"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

venerdì 28 dicembre 2018

DIGHE,CASSE E PERICOLO ALLUVIONI

Si fa un gran parlare di dighe e casse d'espansione quali soluzioni definitive ai problemi posti dalle ultime alluvioni.

Il tempo di ritorno di un evento meteo, come una forte pioggia, o addirittura un'alluvione, è T= 1/p. In cui p è la probabilità.

Quando T =1/100 vuol dire che la probabilità che un evento capiti negli anni a venire è dell'1%. Quando T =1/1000 e dell'uno per mille.

L'alluvione che ha colpito la città nell'ottobre 2014 ha avuto un tempo di ritorno duecentennale, T=1/200.

Cioè la probabilità che si verifichi altre volte è molto bassa statisticamente.

Ma la statistica riguarda lo storico delle alluvioni già avvenute, non contempera variabili nuove come il cambiamento climatico in atto.

Peraltro, come riportato in studi del prof. Valloni, già in passato il livello di piogge che ha colpito il nostro Appennino era incredibilmente predittivo di ciò che sarebbe successo dopo : nel 1970 il livello di piogge a Marra aveva un tempo di ritorno addirittura millenario dopo 9 ore di pioggia. L'Appennino settentrionale, come ci testimonia la Liguria, non è solo colpito da nord ma è barriera perpendicolare ad ogni sistema di nubi che arrivi da sud.

Col cambiamento climatico in atto non è solo in grave pericolo alluvioni la Liguria, ma anche l'alta pianura dell'Emilia, l'altro versante del Nord Appennino.

Le dighe in montagna per prevenire le alluvioni in pianura sono pura follia.

Quella di Vetto di cui si parla, ma anche quella ipotizzata ad Armorano in val Baganza, finirebbero con l'essere una enorme occupazione di suolo montano e soprattutto distruzione di boschi con una misera produzione di energia eletterica a meno che non si voglia che il salto sia massimo e l'acqua raggiunga il colmo stagionale.

Cosa estremamente pericolosa. Infatti, in caso di forti piogge a monte, l'acqua tracimerebbe dalle dighe provocando un disastro peggiore dell'alluvione medesima.

In più, le fondamenta necessarie alla costruzione di una diga bloccherebbero del tutto la corrente di subalveo che alimenta le conoidi di sbocco dei torrenti nell'alta pianura, il cui spessore arriva anche a 100 metri, togliendo acqua ai pozzi che servono ad irrigare i coltivi, già di loro non sufficienti alla bisogna.

Quindi anche la funzione irrigua, tramite canalizzazioni, delle dighe stesse sarebbe vanificata dall'interruzione della corrente di subalveo.

Da una parte si darebbe acqua e dall'altra la si toglierebbe.

Un non senso logico ed uno sperpero di soldi pubblici.


La ipotizzata diga di Vetto, di cui si è tornato a parlare in alto loco, fa male alla montagna.

L'invaso così creato si riempirebbe rapidamente di sedimenti apportati dall'Enza e dal Cedra, data la litologia prevalentemente argillitica del substrato roccioso.

Quella massa d'acqua dell'invaso che si produrrebbe avrebbe un effetto anche sui versanti montani, creando frane e dissesti.

Quanto al preconizzato vantaggio turistico occorre pensare all'effetto che i sedimenti argillitici avranno sulla colorazione del lago, non dissimile dalle acque grigiastre dell'invaso di Mignano nel Piacentino in cui, per di più, circa il 20% del volume invasato viene a disperdersi per percolazione, infiltrazione ed evaporazione prima che l’acqua giunga alla bocca di presa dell’agricoltore.

Lo stesso direttore dell'Agenzia di bacino del Po ammette che la cassa d'espansione del Casale di Felino non è sufficiente a fermare le piene che arriveranno col cambiamento climatico. Che occorreranno anche tracimazioni controllate.

Ma è ciò che sosteniamo noi!

Perchè allora spendere 1,7 milioni per un studio esecutivo della cassa della durata di un anno se non risolve il problema alluvioni?

Perchè soprattutto spendere 61 milioni per costruirla che diventeranno sicuramente 80 a lavori ultimati?

Perchè costruire una cassa al Casale che non garantisce da alluvioni nemmeno Colorno?

Quando la soluzione c'è e costa molto meno.

Quando la soluzione delle tracimazioni controllate permette di modulare gli interventi a seconda dei cambiamenti in atto, allagando parti di campagna nei mesi di fine ottobre/novembre quando i coltivi sono stati già raccolti, attraverso sfioratoi negli argini direttamente collegati al monitoraggio delle piagge in alta montagna?

Risarcendo direttamente gli agricoltori, coivolti in tal modo in una DIFESA ATTIVA, con costi molto inferiori a quelli della cassa?

la gente ormai ha capito, le grandi opere servono solo a chi le costruisce per far soldi.