Un'opinione
controcorrente ma a misura d'ambiente
Per
messa in sicurezza "definitiva" di un corso d'acqua si
intende generalmente la costruzione di una cassa d'espansione, o di
laminazione, finalizzata al contenimento di eccezionali masse di
acqua prodotte da eventi atmosferici particolarmente intensi.
Nel
caso del torrente Baganza è stata prevista una escavazione lineare
dell'alveo e delle parti laterali per circa 5 milioni di metri cubi.
L'abbassamento
dell'alveo implica la migrazione dell'erosione sia a monte che a
valle, compromettendo la struttura e la dinamica
delle falde acquifere, soprattutto nelle zone di drenaggio, dove
queste arrivano a convergere sul livello del torrente.
Mentre
a monte il torrente alimentava le falde, l'abbassamento della quota
di scorrimento non permetterà più una normale ricarica delle
stesse.
A
valle, dove le falde prima si riversavano in alveo, non più
ostacolate dalla contropressione di acqua e ghiaia, verrà dispersa
nel torrente una quantità di acqua molto maggiore, con grave calo
delle stesse.
L'erosione
provoca anche l'instabilità laterale del torrente con incisione
delle sponde ed alterazione di tratti precedentemente stabili.
L'instabilità
dell'alveo per l'erosione a valle può determinare l'instabilità di
manufatti esistenti, come lo scalzamento dei piloni dei ponti.
Non
solo. L'escavazione dell'alveo ha come effetto l'abbassamento del
pelo dell'acqua del torrente e quindi delle falde ad esso connesse
dal punto di vista idrogeologico. Con maggiori difficoltà di
approvvigionamento
idrico in zona, eliminazione di aree umide e difficoltà per lo
sviluppo della vegetazione ripariale così necessaria al
trattenimento e alla difesa delle sponde.
Ma
è proprio il concetto di "messa in sicurezza" che è
sbagliato, perché anche se il progetto ha un tempo di ritorno
teoricamente lungo, esiste oggi una forte probabilità che si
verifichino piene sempre maggiori della precedente, dato il
cambiamento climatico in atto.
In
sostanza, se si progetta oggi la cassa d'espansione del Baganza ci si
deve basare su dati meteo storici probabilmente già superabili nel
brevissimo periodo.
E,
nonostante i buoni propositi delle amministrazioni locali, nell'area
"messa in sicurezza" è possibile che si continui ad
edificare proprio per la pretesa sicurezza percepita e per la
pressione che l'economia e la speculazione esercitano.
Le
alternative.
Alla
cassa di espansione si può contrapporre un'opera molto meno invasiva
che non preveda così elevati volumi di scavo.
Un'area
golenale collegata, tramite sfioratoi nelle arginature, alla campagna
circostante.
Argini
e sfioratoi costruiti direttamente dagli agricoltori della zona, con
un prelievo di ghiaia dall'alveo meno invasiva e più diffusa, tale
da non modificare il profilo longitudinale del torrente.
Ghiaia
prelevata dagli stessi agricoltori da aree deputate a diventare laghi
in caso di piena, serbatoi d'acqua da utilizzare a livello irriguo
per la campagna della Pedemontana, già più volte in sofferenza nel
periodo estivo.
I
volumi di ghiaia sarebbero pari alla metà di quelli previsti dal
progetto della cassa d'espansione e sarebbero utilizzati in loco.
Il
problema del progetto attuale, infatti, è dato anche dal fatto di
dove collocare con profitto quei grandi volumi di inerti, data la
crisi ormai cronica dell'edilizia.
Il
mancato smaltimento della ghiaia potrebbe spostare ulteriormente in
là nel tempo l'edificazione della cassa, mentre il cambiamento
climatico spinge ad una soluzione anche provvisoria, ma rapida e
soprattutto coinvolgente.
Il
tema di coinvolgere il territorio non è secondario. Attiene a chi
esegue i lavori e ne ha un ritorno economico.
Col
progetto della cassa si parla di 60 milioni di euro che finiranno
fatalmente ad una grande azienda in grado di eseguire i lavori.
Col
progetto alternativo si spende molto meno e quei soldi finiscono agli
agricoltori della zona e a piccole aziende del comparto edilizio.
In
tal modo è il territorio stesso a prendere in carico la sua
sicurezza, a preoccuparsi degli eventi e a prevenirli.
Un
vero e proprio salto di qualità culturale.
E
un intervento a misura d'ambiente.
Desta
infine meraviglia che la sezione locale di Legambiente si sia
preoccupata delle necessità ecologiche dell'ambiente fluviale senza
tener conto dei danni causati da un intervento così massiccio, senza
indicare invece una soluzione alternativa sostenibile.
Giuliano
Serioli
16
giugno 2016
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e
sostenibilità del
territorio
locale