Nell'assemblea
pubblica del 26 maggio al cinema di Felino, su proposta di Rete
Ambiente Parma e dei comitati della pedemontana, i candidati sindaci
delle liste "Cambiamo Felino" e "Vivere il
cambiamento" hanno convenuto la necessità di rigettare dal PAES
comunale in 2 punti.
Azione
9 - Sviluppo di micro- teleriscaldamento tramite vettori energetici
solidi.
L’attuale
amministrazione intende promuovere lo sviluppo di reti di
micro-teleriscaldamento (25-500 kW) alimentate attraverso l’utilizzo
di circa 800 tonnellate/anno di biomasse legnose in forma di cippato
o pellets.
Azione
10 - BIOGAS. Produzione di Energia elettrica da reflui e scarti
zootecnici.
L'attuale
amministrazione di Felino intende favorire la realizzazione di
impianti a biogas a partire esclusivamente da matrici organiche di
scarto già presenti sul territorio: scarti dell'agricoltura e
allevamento, così come impianti a biogas che utilizzino la FORSU
(Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano). Elemento importante da
valutare è l'inserimento di un impianto nella nuova zona industriale
dell'Apea.
Si
ritiene che l'uso e la combustione di biomasse e biogas sia in
conflitto con la salute dei cittadini e con la necessità di un
ambiente con meno polveri sottili, in cui produrre le eccellenze
alimentari tipiche dell'economia della Pedemontana.
E'
necessario, altresì, rigettare la delibera dell'attuale giunta cche
promuove impianti a biomassa in ogni azienda che ne faccia richiesta.
La
CO2 in atmosfera è principalmente dovuta alla produzione di energia
da fonti fossili.
Dal
protocollo di Kyoto del 1997 fino al Cop 21 di Parigi la direzione
intrapresa è stata quella di produrre energia da fonti rinnovabili.
Impegno
sottoscritto fin dal 2005 dall'associazione dei Comuni virtuosi, che
fa del risparmio energetico e della partecipazione dei cittadini la
sua bandiera.
Nei
PAES dei "Comuni Virtuosi" della pedemontana, Felino in
primis, viene ascritto e preso per buono l'elenco di tutte le fonti
di energie rinnovabili, senza distinzione alcuna tra quelle che
producono energia pulita: fotovoltaico, eolico, solare, geotermia e
pompe di calore, e quelle che, pur derivando da fonti rinnovabili,
producono energia con emissioni nocive per la salute e per
l'ambiente: centrali a biogas e centrali a combustione di biomasse.
Come
dire che un comune che fa della partecipazione dei cittadini il suo
stendardo non fa proprie le loro preoccupazioni per la salute.
Come
se l'energia prodotta da un impianto fotovoltaico fosse uguale a
quella prodotta dalla combustione di cippato di legna o da olio di
grasso animale.
Ma
è vero che l'uso di biomasse, anche se con emissioni nocive, è a
saldo zero di emissioni di CO2, come richiesto dal Protocollo di
Kyoto?
Per
la combustione di cippato di legna e pellet non è la verità.
La
legna, se proviene dall'estero, è prodotta dagli scarti dei tagli
della foresta pluviale che ogni anno viene rimaneggiata.
Se
proviene dai nostri boschi cedui, si deve considerare che se non si
perde superficie boschiva, si perde quella fogliare che impiega circa
3 anni a raggiungere la stessa capacità di cattura della CO2 di
prima.
Il
taglio industriale smuove il terreno ed il carbonio in esso contenuto
da secoli, ributtandolo in atmosfera.
Quantificarlo
come saldo zero è assurdo oltre che ridicolo.
Per
la combustione di olio di colza o olio di palma, fonti rinnovabili,
c'è lo stesso problema del mancato saldo zero di emissioni di CO2.
Intere
foreste, infatti, vengono tagliate per far posto a tali coltivazioni,
la cui superficie fogliare è nettamente inferiore alla capacità di
cattura dei milioni di piante tagliate.
Per
la combustione di grasso animale che sta sostituendo la colza,
diventata troppo cara per l'aumento della domanda di mercato e
anch'esso fonte rinnovabile, si pone sempre il problema del mancato
saldo zero.
Se,
infatti, dagli scarti di macellazione animale si sottrae grasso da
bruciare con emissioni di CO2, si dovrà accrescere la produzione
animale o la sua importazione dall'estero per compensare il loro
mancato utilizzo nell'industria del pet e della cosmetica, e quindi
con ulteriore emissioni di CO2.
Le
emissioni nocive della cogenerazione di biomasse sono inversamente
proporzionali alla potenza degli impianti stessi.
Più
un impianto è piccolo, più inquina. Non avendo gli stessi numeri e
valori di spesa di quelli grandi, non ha nemmeno filtri capaci ma
solo cicloni per far precipitare unicamente le ceneri volanti.
Il
problema emissivo, però, è già grave per i grandi impianti, perché
il benzopirene non può essere fermato dai filtri. I suoi valori sono
già oltre i massimi in Trentino Alto Adige.
Gli
amministratori che hanno promosso quegli impianti sono in grave
imbarazzo.
In
tutti i PAES dei cosiddetti "comuni virtuosi" c'è il
progetto di impiantare piccoli cogeneratori condominali ed aziendali
sia a cippato che a grasso animale.
Una
follia dal punto di vista del saldo zero di CO2, ma soprattutto
dell'inquinamento dell'atmosfera del nostro territorio.
I
prosciuttifici e i caseifici della pedemontana, da Traversetolo fino
a Collecchio, sono i maggiori produttori di eccellenze alimentari,
fonte di occupazione anche per l'indotto e di esportazione. Le
materie prime che essi lavorano derivano dagli allevamenti zootecnici
industriali. E gli spandimenti delle deiezioni animali che vi si
creano, costituiscono il maggior problema per i suoli agricoli e le
falde acquifere.
Proprio
nei nostri territori vi sono aree sensibili in cui tali spandimenti
non devono superare i 170 Kg di azoto per ettaro, la metà della
norma, pena la compromissione di coltivi ed erba medica per vacche da
latte. Conseguenza di tali spandimenti è anche la lisciviazione
dell'azoto e l'arrivo di nitriti e nitrati nella falda acquifera, con
grave inquinamento della stessa. Il pagamento dell'acqua in bolletta
è il doppio del suo costo effettivo, proprio per la spesa di
depurazione.
La
soluzione di tali problemi ambientali, che tendono sempre più ad
aggravarsi con la crescita dei volumi delle eccellenze alimentari,
non può essere nelle centrali a biogas che coi loro cogeneratori
impestano già tutta la Pianura Padana e fermate proprio nel nostro
territorio.
Ci
può essere solo una soluzione alla radice del problema: eliminare
l'ammoniaca dalle deiezioni con lo strippaggio e la neutralizzazione
con soda caustica e formazione di solfato d'ammonio, un ammendante
vendibile sul mercato. Tolta l'ammoniaca, le deiezioni animali
possono essere trattate per produrre biometano da autotrazione o da
mettere direttamente in rete. Un toccasana per gli stessi suoli
agricoli, concimabili con sostanze naturali e non più con additivi
chimici chimici.
Una
soluzione del problema non più rinviabile.
Giuliano
Serioli
29 maggio 2016
Rete
Ambiente
Parma
per
la
salvaguardia
del
territorio
parmense