taglio raso di un ceduo
invecchiato 40 o 50 anni è sbagliato, che sarebbe molto meglio per
la struttura geologica della nostra montagna avviare un diradamento
selezionato.
In
tal modo la copertura boschiva rimarrebbe integra dal punto di vista
sia paesaggistico che di cattura della CO2.
I
versanti non subirebbero il degrado cui sono sottoposti ora, con
grave pericolo per le valli in caso di piogge distruttive.
Il
taglio a diradamento selezionato sarebbe più controllato dalle
autorità preposte, schivato dagli imprenditori del taglio raso
speculativo e favorirebbe la crescita di cooperative locali di
taglio, garantendo un'attività economica congra e stabile per gli
abitanti della montagna.
Giuliano
Serioli
Dimitri
Bonani
Raffaella
Sassi (Neviano Arduini)
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e sostenibilità del
territorio