Uno dei modi di
ricarica naturale delle falde acquifere è l'inondazione
di aree estese in
occasione delle piene.
Alle falde acquifere
delle conoidi dei torrenti appenninici manca
l'acqua nelle estati
siccitose.
Per trovarla si
arriva a pescare nei pozzi fino a 100 metri di profondità.
Si fa un gran
parlare di invasi di montagna con dighe per trattenere
l'acqua e rifornire
così la pianura,
con gravi problemi
di costi, di perdita di aree boschive SIC ( siti di
interesse
comunitario) e di erosione dei sedimenti rocciosi delle nostre
montagne.
La logica
suggerirebbe di ricaricare tali falde sotterranee durante le
piene autunnali,
alluvionando le
campagne con esondazioni controllate e sfioratoi
appositamente
dedicati.
Servirebbero anche
traverse per convogliare parte dell'acqua torrentizia
in vasche di
sedimentazione e di ricarica, usando cave estinte.
Ma il principio da
utilizzare è di conservare l'acqua di alluvioni
controllate per
ricaricare con la stessa le falde sotterranee.
Si eviterebbe così
la necessità di manufatti costosi ed insufficienti,
come dighe montane e
casse d'espansione in pianura,
che porterebbero ad
una ulteriore, nefasta cementificazione del regime
acquifero e del
nostro territorio.
A parte
considerazioni ambientali e di costi, il problema generato da
tali manufatti è
l'eccesso di sedimenti che in breve tempo
ne pregiudicherebbe
la funzionalità, dato il carattere argillitico del
substrato roccioso
del nostro Appennino.
Al contrario
l'estensione della falda sotterranea potrebbe essere
rimpinguata da pozzi
a dispersione e da gallerie di infiltrazione a fianco
dell'asta
torrintizia.
In pratica una cassa
d'espansione non è altro che un innalzamento
abnorme degli argini
di un torrente in un determinato sito.
Quello
dell'innalzamento degli argini è una via senza sbocco per diversi
fiumi già troppo
antropizzati. E' il Caso del Po, dove da tempo si
parla di
tracimazioni controllate perchè innalzare ancor più gli argini
è impossibile e
pericoloso.
Alcuni tecnici
dicono che una cassa d'espansione è necessaria ma non
sufficiente.
E' un'affermazione
che ha poco senso : se non è sufficiente non è
neanche necessaria.
E l'alternativa esiste, è un'altra, aree alluvionabili.
Di fatto le zone
alluvionabili ci sono nelle nostre campagne e i danni
ai coltivi ed alle
case isolate di agricoltori sono molto meno gravosi
che non quelli di
interi paesi sott'acqua e sono più facilmente e
rapidamente
rifondibili.
Si tratta in molti
casi di vecchie golene strappate ai corsi d'acqua che
potrebbero
gradualmente tornare al loro antico ruolo.
Di fatto, sono casse
d'espansione naturali e l'infiltrazione dell'acqua
le renderà ancora
più fertili di quanto non siano oggi perchè l'acqua
stessa, trattenuta
in cave o laghetti
artificiali, sarà utilizzabile nella stagione secca.
Serioli Giuliano
ReteambienteParma