"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

lunedì 11 novembre 2013

Incontro dibattito: tagli della legna in montagna e biomasse

COMUNE DI LANGHIRANO                                    RETEAMBIENTEPARMA 

incontro dibattito

TAGLI DELLA LEGNA IN MONTAGNA E BIOMASSE

Il paesaggio della nostra montagna sta cambiando: frane; interruzioni di strade; sempre meno gente nei paesi; pochi turisti e di contro un rinnovato utilizzo e sfruttamento dei boschi.

Autoconsumo o speculazione del mercato sulla legna da ardere?

Soldi che, restano in montagna; che generano reddito locale?

La legge non basta, non frena la speculazione. Occorre una pianificazione dei tagli in modo che non intacchino la rinnovabilità e non accrescano il degrado di versanti e strade.

E poi centrali, centrali a biomassa.

Bruciare biomasse per produrre calore ed elettricità è ammesso dalle normative vigenti ed è diventato un mantra intoccabile per i governi che si succedono nel nostro paese.

Quali possibilità hanno i cittadini per incidere sulle scelte energetiche dei territori come gli stessi PAES prevedono.

Cittadini preoccupati per le emissioni nocive come lo è la stessa Comunità Europea con la sua DIRETTIVA ARIA : "che prevede che ogni nuovo impianto non accresca l'inquinamento esistente, anzi lo abbassi”.

Ne parliamo:

sabato 16 novembre ore 17:00 presso il Centro Culturale di Langhirano

sono gradite adesioni di amministrazioni, comitati di cittadini, associazioni ambientali entro martedì 12/11.

Hanno già dato la loro adesione :


  • Comitato giarola-vaestano(palanzano)
  • Comitato pro val parma(corniglio)
  • Libera
  • WWF
  • Acgr
  • Legambiente alta val taro

martedì 5 novembre 2013

Aggiornamento tagli Monte Fuso

Disboscamenti avvenuti quest’anno sul versante sud del Monte Fuso.
I tagli corrisposti alle lettere B e C sono a valle del Monte Faino, la cui cima è visibile sull’immediata destra della lettera “C”,
mentre il taglio corrispondente alla lettera A, è molto più a ovest della suddetta cima.



 Taglio A da una posizione migliore.



Proseguendo verso est possiamo vedere un altro notevole taglio boschivo all’interno del Monte Lavacchio, il monte situato subito ad est del Monte Faino.



Più a est ancora, uno dei tagli più massicci, che arriva fino in prossimità del torrente Bardea.
Forse questa zona viene ampiamente martoriata per la posizione particolarmente nascosta alla vista, infatti la parte inferiore della macchia boschiva tagliata, non è visibile nemmeno da questa posizione.




sabato 2 novembre 2013


Una dilagante forma di grave illegalità ambientale 

Il nuovo crimine di devastazione di boschi e foreste tra "furti di legna" e reati di danno all'ambiente boschivo 


A cura del Dott. Maurizio Santoloci


Una nuova dilagante forma di crimine ambientale si aggiunge da qualche tempo ai già numerosi attacchi al nostro territorio posti in essere da fronti e per finalità diverse: il fenomeno dei tagli abusivi degli alberi nei boschi e foreste per depredare il legname che ne deriva a fini commerciali. Fenomeno che si indica comunemente come “furti di legna”, terminologia che – lo diciamo subito – a noi non piace perché molto riduttiva e fuorviante, in quanto culturalmente rischia di relegare queste azioni delittuose ad una mera “asportazione di legna” dal territorio e dunque di rispolverare arcaici concetti degli alberi visti solo come “legname” da commercio e non già in via primaria come preziosi beni ambientali. Sul bosco da decenni si fronteggiano due visioni del tutto antitetiche, tra una cultura che vede le nostre aree verdi solo come fonte produttiva di “legno” ed altri “prodotti”, ed una cultura che invece individua nel bosco un’entità di primaria importanza ambientale in senso totale ma anche paesaggistica. E le terminologie sono importanti per affrontare bene i fenomeni criminali conseguenti. E’ un po’ come l’uso di qualificare come “piromani” i criminali incendiari dolosi; sono due cose ben diverse (il primo è un malato psichico, il secondo è un soggetto che delinque in modo perfettamente consapevole). Le terminologie errate a volte creano retropensieri di tacita giustificazione o attenuazione di responsabilità latente.

Così oggi se ricolleghiamo il fenomeno, puramente criminale, dei tagli a raso di intere aree boscate ad un “furto di legna”, poi magari si passa a ricollegare tali tagli con il contesto della crisi generale e della necessità per qualcuno di “riscaldarsi” e di trovare un po’ di legname per non morire di freddo etc… etc… (vedo già articoli di stampa così orientati) e si passa implicitamente – a livello culturale – dal crimine puro al fenomeno sociale (che poi fa costume e notizia) sì illegale, ma poi di fatto meno illegale in via sostanziale.. E’ un po’ come l’alibi che molti furbi autori di scellerati abusi edilizi sulle coste sono riusciti abilmente a creare a livello di comunicazione sui mass media, inventandosi il concetto di “casa di necessità” per creare cortine fumogene a difesa degli scempi edilizi delle seconde case e fronteggiare poi le demolizioni mischiando tra ville sul mare qualche casetta modesta abitata da anziani da usare come scudo ideologico.

Il crimine di taglio di alberi a fini di commercio va dunque affrontato per quello che è, in relazione ai gravissimi danni che sta creando nelle aree boscate ed in connessione con tutti gli altrettanto gravissimi reati conseguenti che – logicamente – non sono collegati solo al “furto di legna” ma prima ancora anche e soprattutto ai danni ambientali provocati e – dunque – ai reati connessi con le norme ambientali ed a tutela del territorio. E questo – sempre logicamente – indipendentemente dal fatto che il bosco sia su un’area privata o pubblica. Il danno ambientale è in questo senso da sempre storicamente trasversale. Si cambia solo il soggetto di parte lesa.

E va considerato – sempre in relazione al problema di inquadramento culturale sopra citato – che vanno bene valutate le relazioni tra illeciti amministrativi previste dalle norme (antiche) di settore che individuano il bosco ancora solo come “legname” e fonte economico/produttiva, ed i reati ambientali più moderni ed in linea con la tutela dell’ambiente a livello europeo. Se tali diverse tipologie di illeciti (derivanti da concezioni culturali appartenenti storicamente a visioni, ma soprattutto epoche, totalmente diverse) coesistono a livello di vigenza normativa nel nostro sistema giuridico, non significa certo che una esclude l’altra o – peggio – l’una “assorbe” l’altra…

Quindi, per essere più chiari, se tagliare alcuni alberi nel contesto della normativa specifica di settore sui tagli (più vetusta) è solo un illecito amministrativo connesso al problema “albero = fonte di legname e fonte di reddito”, per la legge sui vincoli paesaggistici ambientali e per le altre leggi a presidio del territorio (di più moderna concezione) quello stesso taglio è un grave crimine contro l’ambiente, ed anche e soprattutto in tale contesto va perseguito a livello di intervento di polizia giudiziaria (oltre che essere un furto ai sensi del codice penale). Ci possono dunque essere anche gli estremi – secondo i casi -­‐ per un arresto in flagranza o per un fermo di PG o per una richiesta di ordinanza di custodia cautelare alla magistratura. Comunque sono doverosi i sequestri preventivi delle aree e soprattutto dei mezzi (tutti, anche dei veicoli) utilizzati dagli autori di tali delitti, per impedire che il reato venga reiterato e/o portato ad ulteriori conseguenze (lasciare nella disponibilità di tali soggetti colti in flagranza gli strumenti e i veicoli utilizzati per commettere tali reati significa omettere l’azione preventiva di impedire quello ed altri futuri reati similari).

Questo fenomeno vede una particolare incidenza nel centro-­‐sud della penisola, nei parchi nazionali e nelle proprietà demaniali. I boschi maggiormente coinvolti sono – appunto -­‐ quelli demaniali, come quelli compresi in zone sottoposte a vincoli idrogeologici e paesaggistici, parchi nazionali e regionali. In generale tutte quelle foreste nelle quali sono presenti alberi di alto fusto e di specie particolarmente pregiate. Non vengono risparmiati neanche alberi secolari e zone di alto pregio ambientale.

A lanciare l'allarme è il Corpo forestale dello Stato, che solo nel 2012 ha rilevato più di 800 illeciti penali, con conseguenti 20 arresti, e quattromila illeciti amministrativi a fronte di circa 40mila controlli nelle regioni a statuto ordinario, per un totale che supera i 3 milioni di euro. E il trend è in aumento nel 2013 e conta già 25 arresti in flagranza di reato.

La formula è sottrarre grandi quantitativi di legname per poi rivenderli a basso costo. Non vengono lasciati in pace neanche alberi secolari. Questo perché piante di tale mole possono essere utilizzate per la fabbricazione di mobili o come combustibile.

Inoltre c’è da sottolineare che i tagli cosiddetti “a raso” creano un danno ambientale devastante, anche con incidenza diretta poi sugli assetti idrogeologici del territorio e favoriscono frane e crolli territoriali di ogni tipo, oltre che il mancato controllo del flusso delle acque delle piogge con i fenomeni poi che vediamo ormai frequentemente sulle cronache. Anche l’impatto ambientale sulla fauna di questo tipo di crimine a danno dei boschi è notevole dato che priva tutti gli animali di una vasta area di ogni possibile rifugio o luogo di nidificazione.

Insomma un vero e proprio “mercato nero” del nostro patrimonio boschivo con effetti nefasti a tutti i livelli che merita la massima attenzione da parte di tutti e – soprattutto . nessuno sconto a livello culturale, ma anche e soprattutto procedurale e sanzionatorio.


Maurizio Santoloci

Pubblicato il 31 ottobre 2013




sabato 26 ottobre 2013

Montagna: tagli e centrali


Il paesaggio della nostra montagna cambia in peggio, comincia ad allarmarci.
Boschi come groviere, strade sfondate dai camion che portano via legna, frane, interruzioni di strade, sempre meno turisti e sempre meno gente nei paesi.
Non si tratta più di autoconsumo, come la burocrazia si ostina ancora a chiamare i tagli.
Che il fabbisogno della gente rimasta nei borghi è irrisorio rispetto a quanto tagliato.
E' un'altra cosa, vero e proprio taglio industriale, speculazione economica.

Soldi che restano in montagna?
Ben pochi. La gran parte vanno a chi commercia legna in pedemontana.
Altri vanno ai proprietari dei boschi, in gran parte da tempo residenti in città.
Altri ancora vanno a remunerare l'acquisto di macchinari per il taglio ed il trasporto.
Certo, tanti tagliano e qualcosa si mettono in tasca. Ma la gran massa dei tagli viene fatta da imprese nate dal nulla e che utilizzano gente dell'est europa pagandola in nero e a resa. Soldi, di cui praticamente niente resterà in montagna.
Versanti spogliati e strade sfondate, quindi, cui non corrisponde un'economia.
Nessun giovamento alla vita dei paesi, nè lavoro per trattenere i giovani.

La legge c'è, permette ai proprietari dei boschi di tagliare fino ad un massimo di 6 ettari.
Ma è una legge che non tiene conto della speculazione sulla legna da ardere.
Se il mercato inducesse la gran parte di chi possiede boschi a tagliarli per far soldi, complice una ulteriore recrudescenza della crisi economica, e tutti tagliassero, chi li potrebbe fermare? Questa legge?
Sicuramente no.
Occorre preoccuparsi di non intaccare la rinnovabilità dei boschi e di non accrescere il degrado idrogeologico.
Occorre un piano annuale dei tagli che ne tenga conto e che non possa essere eluso e superato.

Molti amministratori sostengono le tesi dei tagliatori.

“L'abbandono dei boschi è palese e non è positivo. Una politica delle comunità montane che possa permettere la nascita di qualche centrale a biomassa che permetta la produzione di elettricità e di teleriscaldamento non farebbe male e permetterebbe di monitorare e tenere puliti i boschi, garantendo la giusta turnazione delle piante, la pulizia del sottobosco ed in ultimo ma non meno importante garantire lavoro a territori che continuano a spopolarsi a causa di mancanza di lavoro”.
Finanziamenti di Regione e Provincia per la montagna sono, infatti, solo finalizzati dotare di macchinari di taglio le comunalie e soprattutto ad impiantare centrali termiche a cippato.
Non si comprende cosa voglia dire creare posti di lavoro nel taglio dei boschi. Il lavoro lo crea già il taglio speculativo e selvaggio, lo crea il mercato della legna da ardere.
Dotare di mezzi meccanici di taglio una comunalia significa dare man forte a tale mercato senza regole,
incentivare le comunalie a far parte di tale meccanismo perverso.
D'altronde, la cosa è del tutto coerente alle affermazioni di funzionari  ed amministratori :
qualcuno ha detto che 'siamo seduti su un nuovo petrolio e neanche ce ne accorgiamo';
altri dice che potremmo anche tagliare tutto quello che è ricresciuto nei boschi da quarant'anni a questa parte senza preoccupazione alcuna per la rinnovabilità.
Anche se la rinnovabilità annuale, il 4% di tutta la massa boschiva, è decretata dalla Regione come non superabile.

Ormai chi abita in montagna per riscaldarsi non usa più il gpl, nè tantomeno il gasolio, entrambi carissimi. La gente è tornata a bruciare legna nei camini, nelle stufe, dotandosi anche di moderne stufe a pellet o stufe miste pellet-legna. In montagna, da sempre, si usa legna che brucia bene, legna stagionata due anni : un anno all'aperto ed uno al chiuso, in modo che il suo tenore di umidità sia inferiore al 20% ed abbia un alto rendimento di calore.
Perchè allora impiantare centrali a cippato per produrre calore per il teleriscaldamento?
Centrali da 500 Kw a 1.000 Kw di potenza?
Dicono, per fare economia. Non ha senso, non certo rispetto alla legna e al pellet!
Dicono, per avere meno emissioni nocive rispetto alle vecchie stufe a legna.
Ma le centrali bruciano cippato fresco, con umidità elevata, basso rendimento,
senza alcun filtro per abbattere le emissioni nocive!
Dicono, il filtro c'è, è il multiciclone. Ma no, serve solo a raccogliere le ceneri volanti!
Dicono, la maggioranza della gente sono anziani che non ce la fanno più a ricaricare la stufa.
Non è vero, un anziano che non ce la fa più viene accolto nella casa protetta.
Dicono, per creare posti di lavoro. Non è vero,le centrali sono completamente automatizzate!

Parchè buttare tutti quei soldi nelle centrali termiche e non nel risparmio energetico?
Perchè non avviare la ristrutturazione dei borghi per un'accoglienza turistica diffusa che creerebbe subito posti di lavoro nell'edilizia?

Forse perchè l'intento inconfessato delle amministrazioni è di produrre poi elettricità con le centrali, come sta facendo Monchio?
Ma sarebbe una follia! La legna ha un rendimento bassissimo.
Bruciare i boschi per produrre un po di elettricità? Davvero pazzesco!
Però, badate bene, era ciò che teorizzava nel 2009 Mercedes Bresso, ex governatore Pd del Piemonte:
centrali elettriche a legna dal diradamento di tutti i boschi della regione.

Serioli Giuliano

venerdì 25 ottobre 2013

Bannone, carte in tavola

Bannone, carte in tavola

Da una parte il profitto di una azienda, dall'altra il benessere dei cittadini. I sindaci da che parte stanno?



Salone pieno al circolo Arci di Bannone, dove oltre un centinaio di persone si sono riunite per discutere della centrale a combustione di pollina che si vuole impiantare a S.Maria del Piano.

Il progetto è del proprietario del locale allevamento industriale di tacchini (75.000 capi), ed è finalizzato all'incasso dei 250.000 euro di incentivi disponibili.

La dichiarazione è dello stesso titolare, una settimana fa all'assemblea di Rivalta.

I presenti sono quindi già informati che trattasi di un progetto speculativo.

Il sindaco Mari di Traversetolo e Cavatorta di Lesignano, che hanno organizzato l'incontro, sono chiaramente imbarazzati.

I cittadini sono tanti e il nervosismo è palpabile.

Si rumoreggia ed è chiaro da che parte stiano i residenti.

Gli amministratori esordiscono alla Ponzio Pilato, indicando nella conferenza dei servizi l'organo che prende le decisioni nel merito, con il coordinamento della Provincia.

Poi arriva la solita dichiarazione di incompetenza tecnica nel fare le giuste valutazioni.

Ma l'affermazione suscita le risate dei presenti.

Il sindaco è o non è la massima autorità sanitaria? E' il grido della platea.

I cittadini non hanno dubbi. E' un no fermo alla centrale.

Allora i sindaci, Cavatorta in particolare, tirano fuori il PAES.

Nel piano di attivazione delle energie rinnovabili, appena approvato, è prevista la combustione di biomasse. E' cosa buona e sana sostituirla ai combustibili fossili, altrimenti Kyoto va a farsi friggere. C'è poi la previsione di leggi e normative europee e nazionali contro cui non si può andare. Infatti il sindaco Bovis di Langhirano, che si era opposto, è sotto scacco da parte delle autorità e del suo stesso partito, il Pd.

Ma le cose non stanno proprio così.

Il comitato di Trecasali, ad esempio, ha ottenuto il pronunciamento dei sindaci della bassa contro la centrale a biomassa (cippato di legna) dell'Eridania, da 13 Mwe, su cui c'era già l'accordo di Provincia e Regione. E il progetto andò a picco.

Non devono essere i cittadini a dover decidere cosa mettere e cosa no nel PAES?

Non devono essere loro a decidere cosa fare del loro territorio?

Non sono i cittadini a dover decidere in ultima istanza?

I sindaci rispondono di sì, a decidere devono essere i cittadini.

Ne prendiamo atto.

Quello che si vorrebbe fare a Santa Maria del Piano non è un piccolo impianto.

Per far funzionare un cogeneratore ORC da 120Kw/h che produca elettricità, è necessaria una caldaia da 1.200 Kw di potenza; sono necessarie 3.000 tonnellate di pollina, che produrranno circa il 7% di ceneri tossiche, cioè 200 tonnellate annue, da smaltire.

Ovviamente le emissioni che andranno in aria sono proporzionate a tale volume di ceneri, anche se la ditta che fornisce la caldaia dichiara che le emissioni rientrano nei valori delle normative vigenti.

In ogni caso polveri, ossidi di metalli pesanti, ossidi di azoto e diossina finiranno nell'aria dei centri abitati della zona, contravvenendo alla "Direttiva Aria" della UE che dice che un nuovo impianto non solo non deve far aumentare gli inquinanti in zona, ma dovrebbe abbassarli.


Giuliano Serioli

domenica 13 ottobre 2013

Lesignano e la pollina

Un impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, come  quello che vogliono impiantare a S. Maria in Piano (Lesignano), prevede di bruciare e gassificare circa 400 kg/h, cioè 9,5 t. al giorno, quindi 3.000 t. annue per produrre 150 Kw/he.
Infatti ha un rendimento bassissimo, circa del 13%. Circa 3.000 Nm3/h sono i gas emessi, vale a dire circa 22 milioni di Nm3 annui. Produrrà circa 1.100 Mwe bruciando pollina per 7800 ore annue.
Accederà a più di 250.000 euro di incentivi pubblici. ( 257 euro a Mwe ).
L'allevamento in questione ha 75.000 tacchini che producono circa 2.66o t. annue di pollina.

Avrebbe un sistema di depurazione fumi composto da : 1- un depolveratore a ciclone per la raccolta della fuliggine 2- un reattore a secco per l'abbattimento di sostanze acide ed adsorbimento di metalli pesanti tramite l'immissione ed il mescolamento nei fumi di calce idrata, Ca(OH2), e carboni attivi. Le reazioni chimiche di abbattimento producono dei sali : CaCl, CaF, Ca2SO4, Ca2CO3 che verranno recuperati dal filtro successivo. 3- un filtro a maniche in PTFE, un materiale microporoso sintetico ( politetrafluoroetilene) che trattiene polveri(anche PM2,5) e i sali che si diceva prima, che verrebbe pulito con aria compressa in contropressione.

Naturalmente la ditta proponente dichiara che le emissioni rientrano nei limiti previsti dalle normative, è ormai una filastrocca che raccontano tutti. Di fatto si avranno ulteriori emissioni di monossido di carbonio, di ossidi di azoto, di anidride solforosa, di ossidi di metalli pesanti.
In pratica sia il ciclone che il filtro a maniche raccolgono ceneri fini ( ben 180 t.) che dovranno essere portate in discarica, anche se ditta dichiara addirittura che faranno da concime per il terreno.
Ma tali filtri non sono sufficienti a trattenere le polveri sottili e le nanopolveri, cui si attaccano le diossine e che finiranno in atmosfera.
Occorrerebbe un elettrofiltro,ma è troppo costoso e allora niente.

La pollina è un ottimo concime naturale, ma uno degli effetti collaterali della pur sacrosanta "direttiva nitrati", cioè della necessità di diminuire la quantità di azoto per ettaro, è che si sta favorendo la termogassificazione della pollina per produrre energia elettrica anche se con un rendimento ridicolo ( 13%) e con emissioni nocive per l'ambiente.

In gran parte, la concimazione dei terreni è ormai fatta con fertilizzanti chimici, sovraccarichi di azoto e privi di sostanza organica.
I fertilizzanti agricoli sono ormai un optional : vicino ad allevamenti industriali sono sparsi in eccesso, da altre parti in misura anche nulla.
Fare a meno o diminuire la concimazione chimica vuol dire mettere un freno alla lisciviazione dell'azoto di sintesi o minerale, il primo a finire nella falda acquifera,inquinandola, rispetto all'azoto organico.
Se si riduce ulteriormente la concimazione da reflui animali e l'azoto di origine organica i terreni diventano infertili, polverosi, perchè privi di struttura humica.
Il carico di azoto degli avicoli è inferiore a quello degli altri animali da allevamento.

Perchè, allora, bruciare pollina ed avere emissioni nocive e ceneri dell'ordine del 7% del combusto, come nell' impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, che vogliono impiantare a S. Maria in Piano( Lesignano) ?

Semplice. Perchè è la soluzione più facile,anche se la più impattante sull'ambiente, per accedere agli incentivi.

MOLTO MEGLIO SAREBBE FARE UNA CENTRALE A BIOGAS PER DIGESTARE LA POLLINA.

La digestione anaerobica della pollina è di particolare importanza dato l'elevato potenziale energetico della matrice.
Problematica, però, per la biodigestione è l'elevato contenuto di azoto minerale ( acido urico) che in quelle proporzioni inibirebbero sviluppo batterico da cui prende avvio il processo.
Tale contenuto di azoto deve essere ridotto attraverso un pretrattamento volto alla formazione di un sale, il solfato d'ammonio, recuperabile come concime al posto di quelli sintetici, come si diceva più sopra.
Il pretrattamento della pollina consiste nello strippaggio dell'ammoniaca con acido solforico e con recupero del solfato d'ammonio con uno scrubber.
In tal modo può essere digestata anche pollina fino al 100%.

Con gli insilati la resa di metano è di 100 m3/t, con le deiezioni animali è il doppio.

La tecnica dello strippaggio con aria a pressione prevede il passaggio dell’ammoniaca, presente nel liquame in soluzione acquosa, in forma gassosa nell'aria. Il flusso gassoso così prodotto viene intercettato da uno scrubber( torre di lavaggio) che cattura l’ammoniaca presente, per contatto con una soluzione acida, in modo da produrre un sale di ammonio stabile.
Si tratta di un processo che necessita di quantità notevoli di energia termica; la sua applicazione, quindi, non può fare a meno della disponibilità di una fonte energetica a basso costo, come quella che potrebbe essere fornita da un impianto di digestione anaerobica, il cui biogas venga utilizzato per produrre anche energia termica necessaria allo strippaggio.

Dove finisce l'Ammoniaca strippata?

Nella maggior parte dei casi l'Ammoniaca che viene prodotta dall'impianto di strippaggio viene assorbita tramite un processo che utilizza come liquido di lavaggio una soluzione di Acido Solforico: per ogni kg di Ammoniaca occorrono 3 kg di acido solforico.
In questo modo si ottiene un sale, il Solfato d'Ammonio, che può essere gestito come un inerte.

Il Solfato di Ammonio è un ottimo fertilizzante.

Giuliano Serioli

domenica 6 ottobre 2013

Taglio boschi

Ancora tagli. Le immagini parlano da sole.
Perché l'uomo è tanto ingordo di risorse?
Un consumo più accorto non assicurerebbe una maggiore durata dell'economia del taglio della legna?
Chi ne pagherà le conseguenze quando il limite sostenibile verrà evidentemente e decisamente sorpassato, sarà innanzitutto chi vive in questi luoghi, il turismo ne risentirà per il degrado ambientale e l'economia della legna soffrirà una drastica ma necessaria riduzione delle quantità tagliabili. Naturalmente, sempre che non si intenda tagliare fino all'ultimo albero, come gli abitanti dell'Isola di Pasqua, per poi trasferirsi tutti in città!

Bocca del lupo, Riana, Comune Monchio





Monte Matalla, Nirone, Comune Palanzano



Monte Lama, Comune di Bardi


martedì 17 settembre 2013

Centrale a cippato a Novoleto di Pontremoli

La relazione tecnica di Renovo SPA dichiara espressamente che la centrale a cippato di Novoleto :
Dovrebbe avere potenza di 999Kwe ( e di 3,5 Mw).
Lavorerebbe a ciclo continuo, 24h giornaliere, per 333 giorni annui, corrispondenti ad un totale di 7.992 ore annue.
Con emissioni di 17.000 Nm3/h di fumi, cioè circa 136.000.000 Nm3 di fumi annui.
Brucerebbe 18.000 t/a di cippato di legna vergine, biomassa da potatura di vigneti, oliveti, alberi da frutto. Nonchè vinacce e sansa di olive.
Il cippato dovrebbe avere un potere calorifico di 2.200 Kcalorie/Kg, cioè di 2,6 Kwe/Kg.
Avrebbe un residuo di ceneri di circa 1400 t/a ( 690 t. di ceneri sotto griglia+ 710 t. di ceneri da filtro a ciclone e filtro a amaniche).
Dovrebbe collocare in apposita discarica tale residuo di cenere.
Avrebbe un sistema di depurazione fumi composto da : 1- un depolveratore a ciclone per la raccolta della fuliggine 2- un reattore a secco per l'abbattimento di sostanze acide ed adsorbimento di metalli pesanti
tramite l'immissione ed il mescolamento nei fumi di calce idrata, Ca(OH2), e carboni attivi. Le reazioni chimiche di abbattimento producono dei sali : CaCl, CaF, Ca2SO4, Ca2CO3 che verranno recuperati
dal filtro successivo. 3- un filtro a maniche in PTFE, un materiale microporoso sintetico ( politetrafluoroetilene) che trattiene polveri(anche PM2,5) e i sali che si diceva prima, che verrebbe pulito con aria compressa in contropressione. 4- un reattore catalitico selettivo (SCR) per abbattere gli NOx con immissione di urea o ammoniaca( NH3).

Considerazioni


  1. Anche se non viene detto, si deduce dalla quantità di ceneri dichiarate che la loro percentuale rispetto alla biomassa bruciata è dell'8%.
    Una quantità enorme che ha un corrispettivo direttamente proporzionale di emissioni in aria.
  2. Se il potere calorifico dichiarato è di 2,6 Kw/Kg, ogni ora verrano bruciati 1000Kw/ 2,6Kw/Kg, cioè 80 Kg; ma se il rendimento della centrale per produrre elettricità è del 10% si dovrà bruciare 10 volte tanto, cioè 3800 Kg, cioè 38 quintali.
    Ma bruciando 38 q./h per 7992 ore annue non dà le 18.000 t. dichiarate, bensì ne dà 30. 369.
    Crediamo inoltre che tra sansa, potature e ramaglie, il cippato conterrà principalmente corteccia e avrà una elevata umidità, quindi è probabile che si abbassi ulteriormente il suo potere calorifico. Più ragionevolmente sarà di 2 Kw/Kg e quindi occorrerà ancora più cippato, forse 36-38.000 t/a.
  3. La depurazione, abbiamo visto, è composta da un ciclone, un reattore a secco, un filtro a maniche ed un reattore catalitico selettivo(SCR) per gli NOx.
    Il ciclone o multiciclone è un banale depolveratore meccanico che serve solo ad abbattere la fuliggine.
    Il reattore a secco è di fatto l'assorbimento chimico di inquinanti gassosi tramite l'iniezione nei fumi di calce idrata, Ca(OH)2. I prodotti di reazione della calce sono dei sali inerti che vengono poi trattenuti dal filtro a maniche.
    Il filtro a maniche serve a trattenere le ceneri volanti che il ciclone non raccoglie e per trattenere i prodotti della calce del reattore a secco.
    In pratica sia il ciclone che il filtro a maniche raccolgono ceneri fini ( ben 700 t.) che dovranno essere portate in discarica. Ma non sono sufficienti a trattenere le polveri sottili e le nanopolveri, cui si attaccano le diossine e che finiranno in atmosfera.
    Il reattore catalitico selettivo (SCR) serve ad abbattere gli ossidi di azoto con l'aggiunta di urea nei fumi. Tuttavia ne finirà ugualmente in atmosfera una notevole quantità, dai 200 ai 400 mg/Nm3, come dichiara la relazione tecnica stessa,cioè circa 40 t. annue.
    Vista la quantità enorme di polveri emesse, manca l'elemento principale di depurazione per le polveri, costituita dal filtro elettrostatico che normalmente si trova in questi impianti ( vedi centrali a cippato di Brunico,Dobbiaco).
    L'elettrofiltro è composto da fili metallici sospesi tra piastre metalliche di raccolta; a tali fili è applicata una elevatissima tensione, fino a 100 KV.
    Evidente il motivo per cui lo si è omesso, perché è costoso, sia il suo impianto che la sua gestione. Se poi la sua efficienza aumenta, raddoppia il suo costo.
    Ma l'elettrofiltro è fondamentale per abbattere efficaciemente le polveri, ha un'efficienza del 90%.
  4. L'approviggionamento di 30.000 t/a di cippato a filiera corta ( max 70 Km) significa disboscare ogni anno 3 Km2 d'Appennino con taglio raso.
    Il taglio raso matricinato o con novellame, caratteristico del bosco ceduo, produce infatti circa 100 t. di legna da ardere. Ne occorrerebbero quindi 300 di ettari, cioè appunto 3 Km2. Pare che 8.000 t. possano essere reperite in loco e le altre? Probabilmente dai tagli nella montagna della provincia di PR.
  5. Le quantità di emissioni annue della centrale,stando ai dati forniti dalla relazione tecnica, sono : 5 t. di polveri, 13 t. di CO ( monossido di carbonio), 40 t. di NOX (ossidi di azoto), 13 t. di SO2(anidride solforosa), 6 q. di NH3 ( ammoniaca), 1 q. di metalli pesanti.
    Oltre naturalmente a 4.000 t. di CO2( anidride carbonica) la cui produzione dalla combustione, come è noto, è di 500 g. per ogni Kwe prodotto.
    Infine diossine e furani che loro stessi ammettono vengano prodotte,anche se a sentir loro in quantità infinitesimali. Quello che non dicono è che non si smaltiscono in alcun modo, ma tendono ad accumularsi al suolo anno dopo anno sui vegetali che mangeremo e sull'erba che mangeranno gli animali di cui ci ciberemo.



Serioli Giuliano

giovedì 29 agosto 2013

In giro per la montagna





Si sale in auto per le nostre valli e ci si accorge che le strade sono rovinate. Uno pensa che la causa sia il dissesto idrogeologico, le frane che hanno colpito la nostra montagna con le piogge della primavera ed è anche vero, ma non solo. Più si prosegue e più è chiaro che le strade sono letteralmente sfondate. Il piano stradale in molti punti fa delle conche, degli avvallamenti che solo un traffico costante di mezzi pesanti ha potuto provocare, non certo delle automobili.
Poi, si sale ancora e si vedono ai lati delle strade degli slarghi, delle piazzole che prima non c'erano. Piazzole colme di legna tagliata, pile di tronchetti da un metro.
Si sale ancora e le file di tronchetti tagliati, in certi punti, contornano quasi ininterrottamente la strada. Si alzano gli occhi al bosco e si cominciano a vedere anche dalla strada grandi buchi nei boschi, dove la pendenza dei versanti sconsiglierebbe di lasciarli praticamente denudati e in balìa del dilavamento delle acque
di scorrimento quando arriveranno le piogge.
Questo è il paesaggio attuale della nostra montagna: boschi coi buchi come fossero gruviera e strade sfondate dai camion che portano via la legna dei tagli.

Qualche amministratore dice "è indubbio che l'abbandono dei boschi sia palese ed evidente per i più svariati motivi e che questo non sia poi così tanto positivo lo denunciano i roghi estivi, che spesso derivano proprio da autocombustione degli arbusti abbandonati nel sottobosco. Una politica delle comunità montane che possa permettere la nascita di qualche centrale a biomassa che permetta la produzione di elettricità e
di teleriscaldamento non farebbe male e permetterebbe di monitorare e tenere puliti i boschi, garantendo la giusta turnazione delle piante, la pulizia del sottobosco ed in ultimo ma non meno importante garantire
lavoro a territori che continuano a spopolarsi a causa di mancanza di lavoro principalmente. Poter garantire elettricità a piccole comunità montane e teleriscaldamento sarebbe un'idea ecologica e ragionevole."

Si potrebbe rispondere che i roghi estivi per autocombustione accertati in italia si possono contare sulle dita di una mano, il restante è dato da incendi dolosi dettati da interessi vari e in più dall'incuria di chi
opera pulizie del sottobosco con il fuoco che gli sfugge.
Ma sollevare il problema degli incendi boschivi nel nostro Appennino è solo un pretesto, come del resto parlare di pulizia del bosco.


Discorsi che servono solo a far passare la speculazione dei tagli boschivi senza alcuna limitazione di fatto e a far accettare l'impianto di centrali a cippato di legna nei borghi.

Quasi mai le condizioni di rinnovabilità vengono valutate e rispettate.
Si ha l'impressione che ci stiamo mangiando i boschi e se il prelievo sarà folle come per altri combustibili a chi ci segue lasceremo una copia dell' isola di Pasqua.

Sarebbe utile leggere i regolamenti forestali dove si può vedere i tempi per le turnazioni del taglio della legna nelle zone montuose. Sono tempi lunghi e lunghissimi rapportati alle aspettative del taglio economico.
Questo permette a chiunque di rendersi conto quanto sia importante la sostenibilita di un prelievo regolamentato e non dettato dalla speculazione.
Ma la speculazione sulla legna da ardere oggi la fa da padrona. Senza un piano di tagli programmati che rispetti la rinnovabilità dei boschi, la proprietà privata e una legge che non pone alcun vincolo, se non quello
dei 6 ettari massimi contigui tagliabili, porteranno al disastro nel nostro Appennino.
Una montagna non solo sempre meno abitata e senza un'economia, ma spelacchiata al punto che non si potrà nemmeno più ipotizzare una ripresa del turismo.

Vi è l’opinione diffusa che le caldaie a cippato possano essere alimentate anche solo con cippato proveniente da scarti di potatura urbana, di potatura ripariale o con le ramaglie abbandonate nei boschi dai tagli economici .
Occorre precisare che ciò non è vero: le ramaglie in generale e quindi anche gli scarti di potatura urbana composti per lo più da rami e rametti di piccole dimensioni formano un cippato troppo ricco di corteccia che poi produrrebbe nelle caldaie problemi di combustione e più ancora la produzione di un quantitativo di ceneri
troppo elevato, fino al 5%. Per questi motivi le ramaglie possono comparire nel cippato solo in percentuali non superiori al 30% rispetto alla frazione di cippato composto invece da tronchi e parti legnose di
maggiori dimensioni.
Ad un tenore di cenere così elevato corrisponde una quantità di emissioni in aria delle stesse proporzioni : ossidi di azoto, particolato, ossidi di metalli pesanti e diossina e un malfunzionamento della combustione stessa, perchè il cippato di corteccia è più umido e provoca un minor rendimento della centrale.
Il sistema più utilizzato per la depurazione fumi di una centrale a cippato è il ciclone o multiclone che funziona in questo modo: il gas di scarico viene fatto passare in un condotto conico in cui, per effetto della forza centrifuga sviluppata da aria forzata, si ha il deposito delle particelle sulle pareti del ciclone e per la forza di gravità queste precipitano sul fondo dove in seguito vengono raccolte.
Queste ceneri, a differenza di quelle sotto brace grossolane, sono ceneri polverose e contengono in maggior quantità metalli pesanti nocivi ( piombo, zinco e cadmio).
In uscita, il gas che va al camino risulta ancora inquinato da particelle di piccole dimensioni che il sistema non riesce a separare.

Le emissioni con elevate quantità di polveri sottili sono il principale problema dei biocombustibili solidi, delle biomasse legnose in particolare.
Un recente studio, condotto con i criteri di analisi dei cicli di vita (LCA) ha stimato che, in un impianto di teleriscaldamento, il passaggio dal gas naturale al gas prodotto dalla combustione e gassificazione del
cippato di legna aumenterebbe di 6,2 volte l’impatto di inquinanti con significativi effetti sulla salute.

E' vero che il taglio della legna crea soldi, ma la maggior parte non restano in montagna.
Ogni ettaro sottoposto a taglio raso o con novellame ha prodotto quest'anno circa 13.000 euro.
Mille euro al proprietaio del bosco, che può essere un anziano del posto ma nei due terzi dei casi è uno che sta in città ed ha la seconda casa con terreno. Cinquemilamila euro vanno chi taglia, che può essere un boscaiolo o uno del posto ma anche uno coi soldi che fa tagliare in nero da gente dell'est.
per chi taglia ci sono da considerare,però, le spese per materiali, trattore e altri mezzi meccanici.
Il rimanente va a grossisti della pedemontana che rivendono la legna al minuto.
Più o meno, il 75% del denaro proveniente dai tagli non resta in montagna, va in pianura, in città o altrove. Va anche alle ditte che producono mezzi meccanici e di taglio.

Senza un progetto di tagli programmato, la nostra montagna sarà spelacchiata dalla speculazione, preda del dissesto idrogeologico e sempre più povera e abbandonata.

Serioli Giuliano