La
conferenza sul clima di Parigi ha fissato la soglia massima di
aumento della temperatura a 1,5°, da non superare in alcun modo.
Da
notare che il 26 novembre 2015 la CO2 ha raggiunto il valore di
400,69 ppm e secondo i climatologi è già quello il valore
corrispondente all'aumento di temperatura da non superare.
Chissà
come intendono fare per non farlo crescere più nemmeno di una
virgola.
La
decisione dovrebbe spingere l'industria a velocizzare la transizione
verso un'economia a basse emissioni di carbonio, con una quota
crescente di energie rinnovabili ed un progressivo abbandono dei
combustibili fossili.
La
domanda che ci si pone è con quali criteri l'industria metterà in
pratica l'indirizzo.
Facile,
quelli del tornaconto economico e del profitto.
Quindi
energia dal vento e dal sole, ma solo con incentivi e pochi riguardi
per l'ambiente.
Per
pale eoliche sulle cime, nessun limite al taglio dei boschi per
strade di servizio.
Il
fotovoltaico, poi, quasi tutto a terra.
In
Italia è costruito così per oltre il 70%, alla faccia del consumo
di suolo.
Ma
il peggio è ricavare energia da biomasse.
La
Ue pontifica su riuso, riciclo e riutilizzo dei rifiuti, tra cui
rientrano anche biomasse, ma nel contempo ne prevede la combustione:
inceneritori e cogeneratori.
La
combustione di biomasse, unitamente a quella del biogas da coltivi
dedicati, è ora il settore industriale più incentivato anche dal
nostro governo.
Si
è sviluppata una vera e propria lobby europea della combustione:
dagli inceneritori di rifiuti, ai pirogassificatori, ai cogeneratori
a cippato di legna, ai cogeneratori a oli vegetali e a grasso
animale.
Tutto
è diventato biomassa combustibile, dalle coltivazioni dedicate ai
boschi delle nostre montagne, addirittura i residui grassi ed ossei
delle lavorazioni alimentari fin'ora impiegati nella produzione di
alimenti per animali da compagnia e in quella dei cosmetici.
Questa
lobby sta sperimentando sulla nostra pelle tecnologie solo in parte
conosciute.
Non
ha assolutamente in mente le ricadute ambientali delle emissioni, gli
basta che queste siano in linea con normative solo cartacee,
addirittura diverse da nazione a nazione e notoriamente più
accondiscendenti in Italia.
Un
esempio di tutto ciò sono le centrali a cippato del Trentino Alto
Adige, che vantano la loro efficienza nel produrre elettricità e
insieme calore per il teleriscaldamento dei paesi.
Ora
si sono accorti che i valori del benzopirene (molecola altamente
cancerogena) disperso in aria ambiente sono superiori al livello
massimo consentito.
E
quegli amministratori non sanno più che fare.
Che
dire, poi, di un inceneritore, voluto a tutti i costi da Provincia e
Pd, che per funzionare a regime vuole importare rifiuti da fuori
provincia perché la raccolta differenziata è già al 70% e lo
affama. Che per diventare ancora più remunerativo economicamente per
Iren, già si prefigura di fargli bruciare 190.000 t. di rifiuti
provenienti da chissà dove.
Alla
faccia delle 130.000 t. massime previste e delle ulteriori polveri
sottili per gli sforamenti già troppo numerosi dai massimi
consentiti (50 microgrammi/Nm3).
Fuori
città invece la novità consiste in un persistente odore di patatine
fritte nel territorio del comune di Felino.
No,
non si tratta di una sagra prolungata, purtroppo.
E'
il frutto della combustione di scarti animali. Quell'odore non è
innocuo, è causato dall'emissione di acroleina, sostanza tossica e
cangerogena di cui la gente si è ben resa conto, per cui ha raccolto
centinaia di firme portate all'amministrazione.
Ma
la giunta di Felino mostra di non preoccuparsi della cosa.
Parla
di un osservatorio da mettere in piedi ma senza tempistiche né
dettagli su chi ne farà parte. E la storia si trascina da 3 anni.
Nonostante
la lungaggine, la maggioranza è insofferente verso le opposizioni,
che sollevano il problema. Non dialoga con loro, toglie loro la
parola perché toccano un tasto dolente su cui ci sono gravi
responsabilità.
Una
delle conseguenze degli sforamenti ripetuti dai massimi consentiti di
PM10 è la recente notizia su tutti i giornali del picco di aumento
delle morti nel 2015 rispetto all'anno precedente (+11,3%). Riguarda
l'intero Paese, ma crediamo sia molto maggiore nella Pianura Padana,
per la cappa di piombo che la sovrasta.
Nei
paesi del nostro Appennino la gente già ne parlava la scorsa estate.
Ci
si era accorti della crescita di morti per tumore e malattie
polmonari in diversi borghi.
Il
benzopirene nell'aria per il ritorno massiccio al riscaldamento a
legna?
Le
centrali a cippato di legna, come in Alto Adige, ma qui addirittura
senza alcun filtro?
L'unico
elemento serio di contrasto a tutti questi veleni è proprio il manto
boschivo del nostro Appennino.
Ma
la sua capacità di captare CO2 e trasformarla in ossigeno è sempre
più insidiata dai tagli generalizzati finalizzati alla vendita di
legna in pianura.
Ora
c'è una novità in più. La piena del Baganza del 2014 ha stimolato
le amministrazioni ad occuparsi degli alvei.
Fanno
tagliare le piante in alveo e le piante morte sulle sponde ripariali
e le pagano con la stessa legna di risulta. Il problema è che quelle
ditte tagliano tutto e soprattutto sulle sponde stesse,
dove
la funzione di assestamento delle radici è fondamentale proprio
durante le piene.
Sono
comparse cataste di legna sia in val Parma che in val Baganza.
Da
una pulizia doverosa degli alvei si è passati al taglio
indiscriminato della superficie boscata che trattiene le sponde.
La
stessa situazione verificatasi nel Bolognese, lungo le sponde del
torrente Savena, 50 mila piante abbattute.
Evviva
la biodiversità.
Giuliano
Serioli
24 gennaio 2016
Rete
Ambiente
Parma
per
la
salvaguardia
del
territorio
parmense