Nel
2013 è stata intaccata la riserva verde nazionale
Il
valore del nostro bosco non può essere circoscritto ad una mera
valutazione economica, come se fossimo ancora negli anni '60, quando
era fonte di legna da ardere per scaldare le case dei residenti.
Oggi,
con lo spopolamento della montagna, l'autoconsumo decresce
continuamente e la funzione del bosco è cambiata.
Oggi
le grandi famiglie di fusti hanno un ruolo paesaggistico, ma
soprattutto di presidio idrogeologico, in una montagna che
strutturalmente è soggetta a frane, come gli episodi recenti non
smettono di ricordarci.
Il
bosco ed il sottobosco sono la spugna con cui la montagna si difende
dalle calamità.
A
partire dal 2009 la speculazione sulla legna da ardere ha colpito
anche la nostra provincia, con evidenti denudamenti di interi
versanti e, come a Pietta, diventando una concausa diretta delle
frane.
Il
dissesto idrogeologico, dovuto anche ai tagli, è evidente a tutti,
ma dati provinciali o regionali non ce ne sono.
I
numeri sono esclusivamente nazionali e provengono, guarda caso, dalle
aziende che producono stufe e caldaie per la combustione della legna
e che oggi vivono il loro magic moment.
Dal
resoconto di un convegno promosso a Verona da AIEL (Azienda Italiana
Energia dal Legno), si evince che la quantità di legna consumata nel
2013 è stata di 19,3 milioni di tonnellate. Considerando che la
quantità importata è di 3,5 milioni, si deduce che la produzione
nazionale sia stata di 15,8 milioni.
Una
cifra che supera la sostenibilità del ceduo del nostro Paese, che
arriva ad una disponibilità totale di 14,62 milioni di tonnellate.
I
relatori del convegno sostengono che solo il 24% della riserva bosco
è intaccata, ma il loro calcolo include tutto il patrimonio
boschivo, 11 milioni di ettari, e non solo il ceduo.
Una
follia, perché il patrimonio boschivo oltre il ceduo è macchia
mediterranea, boschi ripariali e parchi, in cui non si può tagliare.
Se
i tagli nazionali hanno superato la sostenibilità di ben 1,2 milioni
di tonnellate, in provincia di Parma, dove il ceduo è l'80% dei
boschi, sarà andata anche peggio, trovandoci a ridosso all'area di
maggior sviluppo del mercato della legna da ardere, la pianura
padana.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente Parma
2
giugno 2014