Cosa
fare e cosa non fare nel nostro ecosistema
E'
ormai assodato da tempo che l'effetto serra ed il cambiamento
climatico sono causati dall'emissione e dall'accumulo di CO2.
La
CO2 in atmosfera è principalmente dovuta alla produzione di energia
da fonti fossili.
Dal
protocollo di Kyoto del 1997 fino al Cop 21 di Parigi la direzione
intrapresa è stata quella di riuscire a produrre energia da fonti
rinnovabili.
Impegno
sottoscritto fin dal 2005 dall'associazione dei Comuni virtuosi, che
fa del risparmio energetico e della partecipazione dei cittadini la
sua bandiera.
Nei
PAES dei "Comuni Virtuosi" della pedemontana, Felino in
primis, viene ascritto e preso per buono l'elenco di tutte le fonti
di energie rinnovabili, senza distinzione alcuna tra quelle che
producono energia pulita: fotovoltaico, eolico, solare, geotermia e
pompe di calore, e quelle che, pur derivando da fonti rinnovabili,
producono energia con emissioni nocive per la salute e per
l'ambiente: centrali a biogas e centrali a combustione di biomasse.
Come
dire che un Comune che fa della partecipazione dei cittadini il suo
stendardo non fa proprie le loro preoccupazioni per la salute.
Come
se l'energia prodotta da un impianto fotovoltaico fosse uguale a
quella prodotta dalla combustione di cippato di legna o da olio di
grasso animale.
Felino,
infatti, Comune autodefinitosi virtuoso, mette addirittura in bella
mostra nel suo PAES il cogeneratore a grasso animale del Poggio di
S.Ilario Baganza, quale misura di tale virtù, nonostante le proteste
dei suoi cittadini per gli odori e gli inquinanti emessi.
Proteste
additate come disinformazione e terrorismo mediatico.
E'
vero che l'uso di biomasse, anche se con emissioni nocive, è a saldo
zero di emissioni di CO2, come richiesto dal Protocollo di Kyoto?
Per
la combustione di cippato di legna e pellet non è la verità.
La
legna, se proviene dall'estero, è prodotta dagli scarti dei tagli
della foresta pluviale che ogni anno viene rimaneggiata.
Se
proviene dai nostri boschi cedui, si deve considerare che se non si
perde superficie boschiva, si perde quella fogliare che impiega circa
3 anni a raggiungere la stessa capacità di cattura della CO2 di
prima.
Il
taglio industriale smuove il terreno ed il carbonio in esso contenuto
da secoli, ributtandolo in atmosfera.
Quantificarlo
come saldo zero è assurdo oltre che ridicolo.
Per
la combustione di olio di colza o olio di palma, fonti rinnovabili,
c'è lo stesso problema del mancato saldo zero di emissioni di CO2.
Intere
foreste, infatti, vengono tagliate per far posto a tali coltivazioni,
la cui superficie fogliare è nettamente inferiore alla capacità di
cattura dei milioni di piante tagliate.
Per
la combustione di grasso animale che sta sostituendo la colza,
diventata troppo cara per l'aumento della domanda di mercato e
anch'esso fonte rinnovabile, si pone sempre il problema del mancato
saldo zero.
Se,
infatti, dagli scarti di macellazione animale si sottrae grasso da
bruciare con emissioni di CO2, si dovrà accrescere la produzione
animale o la sua importazione dall'estero per compensare il loro
mancato utilizzo nell'industria del pet e della cosmetica, e quindi
con ulteriore emissioni di CO2.
Le
emissioni nocive della cogenerazione di biomasse sono inversamente
proporzionali alla potenza degli impianti stessi.
Più
un impianto è piccolo, più inquina. Non avendo gli stessi numeri e
valori di spesa di quelli grandi, non ha nemmeno filtri capaci ma
solo cicloni per far precipitare unicamente le ceneri volanti.
Il
problema emissivo, però, è già grave per i grandi impianti, perché
il benzopirene non può essere fermato dai filtri. I suoi valori sono
già oltre i massimi in Trentino Alto Adige.
Gli
amministratori che hanno promosso quegli impianti sono in grave
imbarazzo.
In
tutti i PAES dei cosiddetti "comuni virtuosi" c'è il
progetto di impiantare piccoli cogeneratori condominali ed aziendali
sia a cippato che a grasso animale.
Una
follia dal punto di vista del saldo zero di CO2, ma soprattutto
dell'inquinamento dell'atmosfera del nostro territorio.
I
prosciuttifici e i caseifici della pedemontana, da Traversetolo fino
a Collecchio, sono i maggiori produttori di eccellenze alimentari,
fonte di occupazione anche per l'indotto e di esportazione. Le
materie prime che essi lavorano derivano dagli allevamenti zootecnici
industriali. E gli spandimenti delle deiezioni animali che vi si
creano, costituiscono il maggior problema per i suoli agricoli e le
falde acquifere.
Proprio
nei nostri territori vi sono aree sensibili in cui tali spandimenti
non devono superare i 170 Kg di azoto per ettaro, la metà della
norma, pena la compromissione di coltivi ed erba medica per vacche da
latte. Conseguenza di tali spandimenti è anche la lisciviazione
dell'azoto e l'arrivo di nitriti e nitrati nella falda acquifera, con
grave inquinamento della stessa. Il pagamento dell'acqua in bolletta
è il doppio del suo costo effettivo, proprio per la spesa di
depurazione.
La
soluzione di tali problemi ambientali, che tendono sempre più ad
aggravarsi con la crescita dell'economia delle eccellenze alimentari,
non può essere nelle centrtali a biogas che coi loro cogeneratori
impestano già tutta la Pianura Padana e fermate proprio nel nostro
territorio.
Ci
può essere solo una soluzione alla radice del problema: eliminare
l'ammoniaca dalle deiezioni con lo strippaggio e la neutralizzazione
con soda caustica e formazione di solfato d'ammonio, un ammendante
vendibile sul mercato. Tolta l'ammoniaca, le deiezioni animali
possono essere trattate per produrre biometano da autotrazione o da
mettere direttamente in rete. Un toccasana per gli stessi suoli
agricoli, concimabili con sostanze naturali e non più con additivi
chimici chimici.
Una
soluzione del problema non più rinviabile.
Ma
nei nostri territori si stanno infiltrando le mafie. Lo hanno già
fatto. Si sono servite della grave crisi dell'edilizia per allettare
qualcuno e servirsene.
E
mettere radici. Hanno usato la necessità di finanziamenti che le
banche non erogavano alle ditte per appropriarsi di queste o, peggio,
per entrare a farne parte e agirvi dall'interno di nascosto,
inquinando appalti pubblici, corrompendo amministratori locali,
creando una ragnatela inestricabile di favori e collusioni in grado
di condizionare la nostra vita pubblica e la nostra economia.
Farne
piazza pulita è nostro dovere.
Attraverso
la massima trasparenza nelle gare d'appalto.
Opponendo
all'offerta minima il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa.
Facendo
in modo che il Comune si ponga come intermediario tra aziende edili e
banche come garante dei prestiti.
Altro
problema che è necessario affrontare è quello della
cementificazione del territorio.
L'eccesso
di urbanizzazione e cementificazione produce un mancato assorbimento
delle acque piovane ed uno scorrimento troppo rapido verso aree a
valle con alluvioni ed allagamenti.
Al
modello urbanistico basato sui grandi centri commerciali che
producono la chiusura delle piccole attività commerciali e la
desertificazione dei centri storici, opponiamo il ritorno ad una
commercializzazione diffusa favorita economicamente dal Comune
stesso.
Ogni
nuovo capannone che un'azienda aggiunga per esigenze di allargamento
dell'attività deve essere inteso al netto di consumo di suolo, cioè
una costruzione similare e abbandonata deve essere riportata dalla
stessa azienda e a sue spese alla condizione di suolo agricolo.
Si
deve evitare la cementificazione delle sponde di fiumi rii e canali e
soprattutto il loro disboscamento affidato dai Comuni a terzi a spesa
zero. Cosa che produce un taglio generalizzato dei boschi ripariali
per produrre cippato di legna da vendere sul mercato.
Giuliano
Serioli
5 maggio 2016
Rete
Ambiente
Parma
per
la
salvaguardia
del
territorio
parmense