Il
rifugio Gonella sul Monte Bianco, a 3073 metri di altezza, ha chiuso
per mancanza d’acqua. La ricavava dal nevaio che ogni anno calava
un po’ e che quest’anno è sparito.
Un
fatto preciso, non può essere interpretato.
E’
il cambiamento climatico.
Che
è ormai evidente e confermato dal caldo torrido di questa estate.
Con
un futuro caratterizzato da lunghe siccità e forti precipitazioni
concentrate in poco tempo, capaci di creare alluvioni tipo quella che
ha colpito Parma nel 2014.
Coldiretti
e l’Ente di Bonifica hanno chiamato l’emergenza idrica e già
quantificato i danni all’agricoltura nel territorio parmense.
Proprio
quest’estate AIPO deve rispondere alle osservazioni dei cittadini e
dare il suo parere definitivo sul progetto di cassa d’espansione
sul Baganza, presentato in primavera. Due casse di capienza di circa
2,35 milioni di metri cubi ciascuna. La prima sotto il piano
campagna, ottenuta scavando ghiaia e sabbia e la seconda sopra lo
stesso, praticamente una grande vasca alta fino a 16 metri nel suo
punto più elevato, a valle del Casale di Felino.
La
campagna ha fame d’acqua, non basta quella delle falde. Occorrono
invasi che la raccolgano quando piove e la rilascino quando ce n’è
bisogno. Ma non ci sono.
Di
utilizzare la cassa d’espansione presentata neanche parlarne, serve
a difesa della città e per definizione deve restare sempre vuota, a
disposizione di eventuali piene.
Si
dice che non ci sono i soldi per la cassa, ma che salteranno fuori.
Soliti discorsi.
Servono
55 milioni di euro. Altri se ne dovranno trovare per gli invasi in
cui trattenere l’acqua piovana come chiesto quest’estate. Il
problema siccità non è solo del territorio parmense ma di tutto il
Paese, come la mancanza d’acqua a Roma testimonia chiaramente.
Quindi
il problema soldi è acuto se il problema acqua è così diffuso.
Gli
invasi ad uso irriguo che mancano e la costruenda cassa d’espansione
sul Baganza sembrano due rette parallele che non si incontrano mai,
incapaci di aiutarsi l’un l’altra.
Ma
occorrerebbe proprio il contrario, la capacità di fare sistema.
Il
progetto AIPO di cassa è un’enorme vasca sospesa sul territorio,
costosa, che richiederà 5 o 6 anni per essere costruita. Noi
riteniamo anche di più perché i 2,4 milioni di metri cubi di ghiaie
e sabbie scavati dalla prima cassa dovranno essere pur piazzati da
qualche parte. Se non vanno alla Tibre, come pareva, perché per il
sostrato la Pizzarotti utilizza terra mista a calce, con la crisi
dell’edilizia in cui versa la nostra economia, dove finirà tutta
quella ghiaia? Un problema che richiede altro tempo e soldi.
Perché,
per la cassa d’espansione, non utilizzare lo studio fatto da
Provincia per mettere in sicurezza la città e contemporaneamente
trattenere l’acqua per l’estate siccitosa.
Lo
studio del 2015 prevede 3 casse lungo l’asta del Baganza, a
Calestano, al Casale ed in zona Bonifacio (Collecchio). La prima deve
rimanere sempre vuota per l’eventuale improvvisa portata di piena.
La seconda e la terza potrebbero trattenere l’acqua delle piogge
autunnali in quantità ragionevoli: metà della capacità quella del
Casale, l’intera capacità di invaso quella di Collecchio. In caso
di una portata di piena di 600 metri cubi al secondo, occorrerebbero
20 minuti per riempire quella di Calestano (un invaso di 600.000
metri cubi), tempo in cui quella del Casale e di Collecchio
scaricherebbero i loro invasi.
Non
si capisce perché AIPO non abbia preso in considerazione lo studio
della Provincia.
Non
si capisce perché non abbia partecipato all’assemblea organizzata
a Felino il 25 maggio scorso.
Il
perché è semplice.
Le
autorità competenti sono autoreferenziali, non ascoltano i
cittadini.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e sostenibilità del
territorio
locale