"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

giovedì 29 agosto 2013

In giro per la montagna





Si sale in auto per le nostre valli e ci si accorge che le strade sono rovinate. Uno pensa che la causa sia il dissesto idrogeologico, le frane che hanno colpito la nostra montagna con le piogge della primavera ed è anche vero, ma non solo. Più si prosegue e più è chiaro che le strade sono letteralmente sfondate. Il piano stradale in molti punti fa delle conche, degli avvallamenti che solo un traffico costante di mezzi pesanti ha potuto provocare, non certo delle automobili.
Poi, si sale ancora e si vedono ai lati delle strade degli slarghi, delle piazzole che prima non c'erano. Piazzole colme di legna tagliata, pile di tronchetti da un metro.
Si sale ancora e le file di tronchetti tagliati, in certi punti, contornano quasi ininterrottamente la strada. Si alzano gli occhi al bosco e si cominciano a vedere anche dalla strada grandi buchi nei boschi, dove la pendenza dei versanti sconsiglierebbe di lasciarli praticamente denudati e in balìa del dilavamento delle acque
di scorrimento quando arriveranno le piogge.
Questo è il paesaggio attuale della nostra montagna: boschi coi buchi come fossero gruviera e strade sfondate dai camion che portano via la legna dei tagli.

Qualche amministratore dice "è indubbio che l'abbandono dei boschi sia palese ed evidente per i più svariati motivi e che questo non sia poi così tanto positivo lo denunciano i roghi estivi, che spesso derivano proprio da autocombustione degli arbusti abbandonati nel sottobosco. Una politica delle comunità montane che possa permettere la nascita di qualche centrale a biomassa che permetta la produzione di elettricità e
di teleriscaldamento non farebbe male e permetterebbe di monitorare e tenere puliti i boschi, garantendo la giusta turnazione delle piante, la pulizia del sottobosco ed in ultimo ma non meno importante garantire
lavoro a territori che continuano a spopolarsi a causa di mancanza di lavoro principalmente. Poter garantire elettricità a piccole comunità montane e teleriscaldamento sarebbe un'idea ecologica e ragionevole."

Si potrebbe rispondere che i roghi estivi per autocombustione accertati in italia si possono contare sulle dita di una mano, il restante è dato da incendi dolosi dettati da interessi vari e in più dall'incuria di chi
opera pulizie del sottobosco con il fuoco che gli sfugge.
Ma sollevare il problema degli incendi boschivi nel nostro Appennino è solo un pretesto, come del resto parlare di pulizia del bosco.


Discorsi che servono solo a far passare la speculazione dei tagli boschivi senza alcuna limitazione di fatto e a far accettare l'impianto di centrali a cippato di legna nei borghi.

Quasi mai le condizioni di rinnovabilità vengono valutate e rispettate.
Si ha l'impressione che ci stiamo mangiando i boschi e se il prelievo sarà folle come per altri combustibili a chi ci segue lasceremo una copia dell' isola di Pasqua.

Sarebbe utile leggere i regolamenti forestali dove si può vedere i tempi per le turnazioni del taglio della legna nelle zone montuose. Sono tempi lunghi e lunghissimi rapportati alle aspettative del taglio economico.
Questo permette a chiunque di rendersi conto quanto sia importante la sostenibilita di un prelievo regolamentato e non dettato dalla speculazione.
Ma la speculazione sulla legna da ardere oggi la fa da padrona. Senza un piano di tagli programmati che rispetti la rinnovabilità dei boschi, la proprietà privata e una legge che non pone alcun vincolo, se non quello
dei 6 ettari massimi contigui tagliabili, porteranno al disastro nel nostro Appennino.
Una montagna non solo sempre meno abitata e senza un'economia, ma spelacchiata al punto che non si potrà nemmeno più ipotizzare una ripresa del turismo.

Vi è l’opinione diffusa che le caldaie a cippato possano essere alimentate anche solo con cippato proveniente da scarti di potatura urbana, di potatura ripariale o con le ramaglie abbandonate nei boschi dai tagli economici .
Occorre precisare che ciò non è vero: le ramaglie in generale e quindi anche gli scarti di potatura urbana composti per lo più da rami e rametti di piccole dimensioni formano un cippato troppo ricco di corteccia che poi produrrebbe nelle caldaie problemi di combustione e più ancora la produzione di un quantitativo di ceneri
troppo elevato, fino al 5%. Per questi motivi le ramaglie possono comparire nel cippato solo in percentuali non superiori al 30% rispetto alla frazione di cippato composto invece da tronchi e parti legnose di
maggiori dimensioni.
Ad un tenore di cenere così elevato corrisponde una quantità di emissioni in aria delle stesse proporzioni : ossidi di azoto, particolato, ossidi di metalli pesanti e diossina e un malfunzionamento della combustione stessa, perchè il cippato di corteccia è più umido e provoca un minor rendimento della centrale.
Il sistema più utilizzato per la depurazione fumi di una centrale a cippato è il ciclone o multiclone che funziona in questo modo: il gas di scarico viene fatto passare in un condotto conico in cui, per effetto della forza centrifuga sviluppata da aria forzata, si ha il deposito delle particelle sulle pareti del ciclone e per la forza di gravità queste precipitano sul fondo dove in seguito vengono raccolte.
Queste ceneri, a differenza di quelle sotto brace grossolane, sono ceneri polverose e contengono in maggior quantità metalli pesanti nocivi ( piombo, zinco e cadmio).
In uscita, il gas che va al camino risulta ancora inquinato da particelle di piccole dimensioni che il sistema non riesce a separare.

Le emissioni con elevate quantità di polveri sottili sono il principale problema dei biocombustibili solidi, delle biomasse legnose in particolare.
Un recente studio, condotto con i criteri di analisi dei cicli di vita (LCA) ha stimato che, in un impianto di teleriscaldamento, il passaggio dal gas naturale al gas prodotto dalla combustione e gassificazione del
cippato di legna aumenterebbe di 6,2 volte l’impatto di inquinanti con significativi effetti sulla salute.

E' vero che il taglio della legna crea soldi, ma la maggior parte non restano in montagna.
Ogni ettaro sottoposto a taglio raso o con novellame ha prodotto quest'anno circa 13.000 euro.
Mille euro al proprietaio del bosco, che può essere un anziano del posto ma nei due terzi dei casi è uno che sta in città ed ha la seconda casa con terreno. Cinquemilamila euro vanno chi taglia, che può essere un boscaiolo o uno del posto ma anche uno coi soldi che fa tagliare in nero da gente dell'est.
per chi taglia ci sono da considerare,però, le spese per materiali, trattore e altri mezzi meccanici.
Il rimanente va a grossisti della pedemontana che rivendono la legna al minuto.
Più o meno, il 75% del denaro proveniente dai tagli non resta in montagna, va in pianura, in città o altrove. Va anche alle ditte che producono mezzi meccanici e di taglio.

Senza un progetto di tagli programmato, la nostra montagna sarà spelacchiata dalla speculazione, preda del dissesto idrogeologico e sempre più povera e abbandonata.

Serioli Giuliano

lunedì 24 giugno 2013

Risorse naturali e sviluppo sostenibile


Negli ultimi vent'anni l'espressione sviluppo sostenibile è stata fatta propria sempre più spesso dai politici.
Perché dà loro carta bianca nel rapporto tra economia ed ambiente.
Consente, infatti, di fissare degli obiettivi ma perseguendo qualsiasi strategia.
La debolezza di tale concetto sta proprio nel fatto che non dice cosa bisogna fare e cosa non fare.
Invece di ripromettersi uno sviluppo sostenibile sarebbe meglio affrontare una per volta le cose insostenibili.
Per risolverle.
Meglio che stilare progetti di PAES che rischiano di rimanere astratti, non applicati.
Con le energie rinnovabili e la green economy l'espressione sviluppo sostenibile è diventata di uso comune.
Proprio per questo a noi interessa soprattutto ciò che è insostenibile per l'ambiente per combatterlo.
Insostenibile è principalmente consumare le risorse naturali.
Consumare vuol dire anche usare male, ma significa soprattutto ridurre.
Tale cattivo uso è particolarmente evidente quando si vuole ricavare energia dalle biomasse.
Se si pensa di produrre energia dalla combustione degli scarti di risorse naturali si commette un doppio errore.
Da una parte si immettono nell'aria inquinanti pericolosi per la salute e per l'ambiente che si sommano a quelli già esistenti.
Dall'altra è fatale che si tenda a generalizzare tale metodo di produzione arrivando a consumare direttamente
le risorse naturali quando gli scarti non bastino più. Come è il caso delle centrali a cippato di legna vergine che dipenderanno sempre più dal consumo di superficie fogliare dei boschi.
O come quello degli scarti animali sottratti sempre più all'industria del pet-food per la produzione di grasso colato da bruciare in impianti tipo Citterio.
Similare è l'esito della produzione di biocombustibili da coltivazioni dedicate, perché così si sottraggono ettari alla produzione di alimenti e, con la concimazione chimica e i diserbanti, si consuma la risorsa naturale suolo, reso infertile dalla mancanza di elementi organici.
Oggi, tale utilizzo è in mano alla speculazione ed alle mafie. Essi non si preoccupano dei danni che possono arrecare all'ambiente ed alla salute dei cittadini
La ricerca di innovazione, infatti, si è concentrata soprattutto sulle tecnologie della combustione: inceneritori di rifiuti, centrali a cippato di legna, centrali ad oli vegetali, ad oli animali, pirogassificatori.

Le amministrazioni locali, dal più piccolo comune fino a Province e Regioni, quando non del tutto escluse dal processo e ridotte a mere esecutrici del dettato governativo, ricalcano tale dinamica convogliando finanziamenti anche europei solo su tagli boschivi industriali ed impianti combustori, invece di puntare ogni euro disponibile sul risparmio energetico, vero volano del coinvolgimento diretto dei cittadini e della ripresa occupazionale nell'edilizia.

Gli incentivi pubblici vanno a premiare principalmente la cosiddetta cogenerazione fatta da tali inceneritori grandi e piccoli che producono energia elettrica fuori mercato e che il più delle volte disperdono in aria l'energia termica, cioè tanta CO2.
Altresì, premiano centinaia di centrali a biogas alimentate non con effettivi scarti agricoli o con reflui di allevamenti animali, ma principalmente con insilati di mangimi vegetali da coltivazioni dedicate il cui effetto è sia di inquinare ulteriormente la Pianura Padana, sia di inquinare il mercato dell'affittanza agraria.

Se gli incentivi premiano principalmente la speculazione, le normative le spalancano la porta accontentandosi di limiti di emissioni solo formali, cartacei e per di più autocertificati, mai realmente controllati dagli organi preposti.
Ma, soprattutto, nessuna normativa vigente prevede la coagulabilità delle emissioni in essere con lo stato dell'inquinamento già esistente, quasi che nessun ente autorizzante sappia che l'aria della Pianura Padana è un coacervo di inquinanti, impregnata di polveri sottili e di ossidi di azoto.

Oggi la UE arriva a bocciare i cogeneratori a biomassa nel nostro paese dove la direttiva aria risulti violata, cioè in aree che già superano i valori limite, tipo il cogeneratore Citterio nel Comune di Felino.

Nostro compito è denunciare e combattere tale insostenibilità.



Giuliano Serioli

Amianto, la battaglia finale

Dopo l'onda emotiva della sentenza di Torino non ci si può fermare.
Le associazioni esposti e parenti vittime dell’amianto, le associazioni ambientali, i comitati che da anni si battono perché l’enorme problema amianto possa trovare soluzione con una legge del Parlamento Italiano, devono proseguire la loro azione.

E' inaccettabile che tutto rallenti e sopisca all'interno di una più generale emergenza sanitaria e ambientale.
Chiediamo pertanto alle forze politiche presenti in Parlamento di inserire questo tema tra le priorità sanitarie e ambientali e l'occasione per farlo c'è.
Il DDL “Norme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell'ambiente dall'amianto, nonché delega al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di amianto” è stato depositato in Senato il 15/03/2013 primo firmatario Felice Casson.
La proposta si prefigge di riunire in un testo legislativo unico la complessa questione amianto, con la finalità di correggere le storture e le lacune delle norme vigenti.
Il disegno di legge intende poi preordinare al meglio le modalità per una più efficace prevenzione sanitaria, tutela economica per gli esposti, censimento e piano di bonifica delle aree contaminate dall'amianto, e il divieto (art.13) all’estrazione e l’utilizzo delle pietre verdi,come definite ai sensi del decreto del Ministro della sanità 14 maggio 1996.
L’articolo 13 è il fulcro della battaglia civile di “Cave all'Amianto? No grazie!”,successivamente condivisa da Rete Ambiente Parma e Coordinamento Nazionale Amianto, sostenuta da Isde Italia ed altre molteplici sigle dell'ambientalismo e del volontariato sanitario.
E' fondamentale cancellare l’allegato 4 del DM 14 maggio 1996.
Superato l'allegato 4, l'estrazione di amianto ricadrebbe automaticamente nel settore estrattivo sotto il principio più generale, per il quale è vietato commercializzare materiali con contenuto di sostanze dichiarate cancerogene superiore allo 0,1%.
Questa infatti è la norma che causa prima di ogni altra il perdurare della dispersione di nuove fibre di amianto in ambiente.

L'antefatto.

Il parlamento italiano varò nel 1992 la legge n.257 dal titolo “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Il decreto attuativo fu emesso nel 1996, quando il governo emanò il DM 14 maggio 1996 dal titolo “Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto... (omissis)”.
Il titolo non inganni. Il decreto all'allegato 4, “Criteri relativi alla classificazione ed all'utilizzo delle pietre verdi in funzione del loro contenuto di amianto”, di fatto ha consentito di continuare a cavare amianto; si è autorizzato anche l’apertura di nuove cave, a patto che il materiale estratto non liberasse amianto in ambiente al di sopra di determinate concentrazioni.
La procedura di controllo è talmente macchinosa da essere dichiarata inapplicabile da ARPA Emilia Romagna. ARPA Valle d’Aosta afferma che il tout-venant (prodotto) della miniera di Balangero (la più grande cava di amianto d’Europa con una concentrazione di amianto dal 6 all’8%) dopo la frantumazione primaria e secondaria rilascia in ambiente una grande quantità di fibre di amianto, ma sottoponendo il tout-venant della miniera di Balangero alle metodiche previste dall'allegato 4 il minerale risulterebbe “non pericoloso”.
Si tratta anche in questo settore di far valere il principio secondo il quale i materiali più pericolosi devono essere sostituiti con altri a minor impatto negativo.



Altro punto importante è fissare termini perentori affinché le regioni completino il censimento dei siti contaminati da amianto industriale e naturale.
Il censimento delle cave contaminanti su ofiolite affidato dalla legge alle Regioni è a tutt’oggi incompleto.
Questa è la premessa necessaria affinché tali siti possano essere dichiarati contaminati da amianto naturale. In tal senso si è mossa la Regione Emilia Romagna, anche se la stessa consente ancora di cavare in quei siti che ARPA ha già dichiarato contaminati.
Nel piani di bonifica dall'amianto sarà importante inserire anche i siti oggetto di escavazione,abbandonati e mai naturalizzatati, come peraltro già previsto dalle leggi vigenti - ma disattese-, secondo un nuovo calendario perentorio compatibile con le risorse disponibili.


Fabio Paterniti
Cave all'amianto? No grazie!
http://www.caveallamiantonograzie.info/


Approfondimenti

Comitato Cave all’amianto No Grazie: dossier cave

Sentenza del Consiglio di Stato
Commento alla sentenza

Risoluzione ISDE Italia

Le Pietre Verdi secondo Edoardo Bai Istituto dei Tumori Milano

ARPA Valle d’Aosta Commento Indice di rilascio DM 14 maggio 1996

Un esempio di contaminazione industriale: Ex Cemamit di Ferentino

Un esempio di contaminazione civile

Dossier Dott. Vito Totire medico del lavoro Ausl Bologna

Rete Ambiente Parma – Cave ofiolitiche rischio negato

lunedì 17 giugno 2013

Lesignano e la pollina

Un impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, come quello che vogliono impiantare a S. Maria in Piano (Lesignano), prevede di bruciare e gassificare circa 400 kg/h, cioè 9,5 t. al giorno, quindi 3.000 t. annue per produrre 150 Kw/he.
Infatti ha un rendimento bassissimo, circa del 13%. Circa 12 mln Nm3 annui sono i gas emessi. Produrrà circa 1.200 Mwe e accederà a circa 330.000 euro di incentivi pubblici.
Ma 10.000 tacchini producono 400 t. annue di pollina. Da dove il resto?

La pollina è un ottimo concime naturale, ma uno degli effetti collaterali della pur sacrosanta "direttiva nitrati", cioè della necessità di diminuire la quantità di azoto per ettaro, è che si sta favorendo la termogassificazione della pollina per produrre energia elettrica anche se con un rendimento ridicolo ( 13%) e con emissioni nocive per l'ambiente.

In gran parte, la concimazione dei terreni è ormai fatta con fertilizzanti chimici, sovraccarichi di azoto e privi di sostanza organica.
I fertilizzanti agricoli sono ormai un optional : vicino ad allevamenti industriali sono sparsi in eccesso, da altre parti in misura anche nulla.
Fare a meno o diminuire la concimazione chimica vuol dire mettere un freno alla lisciviazione dell'azoto di sintesi o minerale, il primo a finire nella falda acquifera,inquinandola, rispetto all'azoto organico.
Se si riduce ulteriormente la concimazione da reflui animali e l'azoto di origine organica i terreni diventano infertili, polverosi, perchè privi di struttura humica.
Il carico di azoto degli avicoli è inferiore a quello degli altri animali da allevamento.

Perchè, allora, bruciare pollina ed avere emissioni nocive e ceneri dell'ordine del 7% del combusto, come nell' impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, che vogliono impiantare a S. Maria in Piano (Lesignano)?

Semplice. Perchè è la soluzione più facile,anche se la più impattante sull'ambiente, per accedere agli incentivi.

La digestione anaerobica della pollina è di particolare importanza dato l'elevato potenziale energetico della matrice.
Problematica, però, per la biodigestione è l'elevato contenuto di azoto minerale ( acido urico) che in quelle proporzioni inibirebbe lo sviluppo batterico da cui prende avvio il processo.
Tale contenuto di azoto deve essere ridotto attraverso un pretrattamento volto alla formazione di un sale, il solfato d'ammonio, recuperabile come concime al posto di quelli sintetici, come si diceva più sopra.
Il pretrattamento della pollina consiste nello strippaggio dell'ammoniaca con acido solforico e con recupero del solfato d'ammonio con uno scrubber.
In tal modo può essere digestata anche pollina fino al 100%.

Con gli insilati la resa di metano è di 100 m3/t, con le deiezioni animali è il doppio.

La tecnica dello strippaggio con aria a pressione prevede il passaggio dell’ammoniaca, presente nel liquame
in soluzione acquosa, in forma gassosa nell'aria. Il flusso gassoso così prodotto viene intercettato da uno scrubber (torre di lavaggio) che cattura l’ammoniaca presente, per contatto con una soluzione acida, in 
modo da produrre un sale di ammonio stabile.
Si tratta di un processo che necessita di quantità notevoli di energia termica; la sua applicazione, quindi, non può fare a meno della disponibilità di una fonte energetica a basso costo, come quella che potrebbe essere fornita da un impianto di digestione anaerobica, il cui biogas venga utilizzato per produrre anche energia termica necessaria allo strippaggio.

Dove finisce l'Ammoniaca strippata?

Nella maggior parte dei casi l'Ammoniaca che viene prodotta dall'impianto di strippaggio viene assorbita tramite un processo che utilizza come liquido di lavaggio una soluzione di Acido Solforico: per ogni kg di Ammoniaca occorrono 3 kg di acido solforico.
In questo modo si ottiene un sale, il Solfato d'Ammonio, che può essere gestito come un inerte.

Il Solfato di Ammonio è un ottimo fertilizzante.


Serioli Giuliano

domenica 16 giugno 2013

Per un'analisi della green economy

La green economy nel nostro paese ha avuto solo uno sviluppo speculativo.
Ha lasciato analisi e dotti discorsi ad università e ad ambientalisti accademici e si è accaparrata le energie rinnovabili.

Oggi, il loro utilizzo è in mano ad investitori grandi e piccoli ed alle mafie, i quali non si preoccupano assolutamente dei danni che possono arrecare all'ambiente ed alla salute dei cittadini.
Puntualmente, infatti, la ricerca di soluzioni innovative si è concentrata sulle tecnologie della combustione: inceneritori di rifiuti, centrali a cippato di legna, centrali ad oli vegetali, ad oli animali, pirogassificatori, quando non addirittura su biocombustibili da coltivazioni dedicate il cui effetto è di sottrarre suolo all'alimentazione umana ed animale.

La crisi economica ha fatto da moltiplicatore a tale tendenza trasformandola in dinamica strutturale.

Le amministrazioni locali, dal più piccolo comune fino a Province e Regioni, quando non del tutto escluse dal processo e ridotte a mere esecutrici del dettato governativo, ricalcano tale dinamica convogliando finanziamenti anche europei solo su tagli boschivi industriali ed impianti combustori, invece di puntare ogni euro disponibile sul risparmio energetico, vero volano del coinvolgimento diretto dei cittadini e della ripresa occupazionale nell'edilizia.

Gli incentivi pubblici, erogati dalla Cassa depositi e prestiti attraverso il GSE, vanno a premiare principalmente la cosiddetta cogenerazione fatta da tali inceneritori grandi e piccoli che producono
energia elettrica fuori mercato e che il più delle volte disperdono in aria l'energia termica, cioè tanta CO2.
Altresì, premiano centinaia di centrali a biogas alimentate non con effettivi scarti agricoli o con reflui di allevamenti animali, ma principalmente con insilati di mangimi vegetali da coltivazioni dedicate il cui effetto è sia di inquinare ulteriormente la Pianura Padana, sia di inquinare il mercato dell'affittanza agraria.
Ma non si lesinano soldi nemmeno a quei 35 parchi fotovoltaici, rigorosamente a terra, voluti dalla Provincia di Parma col suo project-financing "Fotovoltaico insieme". Soldi che, curiosamente, non finiscono nelle casse dei comuni, ma in pancia a finanziarie e a ditte costruttrici.
Un fotovoltaico che, mentre in Germania è sui tetti dei cittadini remunerandoli, nella nostra provincia occupa centinaia di ettari di suolo agricolo remunerando banche e finanziarie.

Se gli incentivi sostanzialmente premiano la speculazione, le normative le spalancano la porta accontentandosi di limiti di emissioni solo formali, cartacei e per di più autocertificati, mai realmente controllati dagli organi preposti.
Ma, soprattutto, nessuna normativa vigente prevede la coagulabilità delle emissioni in essere con lo stato dell'inquinamento già esistente, quasi che nessun ente autorizzante sapesse che l'aria della Pianura Padana è
un coacervo di inquinanti, impregnata di polveri sottili e di ossidi di azoto
.

Oggi la UE arriva a bocciare i cogeneratori a biomassa nel nostro paese dove la direttiva aria risulti violata, cioè in aree che già superano i valori limite, tipo il cogeneratore Citterio nel Comune di Felino. Le
province dell'Emilia Romagna si pronunciano per una soluzione diversa dall'incenerimento dei rifiuti, tutte tranne la Provincia di Parma, tranne Bernazzoli che deve difendere il suo accordo con Iren e
l'inceneritore di Uguzzolo.
La stessa giunta comunale di Langhirano si pronuncia contro la combustione di biomasse sul suo territorio.
Mentre nel Paes approvato dal comune di Felino è dato risalto al cogeneratore a grasso animale di Citterio, nel Paes di Sala Baganza,furbescamente, non se ne fa parola, si menzionano solo impianti a biogas e la produzione di biometano.

Evidentemente, non è vero quello che affermano amministratori sia di destra che di sinistra , che le normative vanno solo applicate.
Possono, al contrario, essere valutate e, se il caso, messe in discussione.
Gli amministratori sono eletti dai cittadini, sono i loro rappresentanti nelle istituzioni. Quando dubitano dell'efficacia di una normativa debbono sottoporla al vaglio della cittadinanza, debbono opporvisi quali
interpreti del principio di precauzione.


Nella realtà, tale ruolo di opposizione, di contrasto alla speculazione lo stanno assumendo i comitati spontanei di cittadini.
Sono ormai centinaia ed è ridicolo considerarli come conseguenza dell'effetto Nimby, del fatto che i cittadini non vogliano tali impianti solo perché vicini a casa loro.
Il loro impegno e la loro dedizione li qualifica come un nuovo movimento di lotta civile per la difesa della salute e del territorio.

Perchè il vero tema in discussione, oltre alla salute dei cittadini, è quello delle risorse naturali.

La green economy, la speculazione sulle energie rinnovabili tenderà ad appropriarsi di tutte le risorse naturali consumandole : acqua, aria, suolo e patrimonio boschivo.
Nessun limite sarà rispettato.
Dalla privatizzazione dell'acqua all'inquinamento delle falde acquifere per lo spargimento selvaggio delle deiezioni animali o dei digestati.
Dall'ulteriore inquinamento dell'aria con inceneritori tipo Citterio in zone che già superano i valori limite alla risalita dell'inquinamento su per le valli montane con l'introduzione di centrali a cippato di legna.
Dalla continua distruzione di suolo agricolo con la cementificazione in atto nei paesi della pedemontana, quegli stessi che si definiscono "comuni virtuosi", all'occupazione di centinaia di ettari di suolo agricolo da parte dei parchi fotovoltaici a terra in ogni comune della provincia.
Dal taglio boschivo selvaggio ed indiscriminato dovuto alla speculazione sulla legna da ardere al taglio industriale per la cosiddetta "pulizia dei boschi", finalizzato in realtà a costruire un mercato del cippato di legna per le centrali medesime.

E' possibile uno sviluppo alternativo delle energie rinnovabili?

Certo, a patto che non consumino risorse naturali ma le valorizzino.

Impianti a biogas di piccola taglia che utilizzino effettivi scarti agricoli, deiezioni degli allevamenti e scarti dell'agroalimentare per produrre biometano.
Impianti fotovoltaici comunali sui tetti delle case coinvolgendo i cittadini.
Impianti solari termici collegati alla ristrutturazione delle case.
Sviluppo edilizio di sola ristrutturazione dell'esistente volto principalmente al risparmio energetico.
Ristrutturazione dei borghi di montagna all'insegna del risparmio energetico per lo sviluppo di una
ricezione turistica diffusa ed accogliente.




Giuliano Serioli

lunedì 27 maggio 2013

Speciale boschi



Pubblicato il sito "speciale boschi" con contenuti curati da Roberto Cavanna.

San Vitale



Egregio Direttore,
Questa bellissima immagine della nostra frazione fino al 1980 il paesaggio è rimasto presso ché invariato.
Dall'800 alla fine del 900 il paesaggio inizia a mutare con un paio di stabilimenti di prosciutti e qualche casa.
Dal 2000 costruiscono nella piccola piazza un condominio molto alto rispetto al profilo delle abitazioni esistenti. in compenso nella parte alta del paese grazie al recupero dei privati una parte del paese è stata ristrutturata senza grosse variazioni rispetto all'esistente. Resta lo stabile più antico che versa in condizioni pietose e pericolanti. la parte naturalistica nonostante l'incuria fino ad un mese fa è rimasta immutata,  dalla fotografia, alle spalle del paese possiamo vedere "Il Montirolo" coltivato a vigneto fino agli anni  60, sulla sommità e lungo la strada si possono intravedere dei cipressi secolari e due stabili di piccole dimensioni a servizio del vigneto.  La scorsa settimana passando da San Vitale per andare a Neviano Rossi  resto basito nel vedere uno sbancamento enorme sulla sommità del "Montirolo", non ci sono cartelli che indichino cosa stanno facendo. Con tutti i posti che ci sono ma devono proprio costruire li! Tanti, troppi. si riempiono la bocca con citazioni del tipo "salviamo il paesaggio" e nessuno si accorge che si sta cambiando un paesaggio storico. Per fare una pista nel fiume ho dovuto chiedere autorizzazione al Ministrero dei Beni Culturali, qua sbancano una collina cambiano un paesaggio e nessuno dice niente. Guastare il "Montirolo"  è cancellare la storia di un paese, è stato il parco giochi di tante generazioni, è stato fonte di sostentamento per chi lo ha coltivato, è stato un' avamposto durante la guerra e molte altre cose. nessuno fino ad ora neanche la pista di motocross si erano permessi di distruggerlo. Oggi qualcuno lo ha fatto. Perché?

Roberto Reverberi
Circolo ValBaganza

domenica 19 maggio 2013

Incenerimento, combustione e cogenerazione

La combustione di rifiuti solidi urbani, di biomasse solide (legna), di olio grezzo vegetale ( colza e altri) o di olio da grasso animale, è a tutti gli effetti incenerimento, cioè trasformazione di materia in gas nocivi per il clima, l'ambiente e la salute. Tale combustione produce direttamente energia termica, utilizzabile per uso riscaldamento o industriale. Tale energia termica, poi, se applicata ad una turbina, può produrre anche energia elettrica. In tal caso si ha cogenerazione, cioè doppia produzione di energia, termica ed elettrica.

Ma non è la cogenerazione ad essere sbagliata, è la combustione di rifiuti solidi o di biomasse ad esserlo.

Infatti se con un impianto a biogas produciamo biometano, cioè trasformiamo la materia organica in gas naturale e poi lo bruciamo per produrre energia termica ed elettrica non è la stessa cosa che produrla da un inceneritore.
E' a tutti gli effetti produzione di energia da fonti rinnovabili in modo sostenibile per l'ambiente.

E allora, la lotta dei comitati contro le centrali a biogas, direte voi?

I comitati si battono contro le centrali a biogas speculative, quindi sovradimensionate rispetto agli scarti organici.
Contro le centrali a biogas che utilizzano coltivazioni dedicate( mais, sorgo etc.) sottraendo suolo agricolo alla produzione di alimenti per l'uomo e gli animali. Le stesse che inquinano il mercato dell'affittanza agricola perchè, avendo bisogno di molti ettari su cui spandere il digestato, possono permettersi di offrire più soldi di un normale coltivatore.
Quelle stesse centrali che utilizzano solo in parte deiezioni animali e invece soprattutto insilati di mangimi vegetali con grave pregiudizio ( formazione dei clostridi) per le produzioni alimentari di eccellenza come il grana.
Centrali speculative e sovradimensionate hanno anche emissioni odorigene e di ossidi di azoto lesive per l'ambiente.
Ma centrali a biogas dimensionate agli effettivi scarti agricoli, alle reali deiezioni degli allevamenti e agli scarti delle aziende agroalimentari possono costituire una soluzione di molti problemi del nostro territorio,sia dal punto di vista dello smaltimento che da quello dell'autoproduzione di energia sostenibile in loco.
Se Citterio ha circa 1170 tonnellate annue di scarti dalla lavorazione del prosciutto è assurdo che voglia costruire un impianto di rendering per colare il grasso ed un inceneritore per bruciarlo, costosi ed inquinanti. Basterebbe una centrale a biogas da 100 Kw per biodigestare quel materiale organico, ricavarne biogas, trasformarlo in biometano, bruciarlo in un piccolo cogeneratore ed ottenere circa 700 Mw annui di elettricità, superiori al suo fabbisogno che è di 300 Mw, ed altresì circa 2.000 Mw termici per abbattere i suoi consumi di metano.

E' bruciare biomasse che è nocivo. Ma bruciare biometano al posto del metano permette di sostituire una fonte fossile con una rinnovabile. Permette di risparmiare, perchè lo si ricava dagli scarti. Può far parte sul serio di un PAES che rispetti l'ambiente in cui viviamo.

Per questo, a margine dell'assemblea di Sala, mi sono permesso di dire che il PAES andava approvato.
Pur non essendo d'accordo con tante cose che vi erano scritte, non ultimo il teleriscaldamento condominiale da combustione di cippato, mi è parso che dovessimo sottolineare il grosso fatto politico che in quel PAES si parlasse solo di rinnovabili da biogas e non fosse indicato quale processo energetico virtuoso, come invece in quello di Felino, l'incenerimento degli scarti tipo Citterio.
In tutte le cose c'è un fondamentale ed un secondario. Qui il fondamentale è rilevare quel fatto, associarlo alla presa di posizione della giunta di Langhirano per poterlo usare politicamente contro l'amministrazione di Felino e la Provincia, contro il loro dettato.
Diversamente, non si fa politica, ma solo testimonianza del proprio minoritarismo o, peggio, ideologismo ad ogni costo.


Giuliano Serioli

venerdì 3 maggio 2013

Recyclass, meno discarica più riciclo

Un indice di efficienza anche per il packaging

http://www.comunivirtuosi.org/video/rifiuti/rifiuti-news-dal-mondo/meno-discarica-e-pi-riciclo-per-la-plastica-con-recyclass

Il consumo di plastica ha avuto nei decenni un trend in costante crescita in virtù delle caratteristiche di versatilità e durabilità del materiale e dei suoi costi contenuti. Secondo l'ultima edizione di “Plastics – the Facts 2012", report statistico sull'industria europea delle materie plastiche riferito al 2011, la produzione di materie plastiche a livello mondiale è aumentata di quasi 10 milioni di tonnellate (+3,7% ) rispetto al 2010 arrivando a toccare i 280 milioni di tonnellate.

L'Europa ha contribuito con 58 milioni di tonnellate (+2%), con un volume trasformato di 47 milioni di ton (+1,1%).

Secondo il Libro verde “Una strategia europea per i rifiuti di plastica nell’ambiente” - pubblicato dalla Commissione UE il 7 marzo 2013 - , troppa plastica finisce in discarica con uno spreco enorme di risorse che dovrebbe essere evitato potenziando il riciclaggio che ad oggi si attesta mediamente al 24%.

A finire in discarica è infatti il 48,7% della plastica raccolta nell'UE, soprattutto imballaggi, mentre il 51,3% viene incenerito per produrre energia. Sulla base dei dati diffusi da Plastic Europe riferiti al 2012 si legge che su un totale di 25,1 milioni di tonnellate di rifiuti plastici raccolte sono state circa 10,3 milioni di tonnellate a finire in discarica e 14,9 milioni recuperate (con riciclo meccanico o recupero energetico).

«Modalità più sostenibili di produzione della plastica e una migliore gestione dei rifiuti, in particolare, tassi di riciclo più alti – si legge nel capitolo 3 del Libro Verde - , offrono un potenziale significativo per il miglioramento dell'efficienza delle risorse. Allo stesso tempo, esse contribuirebbero a ridurre le importazioni di materie prime, nonché le emissioni di gas serra».

«La necessità di salvaguardare le risorse naturali e migliorare l'efficienza delle risorse, - continua il Libro Verde - potrebbe essere uno stimolo per incrementare la sostenibilità della produzione di materie plastiche. Idealmente tutti i prodotti di plastica dovrebbero essere completamente riciclabili. Il riciclaggio inizia già nella fase di progettazione del prodotto.

Pertanto, la progettazione del prodotto può diventare uno degli strumenti essenziali per l'attuazione della Roadmap sull'efficienza delle risorse recentemente adottata».

Purtroppo la situazione europea attuale è sintetizzata in questo passo della pubblicazione: «Bassi tassi di riciclaggio ed esportazione dei rifiuti di plastica per il ritrattamento in altri Paesi rappresentano per l'Europa una perdita importante di risorse non rinnovabili, nonché di posti di lavoro. Il potenziale di riciclaggio della plastica viene ancora sfruttato in minima parte”.

In Italia secondo i dati forniti da Corepla vengono immesse annualmente al consumo poco più di 2 milioni di tonnellate di imballaggi. Considerando quella parte legata ai consumi domestici che finisce nella raccolta differenziata - quantificabile in 1.400.000 tonnellate - si arriva a raccoglierne non più della metà.

Nel 2012 sono state riciclate 773.410 ton, pari al 37,3% dell'immesso al consumo. La percentuale include il contributo proveniente dal circuito del riciclo indipendente al Conai che ha gestito il 46% del totale riciclato.

Restando nell'ambito dei rifiuti urbani il nostro paese ha una percentuale media di rifiuti avviati al recupero pari al 33%, che ci colloca a quasi dieci punti al di sotto della media europea (la metà di Austria, Belgio e Germania). E' pertanto evidente che abbiamo ancora parecchia strada da fare per arrivare al traguardo del 50% di riciclo di materia al 2020.

Questo è infatti l'obiettivo di riciclaggio che la direttiva UE 2008/98, già recepita nel nostro ordinamento, pone ai paesi membri entro il 2020: "la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine (...) sarà aumentata complessivamente almeno al 50 % in termini di peso".

E' necessario riciclare maggiori quantità di plastica

Il lancio di Recyclass è avvenuto il 25 aprile scorso da parte dell'associazione Plastics Recyclers Europe, l'associazione europea dei riciclatori di materie plastiche.

La progettazione attuale del packaging - denuncia l'associazione - minaccia il raggiungimento dei target di riciclo europei. La chiave di volta per un effettivo riciclo del packaging in plastica sta nel suo design.

La raccolta differenziata non può garantire il riciclo del packaging quando il suo design impedisce un completo svuotamento del contenuto o quando le combinazioni tra polimeri o altri componenti impediscono o compromettono processi di riciclo eco-efficienti.

Per deviare gli ingenti quantitativi di materie plastiche dalle discariche o termovalorizzatori verso gli impianti di riciclaggio, nel rispetto della gerarchia di gestione dei rifiuti dell'UE, la riciclabilità deve diventare uno dei criteri guida prioritari nel design del packaging.

Recyclass è lo strumento che Plastics Recyclers Europe ha sviluppato per guidare i progettisti verso un design che non sia solamente orientato alla riciclabilità ma alla scelta delle migliori opzioni possibili per un riciclo eco-efficiente.

Si tratta di un sistema di classificazione valido per tutta Europa che attribuisce una classe di riciclabilità a un qualsiasi packaging in plastica tramite lettere dalla A alla G, sulla falsariga delle sette classi di efficienza energetica dell'UE per gli elettrodomestici.

"E' da parecchi mesi che lavoriamo a questo progetto. Siamo in una fase preparatoria di test del nostro modello che sta avvenendo in diversi paesi europei con il coinvolgimento di diversi Partner Tecnici. Il nostro obiettivo è arrivare a presentare Recyclass alla Fiera di settore Interpack 2014 di Duesseldorf ,a maggio, con un evento speciale dedicato", dice Paolo Glerean coordinatore del progetto.


Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR