Dall'Olio,
incubo del bosco parmense
Di
fronte allo scempio della montagna oggi è il tempo di agire
Nicola
Dall'Olio, candidato alle primarie Pd, candidato assessore con
Bernazzoli, candidato alle europee, ma sempre trombato, nel 2010
aveva detto, in un documento a sua firma, che era possibile prelevare
dai boschi del parmense 390 mila tonnellate di legna ogni anno senza
intaccare la rinnovabilità.
Avevamo
contestato questo dato, perché ottenuto moltiplicando
l'accrescimento annuo dei faggi (notoriamente superiore a quello dei
querceti) per gli ettari della totalità dei boschi.
Dall'Olio
voleva giustificare la possibilità di impiantare 30, 40 centrali
termiche a cippato nei borghi di montagna. Per lui un sogno, per il
bosco un incubo.
Già
nel 2009 i dati delle comunicazioni di taglio alle comunità montane
dicevano che gli ettari di ceduo richiesti al taglio erano quasi
doppi rispetto al 2008.
L'autoconsumo
era in costante diminuzione e si ipotizzava che fossero state
prodotte 200 mila tonnellate di legna da ardere.
Non
era che l'inizio.
Ancora
non si erano visti i ripidi versanti completamente denudati e le
cataste ininterrotte di legna lungo le strade di montagna, pronte per
essere prelevate e portate chissà dove dai camion.
Le
strade non erano completamente sfondate dal passaggio dei mezzi
pesanti.
Gli
effetti idrogeologici di questo dissennato abbattere non si erano
ancora manifestati.
Come
a Pietta, dove il taglio è stato una delle cause della frana e, come
tale, denunciato all'autorità giudiziaria dalla Forestale.
E'
il mercato a decidere quanta legna debba essere tagliata e quale sarà
l'assetto economico e paesaggistico là in alto.
Dati
provinciali sul prelievo di legna non ce ne sono, se ci sono non
vengono resi pubblici.
E'
disponibile un dato nazionale sulla legna consumata nel 2013
elaborato da AIEL.
In
totale sono 19,3 milioni di tonnellate.
Di
queste, 3,5 milioni vengono importate dall'estero, che sottratte al
totale ci danno la legna prodotta in Italia, 15,8 milioni di
tonnellate.
Stiamo
superando la sostenibilità ed intaccando la rinnovabilità dei
nostri boschi.
I
boschi da cui è possibile ricavare legna sono i 3.663.000 ettari di
ceduo che, moltiplicati per il 4% di accrescimento annuo per ettaro,
danno 14,62 milioni di tonnellate.
Solo
l'anno scorso abbiamo tagliato 1,2 milioni di tonnellate di legna in
più da quanto consentito dalle normative nazionali e regionali che
preservano la rinnovabilità.
Ma
nel nostro Appennino, in cui il ceduo è l'80% del totale dei boschi,
è pensabile che la quantità tagliata sia ancora maggiore, perché
più vicino al mercato padano.
Il
dirigente ambientalista (?) del Pd manda avanti il progetto delle
centrali a cippato, che ora sono 6 già impiantate ed una, quella di
Berceto, in costruzione.
Bruciano
cippato di ramaglie non stagionato, sono senza filtri, emettono
polveri a livello industriale, la cenere volante dei multi cicloni,
piena di particelle di metalli pesanti (rifiuto speciale che deve
andare in discarica) non si sa dove vada a finire.
Il
tutto senza che i finanziamenti fatti affluire per impiantarle
abbiano creato un solo posto di lavoro.
Non
solo, ma il loro consumo di legna si va ad assommare a quello dei
tagli per la legna da ardere che viene portata in tutta la pianura
padana.
Solo
la centrale di Monchio brucia 1.800 tonnellate di cippato di legna
ogni anno (dato dichiarato dal sindaco), una quantità forse
addirittura inferiore al reale.
Riteniamo
che in montagna al degrado dei boschi per l'eccesso dei tagli si
cominci a sommare anche quello dell'aria causato dalle polveri di
queste centrali.
Tagliare
e bruciare non crea alcuna economia, solo danni all'ambiente ed al
turismo.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente
Parma
16
giugno 2014