Di
poco tempo fa l'annuncio da parte dell'Ente Regionale di una
sovvenzione di poco più di 400.000 euro per il taglio ed il
diradamento nei boschi di conifere dei Consorzi dell'Appennino Est.
Più
precisamente il taglio dei pini disseccati di Lagdei e Trefiumi e il
diradamento delle pinete di Riana, passo del Ticchiano e Trefiumi.
Chiesto lumi al tecnico forestale provinciale, riferiva trattarsi di
normale diradamento per un migliore sviluppo delle piante e per una
maggior accessibilità al bosco, oltre alla normale prevenzione
incendi.
Certo,
i pini seccati di Lagdei e dintorni vanno tagliati. Non si è mai
sentito, tuttavia, di incendi da autocombustione in pineta. Questo,
dalle nostre parti, no.
Il
diradamento, peraltro, è "quell'operazione con la quale, in un
bosco coetaneo dove i fusti cominciano a differenziarsi, si tagliano
gli individui soprannumeri, cioè quelli che, in relazione all'età
ed allo sviluppo del soprassuolo, ne rendano la densità eccessiva".
Quindi
un diradamento selezionato, pianta per pianta, volto a favorire
l'accrescimento delle stesse in modo che non si perda la superficie
fogliare complessiva.
Perché
l'integrità della massa della superficie fogliare e del sottobosco è
condizione imprescindibile all'effetto spugna del bosco, alla sua
capacità di trattenere l'acqua piovana, rilasciandola lentamente. E'
la funzione di presidio idrogeologico del bosco per la nostra
martoriata montagna.
Avendolo
visto già in essere diverse volte, crediamo che il taglio previsto
non sarà come descritto sopra.
Il
taglio sarà meccanizzato ed invasivo, atto a produrre il miglior
risultato economico possibile, degradando la funzione idrogeologica
delle pinete, così importante data la natura argilloso-calcarea dei
nostri territori e dato il succedersi di vere e proprie bombe d'acqua
causate dal cambiamento climatico in atto.
Crediamo
che il diradamento sia stato deciso soprattutto per
l'approvvigionamento delle centrali a cippato presenti nel nostro
Appennino: Monchio, Palanzano, Neviano, Calestano, Varano Melegari,
Borgotaro. Le centrali a cippato hanno difficoltà ad
approvvigionarsi dato il costo della legna che è doppio di quello
del cippato.
Chi
taglia preferisce vendere la legna e non cipparla: guadagna molto di
più.
I
Comuni in possesso di centrali non sanno come fare ed allora
interviene la Regione a sovvenzionare il taglio per rifornirle di
cippato a basso costo.
Ma
il problema principale delle centrali non è il loro
approvvigionamento, ma le emissioni nocive, non avendo avendo nessun
filtro, a parte un multiciclone per raccogliere le ceneri volanti.
I
tecnici di Aiel (una ditta costruttrice) sostengono che è
l'ottimizzazione della combustione a garantire una bassa emissione
nociva.
Un
dato falso, dato che il cippato fresco, ad elevato tenore di umidità,
brucia male.
Infatti
se non ci fosse pericolo per le polveri sottili, gli ossidi di azoto,
come mai le grandi centrali a cippato di Brunico e Dobbiaco hanno
filtri di ogni tipo? A maniche, elettrostatiche, ecc.?
Perché
oltre alle polveri ed agli ossidi, la combustione del cippato di
legna produce benzopirene (sostanza cancerogena) in quantità
superiori alle normative, come verificato in diversi paesi del
Trentino: 3 o 4 volte maggiori del massimo consentito (1 nanogrammo
per ogni metro cubo di emissioni).
La
scelta delle centrali a cippato è sbagliata, sia per i boschi che
per la salute umana.
Gli
investimenti pubblici dovrebbero puntare invece su efficientamento e
risparmio energetico.
Giuliano
Serioli
Rete
Ambiente
Parma
salvaguardia
e sostenibilità del
territorio
locale