"Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti". (Martin Luther King JR)

venerdì 17 agosto 2012

2012: la minaccia alla rinnovabilità dei boschi

A partire dal 1995, l'utilizzazione annua in Italia dei boschi, da almeno un decennio si era stabilizzata sui cinque milioni di metri cubi. Supponendo che da un ceduo si ricavino in media 120 metri cubi per ettaro, risulterebbero essere stati tagliati circa trentatre mila ettari all'anno, che confrontati con la superficie di 3.663.000 ettari dei boschi cedui darebbero un tasso di utilizzazione di circa l'1% contro almeno il 4% che ci sarebbe da aspettarsi da un esercizio regolare al turno di venticinque anni applicato su tutti i cedui italiani.
Questi però erano dati del 2005.
Da allora la superficie del ceduo non è cambiata di molto, mentre le utilizzazioni sono grandemente aumentate. Nel 2009 nella provincia di Parma gli ettari richiesti al taglio sono stati circa 2.000 e la percezione è che stiano crescendo di molto.
Percezione confermata dalle voci allarmate di alcuni sindaci, ma soprattutto dall'analisi dei dati degli stessi operatori del settore.
Da Annalisa Paniz, studiosa dell’AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali), viene la fotografia del settore che vede l’Italia prima in Europa anche nella produzione e vendita delle stufe a pellet. “Le biomasse legnose consumate dagli italiani nel 2012 saranno vicine ai 20 milioni di tonnellate: per l’80% (16 milioni di t.) costituite da legna da ardere e per il 9% da pellet (2 milioni). Di pellet l’Italia ne ha prodotto nel 2011 520.000 tonnellate (150.000 nel 2003) di cui solo 9.000 t. vendute sfuse. Coprendo la produzione interna solo il 28% della domanda, abbiamo avuto importazioni per 471.600 tonnellate nel 2009 e di ben 827.200 nel 2010, con previsioni per il 2012 di salire a 1.200.000. “Siamo l’unico paese mondiale a consumare quattro volte quanto produciamo”.

Sottolinea nel contempo la Coldiretti - sono stati importati in Italia ben 3,3 milioni di tonnellate di legna da ardere nelle diverse forme, pari a piu’ del triplo rispetto a venti anni fa. Una dimostrazione evidente - precisa la Coldiretti - del crescente interesse verso questa forma di energia che è diventata competitiva dal punto di vista economico.

Se quindi l'interesse, cioè la biomassa legnosa prelevabile annualmente senza pregiudicare la rinnovabilità, è stimata nel 4% del totale del ceduo presente nel nostro paese, 3.663.000 ha circa, e pari a 14.620.000 t. ; conoscendo la stima dei consumi previsti per il 2012, circa 16.000.000 di t. e quella della legna da ardere importata, 3.300.0000 t., si può arrivare facilmente alla stima della legna effettivamente tagliata, cioè 16.000.000 - 3.300.000 = 12.700.000 t. di legna, pericolosamente vicina alla soglia di rinnovabilità ( 14,6 mln ).
Se però si aggiunge la previsione del pellet prodotto nel 2012, circa 800.000 t. si arriva a 13.500.000 t. di legna tagliata, pari al 92% dell'interesse, oltre il quale vien meno la sostenibilità.

Non basta la rinnovabilità del legname, lo star dentro i limiti dell'interesse, entro l'accrescimento annuo dei boschi.
Per poter essere definita sostenibile, la gestione forestale deve rispondere a criteri di difesa idrogeologica del suolo, a criteri paesaggistici e soprattutto che non cali l'assorbimento di CO2.
Ricordiamo che la teoria secondo la quale i boschi perdono con l’età la capacità di fissare CO2 si è dimostrata abbondantemente sbagliata.
Inoltre, Amorini et al. (2002), e Cutini (2006) hanno dimostrato che occorrono 5 anni perchè i parametri di copertura fogliare e di intercettazione della luce tornino al livello che si ha nel ceduo di 35 anni di età.
Questo vuol dire che ogni volta che si taglia un bosco, che si brucia il carbonio contenuto nella legna, non si ha somma zero delle emissioni di CO2, come sbandierato, ma zero + 2,5 anni di mancato assorbimento della CO2.
Da quel che resta di quel bosco ceduo verrà a mancare per alcuni anni l'assorbimento di CO2 da parte dall'apparato fogliare abbattuto.
Sempre secondo gli stessi autori il governo a ceduo nella captazione del carbonio ha anche una maggiore efficienza rispetto alla fustaia, cui le amministrazioni vogliono convertirlo.

C'è da considerare, inoltre, che il turno eccessivamente breve od economico dei tagli riduce il contenuto della sostanza organica nel suolo con conseguenze sulla capacità idrica e sull'assorbimento e sulla riduzione delle proprietà chimiche e fisiche.
Riteniamo che il bosco debba essere utilizzato diversamente rispetto al passato, quando era necessariamente ipersfruttato da una popolazione povera; tale sfruttamento, eticamente comprensibile, ha impoverito drammaticamente il suolo, minimizzato la biodiversità e causato dissesto idrogeologico.
E’ proprio per il fatto che i boschi siano già stati sottoposti in passato a gravi alterazioni che necessitano di particolare attenzione per la loro conservazione.
Ciò vale anche per le colonizzazioni spontanee di aree precedentemente utilizzate come pascolo o come coltivo, realizzate disboscando il territorio. La ricolonizzazione forestale equivale a un recupero di naturalità.

In certi casi, è auspicabile addirittura una non gestione del bosco , per cui l'accumulo di massa raggiunge nel tempo un massimo (sicuramente superiore alla provvigione media attuale) ma poi non cresce più, compensandosi con la decomposizione del legno morto che crea humus necessario alla fertilità e al rinnovo del suolo.

Preoccupazioni del tutto avulse dagli intendimenti delle nostre amministrazioni.  
Anzi, arrivano a dichiarare (Bricoli) che tutto il bosco che è ricresciuto spontaneamente in questi ultimi quarant'anni potrebbe essere tranquillamente tagliato ricuperando i prati di una volta . Amministratori che usano i finanziamenti europei per sviluppare il taglio industriale del bosco, sommando altri tagli a quelli dovuti alla speculazione sulla legna da ardere. Che usano i finanziamenti europei per impiantare centrali a cippato nei borghi, le quali non si limiteranno a produrre calore, ma anche elettricità come vuole già fare Monchio e come il governo Monti spinge a fare con gli incentivi.
Ed essendo il loro rendimento nel produrre elettricità bassissimo, dovranno bruciare dieci volte la legna che bruciano ora.
Davvero un bel contributo alla sostenibilità, oltre che alla salute dei cittadini per le emissioni nocive.

Serioli Giuliano