Il grande bluff dei Paes
I cosiddetti comuni virtuosi si ergono
paladini, a parole, dello sviluppo delle energie rinnovabili.
Ma l'effettiva sostenibilità di queste
per l'ambiente e per la salute dei cittadini è tutta da dimostrare.
Alcuni comuni come Montechiarugolo,
Neviano e Monchio hanno effettivamente realizzato impianti
fotovoltaici di cui sono proprietari e da cui ricavano incentivi
pubblici da investire in opere per i cittadini.
Ma mentre Montechiarugolo ha anche
investito nell'illuminazione a led per il risparmio energetico,
Monchio e Neviano si sono distinti per la costruzione di centrali
termiche a cippato mancanti di filtri, con emissioni nocive ed
fruibili solo da pochi cittadini.
Diverse amministrazioni hanno già
presentato ai cittadini il Paes (piano di azione energie
sostenibili), con il sostegno di qualche professore d'università, le
famose competenze.
Qualcuno di questi (Setti
dell'università di Bologna) ha storto il naso venendo a sapere che
il comune in cui parlava (Felino) aveva già messo in cantiere la
possibilità di bruciare grasso animale o cippato di legna per
produrre energia elettrica.
Poi ha glissato, progetto già scritto
e tanti saluti all'amico (?) ambiente.
In realtà nei Paes è stato inserito
un po' di tutto.
Sia perché sono arrivati a cose già
fatte, dopo che la speculazione si era già fatta in quattro per
avere permessi come a Trecasali, Palanzano, Felino, Langhirano,
Lesignano e a Noveglia di Borgotaro; ma soprattutto perché quelli
del Paes non sono progetti concreti, ma solo piani teorici campati
per aria, che chissà se verranno mai realizzati.
Intanto però si fa bella figura e ci
si mostra con il petto gonfio.
Nei Paes c'è l'energia del
fotovoltaico, ma dove sono stati costruiti tali parchi spesso
l'energia non viene utilizzata e, ancora peggio, non viene ricavano
nulla dagli incentivi, girati alle aziende costruttrici o alle
finanziarie che hanno messo i soldi.
Nei Paes c'è l'eolico, anche se di
eolico nella nostra provincia non se ne farà mai.
Nei Paes c'è il risparmio energetico,
anche se progetti comunali ad esempio per isolare termicamente gli
edifici non se ne conoscono.
Nei Paes c'è l'energia termica dal
cippato di legna, per riscaldare condomini, di cui non esiste alcun
esempio,
Nei Paes c'è il biogas dalle deiezioni
animali e scarti agricoli, per produrre energia e biometano, ma una
sola centrale a biogas da liquami, di soli 60 Kw, è attiva a
Basilicanova, e del progetto per la connessione del biometano alla
rete neanche l'ombra.
Del fotovoltaico non parla più
nessuno, gli incentivi ormai sono finiti.
Dell'eolico meglio non parlare più,
almeno dalle nostre parti, perché la gente di montagna si è
giustamente ribellata alla cementificazione delle vette e dei
crinali, con le finanziarie pronte a ghermire gli incentivi.
Restano le bioenergie, di cui si è
parlato sabato scorso a Traversetolo.
Sono le centrali a combustione di
biomasse e centrali a biogas.
Il bacino padano sopravvive sotto una
cappa di polveri e di inquinanti.
Qualsiasi processo industriale di
combustione che si aggiunga a quelli già esistenti è un assurdo nei
termini, perché andrebbe ad aggiungere altri inquinanti in una zona
già rossa.
Lo ha detto a chiare lettere Eriberto
De Munari, direttore provinciale di Arpa, riferendosi
all'inceneritore a grasso animale voluto a Felino da Citterio, in
realtà mai avviato, ma approvato dal comune e della Provincia.
E' la stessa Provincia che ha voluto ad
ogni costo l'inceneritore di Ugozzolo, per la fortuna di Iren, che si
prende la sua fetta di profitti bruciando rifiuti, oggi locali,
domani da ogni parte d'Italia.
E' la stessa amministrazione
provinciale che ha rinnovato a Laterlite (Fornovo), l'autorizzazione
a bruciare oli esausti d'acciaieria (veleni pericolosi) al posto del
metano.
Solo la determinazione del comitato
Giarola-Vaestano ha finora impedito che sorga a Palanzano un
gassificatore da 1 Mwe, che brucerebbe più di 10 mila tonnellate di
legna ogni anno.
Solo la forza del comitato di Trecasali
ha impedito ad Eridania di impiantare un inceneritore a cippato di
legna da 15 Mwe, che avrebbe bruciato più di 130 mila tonnellate di
legna ogni anno.
Sono numeri che parlano da sé.
Nonostante tutto ciò, Regione,
Provincia e sindaci vogliono impiantare in montagna una serie di
centrali a combustione di cippato (otto già funzionanti o in
costruzione), senza che sia installato alcun filtro per le emissioni,
spacciando il multiciclone, che raccoglie solo le ceneri volanti,
come sistema filtrante.
Queste centrali bruciano cippato fresco
e manifestano quindi una cattiva combustione, producendo il doppio
di emissioni delle moderne stufe a legna o a pellet (fonte Aiel).
Produrre energia elettrica bruciando
legna è un'assurdità energetica perché l'efficienza è ridicola:
dal 10% (come Monchio) al 15%.
Anche bruciare legna a livello
industriale per produrre calore è una scelta errata.
Piccoli impianti non possono sopportare
il costo dei filtri delle grandi centrali, come in Alto Adige. Si va
così a sporcare una delle poche risorse della montagna, l'aria
pulita.
Si crea un'ingiustizia sociale: i soldi
della comunità vanno a vantaggio di pochi.
Una potente lobby di industriali
investe e fa ricerca solo nella combustione dei rifiuti e delle
biomasse.
Hera, A2A e Iren con i loro
inceneritori, Termoindustriale con i motori endotermici per i
cogeneratori, Aiel con le sue caldaie industriali a cippato e poi
gassificatori, pirogassificatori, una rosa di mostri ammazza
ambiente.
Una scelta a senso unico, indipendente
dall'opinione della gente e dall'esigenza di rispettare l'ambiente.
Una lobby che indirizza le scelte del Governo del paese, delle
Regioni, delle amministrazioni locali, che uniformano le normative
delle emissioni nocive ai livelli tecnologici raggiunti dai loro
impianti.
Esiste un'altra via.
La pianura padana ha una quantità
enorme di allevamenti industriali.
Le deiezioni costituiscono un grave
problema per i suoli e le falde acquifere.
Centrali a biogas che digestino liquami
produrrebbero una energia rinnovabile davvero sostenibile come il
biometano. Biometano da autotrazione, ma soprattutto da mettere in
rete, collegata a quelle già esistenti. Centrali il cui digestato,
depurato dell'ammoniaca in eccesso, costituirebbe un ammendante
naturale per i suoli agricoli e potrebbe sostituire i concimi di
sintesi, ricavati chimicamente dal petrolio e dai suoi derivati.
Giuliano Serioli
28 marzo 2014
Rete Ambiente Parma