I
cittadini di Casale di Felino hanno avuto notizia del progetto della
cassa di espansione sul torrente Baganza soltanto a cose fatte.
Ma
la normativa europea e nazionale prevede che la consultazione dei
cittadini sia contestuale all'elaborazione del progetto ed alla
normativa di VIA.
Così
non capiscono perché il territorio in cui vivono debba essere messo
a soqquadro da una cementificazione alta come un palazzo di 5 piani,
con via vai di camion di ghiaia per anni.
Si
chiedono come mai lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) non abbia
preso in considerazione un progetto preesistente della Provincia, che
prevede 3 casse d'espansione lungo l'alveo del torrente tra Calestano
e Collecchio.
Meno
impattante sull'ambiente e sul loro territorio.
Sostengono
che la Sia non si sia svolta correttamente: nessuna valutazione di
opere alternative.
Lo
studio delle 3 casse della Provincia, del maggio 2015, non risulta
sottoposto a valutazione comparativa perché la comparazione è stata
effettuata tra il progetto preliminare di AIPO e quello definitivo.
Eppure
la normativa Ue per una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
include proprio una descrizione delle alternative pertinenti al
progetto, come mezzo per migliorare la qualità della valutazione
stessa.
Perfino
lo "Sblocca Italia" prevede che le risorse di contrasto al
rischio idrogeologico integrino la mitigazione del rischio con la
tutela del territorio.
Inoltre,
il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) stabilisce che le opere di
laminazione delle piene, ovvero le casse d'espansione, si integrino
con quelle di riqualificazione del territorio, cioè col ripristino
dell'alveo del torrente e delle sue golene e con la laminazione
naturale delle piene.
Ma
da uno studio della Provincia sappiamo che in tutti questi anni le
aree esondabili del Baganza si sono dimezzate ad opera di occupazione
abusiva di suolo, antropizzazione e cementificazione.
Non
solo, la continua ed incontrollata asportazione di ghiaia lungo
l'alveo lo ha abbassato
di
un metro e mezzo trasformando le sue aree laterali in terrazzi
pensili.
Quando
il letto di un fiume si abbassa, altrettanto fa il livello della
falda freatica.
In
altre parole, l'acqua che scorre nel sottosuolo verso il fiume,
trovandolo più basso, si abbassa anch'essa con gravi problemi per il
pompaggio dai pozzi e per l'irrigazione dei campi.
E,
ancora più grave, si sviluppa il drenaggio delle argille che tendono
a comprimersi danneggiando la stabilità degli edifici costruiti
sopra.
Questo
è l'effetto che più temono gli abitanti del Casale, che gli strati
profondi delle argilliti risentano dell'abbassamento della falda che
un manufatto di quelle proporzioni provocherà fatalmente nel
sottosuolo.
Ma
la sicurezza della città, dopo la piena del 2014, deve essere
garantita. Non si discute.
E'
solo un problema di progetto: quale sia meno impattante per il
territorio ed altrettanto sicuro per la città.
Diventa
un problema di volumi. Quanti metri cubi d'acqua di piena possano
essere invasati con la cassa AIPO ( 4,7 milioni di metri cubi) e
quanti con le 3 casse ipotizzate dalla Provincia (3,6 milioni di
metri cubi).
Solo
1 milione di metri cubi differenza che AIPO afferma necessari per il
nodo di Colorno, per far si che la Parma non tracimi nella bassa.
Basterebbe,
allora, un piccolo invaso prima di Colorno a risolvere il problema.
Al
posto di una grosso manufatto 3 piccole casse lungo l'alveo.
Perché
non se ne è discusso prima? Perché non discuterne ora?
E
poi, come abbiamo sempre detto, occorre un progetto che serva a
garantire acqua al territorio dell'alta pianura che ne ha sempre più
bisogno.
Ma
siamo anche certi che si possano spostare fabbriche e case da quei
500 ettari di golena del Baganza persi per l'antropizzazione?
Risistemare
l'alveo è sacrosanto ma non è possibile farlo con petizioni di
principio che non tengono conto di quanto è successo.
Gli
amministratori che hanno fatto finta di niente quando si cementava
nell'alveo dovrebbero ammettere le loro responsabilità.
Infine,
qualcosa di cui nessuno parla, ma noi di Rete Ambiente si: occorre
fermare i tagli boschivi in val Baganza.
Tagli
rasi del ceduo con abbandono a terra delle ramaglie di cui l'ultima
piena si è alimentata.
La
conservazione del bosco è la garanzia principale contro il tempo di
corrivazione dell'acqua piovana lungo i versanti ripidi della val
Baganza.
Non
tagliare i boschi è la condizione fondamentale per impedire le frane
e gli effetti di un futuro di piogge sempre più intense in poco
tempo.
I
sindaci della valle devono impedire tagli che fanno solo danni al
territorio e non creano economia per i residenti.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e sostenibilità del
territorio
locale